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A Torino le piante protette sequestrate dallo Stato

Non si possono acquistare in vivaio e di coltivarle in giardino o sul balcone non se parla. Anche perché sarebbe un reato. Sono piante proibite perché rare e protette da convenzioni internazionali o invasive vietate dalle leggi europee. Oggi si possono vedere all’orto botanico dell’Università di Torino a cui lo Stato negli anni ha affidato una trentina di esemplari sequestrati nell’ambito di varie operazioni contro il commercio internazionale di specie a rischio estinzione. In questa cassaforte vegetale ma visibile al pubblico ci sono soprattutto succulente prelevate illegalmente in natura come cactus di grandi dimensioni originari dell’America centrale ed Euphorbiaceae del Sudafrica.

Orti botanici – Torino, nel museo vivente c’è la banca dei funghi

Ma non mancano orchidee tropicali epifite che proprio in questi giorni esibiscono fiori di oltre dieci centimetri di diametro. Sul fronte opposto, quello delle invasive, è presente il giacinto d’acqua (Eichhornia crassipes): endemico del bacino amazzonico è considerato il nemico numero uno dall’Ue per le notevoli capacità di riproduzione.

Il Sudafrica in una serra

L’orto botanico dell’Università di Torino è un museo “vivo”. Al suo interno un patrimonio eccezionale di biodiversità. Tra le piante (dalle succulente alle tropicali), anche una trentina di esemplari sequestrati nell’ambito di varie operazioni contro il commercio internazionale di specie a rischio estinzione. Oltre a quattro serre e ad una delle biobanche più importanti in Europa, con 7 mila ceppi di funghi isolati fin dagli anni ’60. E nel boschetto ci sono le arnie delle api che producono il miele. A cura di Fabio Marzano

Nell’orto botanico spunta un bosco. E dire che il terreno su cui si trova l’orto botanico, a fianco del castello del parco del Valentino, è stato donato all’università nel 1729 da Vittorio Amedeo II di Savoia per sperimentare e promuovere la coltivazione di piante industriali come diverse varietà di cereali, orticole e alberi da frutto. Un secolo dopo arrivano i primi alberi esotici come il Ginkgo biloba, Pterocarya fraxinifolia del Caucaso, sequoie giganti e tassi che oggi fanno parte del registro dei monumenti arborei del Piemonte. L’acclimatazione nel giardino botanico per questi alberi così alla moda, che vengono posizionati alle spalle dell’edificio storico in una zona chiamata Boschetto, era una sorta di banco di prova prima di fare il grande salto nei giardini di ministri e aristocratici del regno. Il notevole Platanus ibrida presente nell’orto, alto oltre 35 metri è con ogni probabilità più antico del capoluogo piemontese con il gemello presente nel paco della Tesoriera.

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Le piante pietra sui campi di quarzo. “Grazie a queste collezioni possiamo spiegare con esempi concreti sia ai nostri studenti che ai visitatori la biogeografia delle piante e la convergenza evolutiva di questi organismi. – spiega Consolata Siniscalco, direttore dell’orto botanico dell’ateneo torinese – Nella serra dedicata alle succulente ci sono sia piante grasse della famiglia africana delle Euphorbiacee che Cacatcee di provenienza centroamericana. Se ne consideriamo la forma sono quasi uguali perché si sono evolute in ambienti desertici ed entrambe non hanno foglie, spesso il fusto è fotosinettizzante e sono protette da spine. Ma quando sboccia il fiore sono completamente diverse dimostrando come anche piante diverse se sottoposte a pressioni ambientali identiche, possono sviluppare una morfologia simile”.

LE OASI IN CITTA’

Nell’orto siculo gli alberi “relitto” e il cactus che fiorisce di notte

Un’intera serra, forse l’unica in Europa, è dedicata solo alla flora del Sudafrica, il finis terrae australe che conta alcuni tra gli habitat con maggiore biodiversità sul pianeta. Sotto la Mole sono state importate circa 500 specie tra piante vive e semi. Poi sono stati ricostruiti gli ambienti originari come il Fynbos, il Karoo, il Namaqualand. Tra le famiglie ospitate ci sono Restionacee e le Proteacee e diversi esemplari del genere Pelargonium da cui derivano i gerani ornamentali oggi in commercio. Mentre per accogliere una collezione di Lithops, le cosiddette piante pietra, sono stati ricreati i campi di quarzo dove queste specie possono prosperare in condizioni estreme grazie ai loro adattamenti fuori dal comune.

LE OASI IN CITTA’

L’orto grande come una valle

Funghi per la bioremediation. “Per spiegare come si comportano le piante in condizioni proibitive l’orto ospita un alpineto con una collezione di specie che resistono al gelo e agli inverni rigidi come quelli delle nostre montagna. – continua Consolata Siniscalco, anche direttore del Dipartimento di scienze della vita e biologia dei sistemi dell’Università torinese – Ci sono le cosiddette tappezzanti come primule, Alyssum e sassifraghe che rimangono quasi all’altezza del terreno e oggi ci consentono di spiegare quali sono gli effetti dei cambiamenti climatici su questo genere di flora”.

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In un’altra sezione, che si chiama 100 piante utili all’uomo, sono raccolte erbe officinali, aromatiche e le piante tintorie dalle quali in passato si ricavavano i colori per tessuti e per la pittura come l’Isatis tinctoria da cui per secoli si è ricavato il blu o la Rubia tintcorium dalle cui radici si otteneva il rosso. Una parte delle ricerche portate avanti dall’orto riguarda anche la simbiosi tra piante e funghi del suolo che qualche anno fa è stata sperimentata per bonificare un’area inquinata in provincia di Torino. “In quel caso abbiamo abbiamo associato una piantumazione di pioppi, un albero molto resistente alle contaminazioni del suolo, con funghi che vivono in ambienti infiltrati da idrocarburi e che sono in grado di decomporli. – conclude la botanica torinese –  L’intervento ha favorito il ritorno di un bosco spontaneo e oggi è un modello di cosiddetta bioremediation per le aree maggiormente a rischio ambientale”.

Orto botanico dell’Università di Torino
Viale P.A. Mattioli 25 (area pedonale del Parco del Valentino)
Ingresso
Biglietto intero: 5 euro
Biglietto ridotto 3 euro
Visite guidate: sono possibili tutto l’anno, solo con guida autorizzata e su prenotazione (email: valeria.fossa@unito.it)



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