Afghanistan, oggi il G7 sulla crisi: i leader europei chiedono di rinviare il ritiro

Pubblicità
Pubblicità

LONDRA – Dopo il caos della caduta di Kabul, le democrazie occidentali provano a coordinare un piano comune per affrontare la sempre più drammatica evacuazione dell’aeroporto della capitale afghana nel breve termine e l’atteggiamento da tenere nei confronti dei talebani nel lungo termine. Boris Johnson presiede oggi con questo doppio fine un summit virtuale del Gruppo dei Sette (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Canada e Giappone), preparandosi a chiedere a Joe Biden di prolungare la presenza delle forze americane all’aeroporto oltre la scadenza del 31 agosto per garantire che tutti i cittadini dei Paesi della Nato coinvolti nel conflitto e gli afghani dotati di un visto possano partire, afferma una fonte di Downing Street.

La stessa richiesta arriva anche dalla Francia (il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian sostiene la necessità di un “rinvio ulteriore” della scadenza) e dalla Germania: il capo della diplomazia Heiko Maas ha dichiarato che le autorità di Berlino stanno parlando “con gli Usa, la Turchia e altri partner con l’obiettivo di permettere allo scalo di continuare a operare le operazioni civili per portare le persone fuori” dal Paese. Ma è dubbio se il presidente americano accoglierà la richiesta. Domenica sera Biden ha dichiarato che è pronto a considerare l’ipotesi, ma ha aggiunto subito: “Spero di mantenere la scadenza del 31”.

Anche il portavoce del dipartimento della Difesa, John Kirby, ha confermato ieri che il piano è quello di completare il ritiro entro fine mese, “perché quella è la scadenza indicata dal comandante in capo delle Forze armate”, appunto Biden. Ieri mattina un portavoce dei talebani, Suhail Shaheen, ha ammonito che “se gli Usa o il Regno Unito volessero tempo addizionale per continuare l’evacuazione, la risposta è no. E ci sarebbero conseguenze”. Le indiscrezioni indicano il crescente timore di un attacco suicida di gruppi collegati all’Isis contro le forze Nato che controllano l’aeroporto.

Ancora prima dell’intervento del portavoce dei talebani, del resto, un alto esponente del governo di Londra, il sottosegretario alla Difesa James Heappey, ha ammesso: “La situazione sul terreno potrebbe non permettere un’estensione del controllo dell’aeroporto da parte delle truppe nostre e di altri Paesi. Provare a prolungare l’evacuazione, in un aeroporto circondato dai checkpoint dei talebani e in mezzo a scene sempre più caotiche di civili che tentano di raggiungere un aereo, rischia di trasformare l’aeroporto in una zona di guerra”.

In una telefonata, Johnson e Biden hanno “concordato di continuare a lavorare insieme per garantire che coloro che hanno titolo per partire siano in grado di farlo, anche dopo la fine della fase iniziale dell’evacuazione”. Ma il premier britannico pensa già alla fase successiva, possibilmente attraverso Paesi terzi della regione, come il Pakistan, che i profughi dovranno tentare di raggiungere con i propri mezzi. Sul vertice pesano inoltre le divisioni nella Ue, con l’Ungheria e altri Paesi contrari a ospitare profughi afghani.

Il premier conservatore vuole mettere piuttosto l’accento sulla politica a lungo termine dell’Occidente verso l’Afghanistan: come premere per un governo di coalizione a Kabul che tenga conto di tutte le etnie nazionali, come proteggere i diritti acquisiti dalle donne e dai giovani negli ultimi vent’anni, come evitare che l’Afghanistan torni a essere una base per il terrorismo. Downing Street accetta che a tale scopo sarà necessaria la cooperazione di Russia e Cina: Londra sta lavorando con la Francia a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che possa essere appoggiata anche da Mosca e Pechino

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *