Adolescenza e Covid, Borgna: “Sarà la creatività a salvare i ragazzi dalla pandemia”

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PIU’ di un anno buttato via, bruciato. Niente feste o uscite con la comitiva. Nessun viaggio senza la famiglia per scoprire il mondo. Niente scuola e università. La parola avventura sembra cancellata. Solo lunghe lezioni al computer della propria camera da letto e qualche passeggiata a gruppi di due o al massimo di tre. L’adolescenza è un periodo complicato della vita perché, in bilico fra infanzia e età adulta, i ragazzi sono insofferenti, insicuri e spesso infelici. Ma l’epidemia ha complicato le cose, togliendo loro quella libertà e quello spazio, al di fuori delle proprie case, dove vivere esperienze nuove. Oggi i teenager sembrano ancor più in crisi e, in questi mesi, sono aumentati i ricoveri di adolescenti nei reparti di psichiatria. Crescono i tentativi di suicidio, i casi di autolesionismo ma anche gli attacchi di panico e le patologie legate alla depressione. Colpa del coronavirus ma anche di scelte che hanno relegato tra le mura di casa i ragazzi. Eppure, secondo il decano della psichiatria in Italia Eugenio Borgna (che su questi temi ha scritto ‘Le passioni fragili’), sarà proprio questa ‘gioventù bruciata’ da un anno faticoso a trovare il cammino per uscire dalla pandemia.

Professor Borgna come mai oggi sempre più adolescenti stanno male?
“I ricoveri di adolescenti nei servizi di psichiatria, e i loro tentativi di suicidio, come le patologie ansiose e depressive, sono stati determinati, direi, dalla solitudine, alla quale sono stati sottoposti dalla pandemia, e almeno talora dalle condizioni familiari di vita, che non hanno consentito di riempire di senso le giornate trascorse in casa. Ma non potrei non dire come la pandemia ha ricreato drammatiche diseguaglianze sociali che si sono rispecchiate nella vita degli adolescenti. Un conto è averla trascorsa in abitazioni, che consentano spazi di autonomia e di solitudine creativa, e un conto in abitazioni che non li consentano. Gli abituali condizionamenti sociali della sofferenza psichica sono stati crudelmente   dilatati dalla pandemia. Sono cose che la psichiatria sociale conosce bene, ma che da sola non saprà mai risolvere. Sono in gioco scelte politiche”.

Sono aumentati del 30% anche i disturbi alimentati durante la pandemia. E anche le dipendenze sono più che mai diffuse fra i teenager. Come mai?
“I disturbi alimentari sono cresciuti come conseguenza di stati d’ansia, e di insicurezza, e anche di ribellione all’isolamento a cui si è obbligati. Le dipendenze sono conseguenza della noia, delle giornate monotone, che si ripetono sempre uguali. I sintomi iniziali sono quelli della perdita di interesse alle cose, il rimanere inchiodati alla televisione e a Internet”.

Nei grandi centri urbani, dove con la chiusura delle scuole e dei centri sportivi, i ragazzi hanno sofferto di più. Difficile per loro affrontare la solitudine
“Nelle grandi città e nelle estreme periferie, la solitudine è molto molto più dolorosa, e difficile da sopportare, che non nelle piccole città, nelle quali ci si conosce, e ci si aiuta, e la solitudine condivisa è radicalmente diversa dall’isolamento, che ne è una immagine sfigurata”.

Perché molti di loro si sono sentiti soli in famiglia? Gli adulti dovevamo spiegare di più ai giovani  cosa stava accadendo?
“La solitudine ha fatto riemergere il problema della comunicazione nelle famiglie. Se non si parla, se non c’è dialogo, si finisce con l’uscire di casa e con l’incontrarsi con gli amici, senza alcuna prudenza”.

Molti giovani hanno dato scarsa attenzione alle norme di sicurezza, quasi negando la pericolosità del virus. I luoghi della cosiddetta ‘movida’ si sono riempiti all’inverosimile. Altri invece temono il virus in modo eccessivo. Perché?
“Ciascuno di noi, soprattutto se si è giovani, reagisce alle situazioni in modi radicalmente diversi nella misura in cui si abbiano o non si abbiano, amicizie e interessi, capacità di ascolto e sensibilità, coscienza del bene e del male. Ma poi entrano in gioco le disposizioni personali a dare un senso alla vita, anche nel tempo di una solitudine dolorosa, ed entrano anche, e forse soprattutto, le relazioni familiari.  Temere il virus è necessario, l’esagerare in questo timore fa stare male, ma l’ansia e la fragilità ci inducono a farlo, senza che si incorra in pericoli, che invece incombono per sé e per gli altri, quando ci si riunisce in gruppo: rischiando contagi anche mortali”.

La società individualistica nella quale viviamo rende la saggezza qualche cosa di difficile da raggiungere. Vogliamo tutto ora e subito. Covid ci ha dato una lezione?
La pandemia ci ha insegnato cose inattese: quella in particolare che ci si salva, quando siamo in pericolo, in grande pericolo, solo quando ci si aiuta gli uni con gli altri, e quando si abbiano pazienza, e solidarietà umana. La pandemia ha dimostrato le défaillance e la sconfitta della società individualistica”.

I ragazzi hanno visto spesso per la prima volta la morte da vicino durante la pandemia. Un tabù per la nostra società. Le immagini di vicinanza con la morte hanno un forte impatto nell’adolescenza
“Sì, la pandemia ha fatto conoscere agli adolescenti la presenza e la vicinanza della morte, che si è manifestata improvvisamente, senza che nulla la lasciasse presagire. Una esperienza, questa, che ha aperto ferite sanguinanti dell’anima, che sono state a fondamento di atti di aggressività, e di autoaggressività”.

Lei è figlio di un partigiano e ha affrontato la durezza della guerra. I ragazzi oggi appaiono a volte ‘fragili’. Si può guarire dalla fragilità o si deve solo affrontare e imparare a gestirla?
La fragilità non è una malattia, è una disposizione dell’animo, che ci aiuta a capire meglio le sofferenze: le nostre, e quelle degli altri. Non si guarisce delle proprie fragilità, ma è necessario, come lei dice molto bene, conoscerle, dare loro un senso, e gestirle”.

Gli adulti devono recuperare tempo per ascoltare i figli. A volte non tutto del malessere e della vita psicologica dei ragazzi può essere capito, ma dobbiamo sostenerli. Come seguirli a distanza in un momento in cui non vorrebbero interferenze?
“Ascoltare i propri figli, immedesimarci nelle loro attese e nelle loro paure, nelle loro ribellioni e nelle loro speranze, nella loro fatica di vivere, e nelle loro fragilità. Se questo avviene, gli adolescenti si sentono compresi e aiutati, e anche l’essere educati a distanza può non essere difficile”.

Lei dice che l’adolescenza è l’età più fragile, ma anche quella più dotata di risorse creatrici che noi abbiamo più o meno dimenticato. Solo il cuore ci consente di sopravvivere a prove dolorose come quelle che si vivono nella pandemia. Lei ha fiducia nei ragazzi?
“L’adolescenza è la età più fragile della vita, ma, come lei dice, è la più dotata di risorse creatrici. Negli incontri, che ho avuto con giovani di scuole secondarie, sono stato sempre impressionato dalla cultura, dalla passione leopardiana della speranza, dalle capacità espressive, e dalla gentilezza d’animo, che animano la loro vita. Sì, meritano grande fiducia: hanno straordinarie doti di coraggio e di entusiasmo, che gli adulti hanno perdute”.

Quanto il sogno può essere d’aiuto alla creatività? E quanto i social e la tecnologia possono sviluppare questa creatività, visto che oggi i giovani sembrano molto interessati al mondo virtuale

“Come dicevo, le risorse creative sono nella adolescenza scintillanti, e originali, inclini a riscoprire i grandi rivoluzionari orizzonti tematici delle tecnologie”.

Riusciranno a costruirsi un futuro in questo mondo che spaventa tanto anche noi adulti. Un mondo che non riconosciamo?
“Nella geniale interpretazione, che ne è stata data da sant’Agostino, la speranza è la memoria del futuro: volendo dire, con questo, che le esperienze adolescenziali influenzano il nostro modo di vivere il futuro. Incalcolabile è la responsabilità degli adulti nella educazione e nella formazione degli adolescenti: cosa, oggi, ancora più difficile, ma ovviamente necessaria”.

Come coinvolgere i giovani, far capire loro le regole e dare loro prospettive?
“Non mi è possibile rispondere a questa ultima bellissima domanda se non dicendo che gli adolescenti di oggi, come quelli di ieri, hanno bisogno di parole, certo, ma soprattutto di testimonianze ardenti e generose di ascolto e di solidarietà, di comprensione e di speranza, alle quali gli adulti sono chiamati in ogni circostanza”. 

“Abbiamo la sensazione di aver buttato un anno. Ma il vaccino ci fa sperare nel futuro”

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