Alessia Pifferi, i test tossicologici confermano: a Diana erano stati fatti assumere tranquillanti

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A Diana Pifferi, la bimba di quasi un anno e mezzo morta di stenti dopo essere stata lasciata sola in casa dalla madre per 6 giorni, sono state fatte assumere benzodiazepine, ossia tranquillanti. Risulta, a quanto si è appreso, dagli accertamenti medico legali disposti, nell’ambito della consulenza autoptica che sarà depositata formalmente nei prossimi giorni, dalla Procura di Milano nell’inchiesta a carico di Alessia Pifferi, accusata di omicidio volontario aggravato e in carcere dal 21 luglio. Nei prossimi giorni il pool di consulenti medico legali, tra cui il professore Andrea Gentilomo, depositerà gli esiti della consulenza disposta a fine luglio e la cui relazione dovrebbe arrivare entro fine mese sul tavolo dei pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro, titolari dell’inchiesta condotta dalla Squadra mobile.

Dagli esiti emersi in questi giorni, tra analisi tossicologiche, sia del sangue che del capello, si è saputo che alla piccola sono state fatte assumere benzodiazepine. Una boccetta di En, ansiolitico a base di benzodiazepine, era stata trovata accanto alla culla della bimba. La donna, 37 anni, ha sempre negato di aver somministrato tranquillanti alla figlia, dicendo di averle dato solo delle gocce di paracetamolo. I vicini di casa hanno raccontato agli inquirenti di non aver mai sentito piangere la piccola. La donna aveva spiegato il suo gesto così: “Ci contavo sulla possibilità di avere un futuro con lui (il compagno, non è il padre della bimba, ndr) e infatti era proprio quello che in quei giorni stavo cercando di capire; è per questo che ho ritenuto cruciale non interrompere quei giorni in cui ero con lui anche quando ho avuto paura che la bambina potesse stare molto male o morire”.

I primi esiti degli accertamenti avevano stabilito che Diana sarebbe morta prima delle 24 ore antecedenti al ritrovamento del corpo. Risposte più chiare arriveranno col deposito dell’autopsia anche sui quantitativi di tranquillanti trovati nel corpo (se somministrati in periodi pure precedenti)e se possono aver inciso sul decesso. Potrebbe comunque aggravarsi la posizione della donna, tanto che la Procura già aveva contestato anche la premeditazione. Partirà nei prossimi giorni, poi, l’incidente probatorio su biberon, bottiglietta d’acqua e boccetta di En, allargato dal gip Fabrizio Filice, su richiesta dei legali Solange Marchignoli e Luca D’Auria, anche all’appartamento, al pannolino, al cuscino e al materasso.

Caso Pifferi, la perizia per cercare tracce di benzodiazepine

Alessia Pifferi è la donna accusata di omicidio volontario per aver lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi abbandonandola per sei giorni nel suo lettino di via Parea. Nei giorni scorsi il giudice aveva disposto nuovi esami per capire altri dettagli sulla morta di Diana Pifferi che si aggiungevano a quelli per verificare o meno la presenza di benzodiazepine nel latte o negli altri liquidi (era stata trovata in casa una boccetta di En) e delle eventuali tracce di dna della bambina sul beccuccio del flacone per capire se le sono stati somministrati i tranquillanti. Ora i test confermano che alla bambina erano stati fatti assumere tranquillanti. Analisi verranno poi effettuate anche sul materiale ritrovato all’interno dello stomaco di Diana Pifferi.

Luciano Garofano, ex capo del Ris, nel pool della difesa di Alessia Pifferi

Il generale Luciano Garofano, l’ex comandante del Ris di Parma in congedo dall’Arma e genetista forense, era entrato nel pool dei consulenti nominati dalla difesa di Alessia Pifferi. A conferire l’incarico a Garofano, negli ultimi anni spesso ospite in tv per le sue competenze in materia, sono stati i difensori della donna, gli avvocati Solange Marchignoli e Luca D’Auria. Il giudice non aveva concesso la possibilità di effettuare rilevamenti delle impronte. 

Ad Alessia Pifferi in carcere erano arrivati profumi, regali e soldi da tante donne

Ad Alessia Pifferi erano arrivati molti regali da diverse città d’Italia indirizzati allo studio della sua legale Solange Marchignoli. Una scatola piena di profumi, creme per il corpo, smalti per le unghie, acqua di colonia, balsami. E poi ancora libri sul pensiero positivo, vestiti, elastici per capelli, biancheria e addirittura qualche centinaio di euro utilizzabili in carcere (secondo le procedure), bonificati sul conto corrente apposito e con il nome del beneficiario indicato: Alessia Pifferi.

Alessia Pifferi aveva scritto una lettera dal carcere: “Vorrei tornare indietro e riavere la mia Diana”

Vorrei poter tornare indietro a quel giorno per non uscire e riavere la mia bambina“: l’aveva scritto Alessia Pifferi in una lettera trasmessa in diretta televisiva durante la trasmissione “Quarto Grado” di Rete 4. La donna, attualmente detenuta a San Vittore, spiega di avere “la necessità di (avere, ndr) persone vicino a me, anche se giudicano male”. In quella missiva aveva smentito che la figlia rappresentasse per lei un peso. “Io non ho mai detto che mia figlia era un intralcio nella mia vita. Vorrei proprio sapere chi l’ha detto e perché. Io ho semplicemente detto che è molto più difficile fare una propria vita con un figlio piccolo, ancora di più essendo una ragazza madre”.

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