Alla scoperta di una Sicilia inedita: sull’Etna e sulle Madonie la vita è più saporita

Pubblicità
Pubblicità

Da qualche settimana l’Etna è cresciuto. In altezza, una trentina di metri in più, per effetto degli otto mesi di eruzioni del Sud Est, il più giovane dei quattro crateri sommitali, che ha scalzato il Nord Est dopo 40 anni di “predominio”: ora l’Etna misura 3357 metri, come hanno accertato le misurazioni dei tecnici dell’Osservatorio etneo dell’Ingv, a Catania. Ma l’Etna in questi anni è cresciuto anche come brand, vuoi perché dal 2013 è patrimonio Unesco, vuoi perché non smette di stupire e di ammaliare con le sue continue eruzioni sommitali che attraggono come una calamita, vuoi perché la riscoperta dei vini che nascono sulle sue pendici, come l’Etna Rosso (a base di Nerello Mascalese), sono ormai divenuti punti di riferimento per l’enologia italiana; infine perché ormai il buon cibo e la buona cucina si sono fatti spazio anche alle alte quote. Sull’Etna, che da vulcano andrebbe declinato al maschile ma che perfino l’Unesco chiama “monte” e i siciliani chiamano “Idda”, Lei, “a muntagna”, si mangia bene, sia nei locali da chef di prim’ordine sia nei rifugi e nelle trattorie; sia che si voglia salire fin nelle stazioni turistico-sciistiche tra 1500 e 1900 metri, sia che si voglia raggiungere i paesi della fascia pedemontana tra 500 e 900 metri.
Il posto probabilmente più in alto, e raggiungibile in auto, si trova a Etna Sud, quota 1920 metri, dove c’è anche la stazione di partenza della funivia. È l’iconico Rifugio Sapienza, cominciato a edificare prima della Seconda guerra mondiale e terminato dopo il conflitto a opera del Cai che, dopo diversi anni di semi abbandono, vive ormai da tempo una nuova stagione. Ci si arriva dalla Provinciale 92 che parte dal paesino di Nicolosi, una delle porte dell’Etna. È hotel, centro per le escursioni e, ovviamente, anche ristorante con vista su Catania e il mare Jonio. Qui pistacchio, funghi e carni, assieme a caponate e parmigiane, la fanno da padrone: i ravioli al pesto di pistacchio con ripieno di pistacchio e prosciutto, o quelli con crema e ripieno di porcini, ma anche la sontuosa grigliata di carni o i piatti unici. Ci sono anche le pizze, per chi volesse.    

Il Rifugio Sapienza 

Sul versante orientale del vulcano c’è un altro rifugio, il “Citelli”, quota 1700 metri, molto più piccolo, in territorio di Sant’Alfio, si raggiunge attraverso la Provinciale Mareneve anche da Linguaglossa o da Fornazzo. Risale al 1935 ed è uno dei punti base del Parco dell’Etna. Ci si dorme e ci si mangia, con cucina fatta dei prodotti del territorio e impareggiabile vista della vetta da una parte e del mare dall’altra.

Rifugio Citelli 

Sul versante Nord dell’Etna c’è Piano Provenzana, quota 1810 metri, stazione turistica in territorio di Linguaglossa, completamente distrutta dalle eruzioni del 2001-2003 e faticosamente ricostruita anche se ancora non del tutto. Bisogna infatti non arrivare fino ai piazzali per trovare delle trattorie dove fermarsi: le più note si trovano nella pineta Ragabo, poco più sotto. Qui c’è il Clan dei ragazzi, quota 1500 metri, costruzione in legno immersa nel verde, attorniata da piccole baite in cui è possibile pernottare. Dalla cucina, da provare i tagliolini al ragù bianco di maialino dei Nebrodi, la costata di maiale alle mandorle, oltre ai piatti di carne alla brace.

Nella fascia pedemontana, tra le strade dei paesini costruiti con la nera pietra lavica, alcuni spiccano per bellezza e accoglienza. Impossibile citarli tutti ma proprio sul versante Nord, porta di ingresso all’Etna è Linguaglossa, quota 550 metri, dove mangiare bene è una tradizione antica. Un luogo iconico e molto particolare è Dai Pennisi. Una volta era una rinomata macelleria; ora, pur avendo conservato la sua prima attività, ha aperto anche alla ristorazione, proponendo ai clienti seduti a tavoli di marmo che richiamano i banconi delle macellerie siciliane, piatti della tradizione e le ricette della famiglia Pennisi. Al centro, ovviamente, la carne e la salsiccia tipicamente tagliata “al ceppo”, che il cliente può scegliere direttamente al banco della macelleria e far cucinare secondo i propri gusti. 

 Dai Pennisi, deliziosa la salsiccia al ceppo 

Sempre a Linguaglossa c’è Shalai, un resort con ristorante e chef già stellato, e una grande cantina molto ben fornita. I menù degustazione sono una sorta di “Bignami” di ciò che la cucina propone, che si tratti di carne, pesce o pasta: come la “Valle del Bove” (che in realtà è l’enorme depressione sul versante Est del vulcano, immenso catino di centinaia di eruzioni), uno spaghettone mantecato al burro di erbe dell’Etna stracotto con il tartufo nero; il baccalà fritto con maionese al limone verdello (una Igp della zona di Acireale e Aci Catena) e zenzero, verdure di campagna saltate all’aglio; o anche un formaggio come il Piacentino ennese (una Dop) fritto in tempura di birra artigianale e salsa all’arancia e cannella.

Cantina Shalai 

Sempre in territorio di Linguaglossa c’è il resort Villa Neri, con il suo ristorante “12 fontane”. Da provare pietanze tipiche della tradizione siciliana, come lo “zuzzo”, gelatina con pezzi non nobili di carne di suino nero dei Nebrodi, con caramello di miele e peperoncino, pistacchio di Bronte e limone; o il cosciotto di agnello brasato al Marsala.

 Cosciotto d’agnello del 12 Fontane, al resort Villa Neri 

Spostandosi verso il versante Est, a Zafferana Etnea, 574 metri slm, c’è la Locanda Nerello, ristorante del resort Monaci delle Terre Nere, in un antico casale di stile siciliano con terrazza vista mare. Prodotti a km 0 e menù siciliani sono la cifra di questo locale, dove va provata la spatola cucinata alla “beccafico” con caponata di verdure dell’orto, o il riso al finocchietto selvatico con olive e scorze d’arancia o, ancora, gli gnocchetti con cozze e verdurine croccanti.

Una specialità della Locanda Nerello 

Ma Zafferana è la terra del miele dell’Etna. Per questo, passeggiando per la via centrale, via Roma, si trovano diversi punti vendita, molti dal produttore al consumatore. Nella Casa del Miele, poco sotto la piazza principale dedicata a Umberto I, si trovano mieli dalle essenze più disparate e “insospettabili”: limone, zagara, castagne, eucalipto, alla Sulla, il millefiori. Tutti di produzione locale e a prezzi molto ragionevoli. In via Verdi, a Ovest di via Roma, c’è la Cantina del miele mentre in via Tenente Scuderi c’è perfino una Casa Museo dell’apicoltore, in cui esplorare le antiche tecniche tramandate da generazioni e poter poi acquistare svariate qualità di miele, anche aromatizzato alla mandorla, al peperoncino, alla nocciola, alla fragola.

Ghiottonerie dal Museo del Miele 

Se poi, la visita a Zafferana, tra i luoghi di villeggiatura per eccellenza dei catanesi, prevede poco tempo e nelle sere d’estate ci si vuole sedere nella scenografica piazza Umberto per un po’ di frescura e lo street food locale, ci si deve guardare a destra e a sinistra, ai due angoli della piazza, dove il bar di Donna Peppina, e il bar Torrisi si contendono da sempre la più buona “pizza siciliana”, una mezzaluna di impasto con dentro – nella versione originale – tuma (un formaggio fresco tipico siciliano), acciughe e cipollina, fritta in abbondante olio. La golosità che suscita già soltanto la vista, suggerirebbe di ordinarne più d’una, l’esperienza dice che una basta e avanza.   

La pizza siciliana di Donna Peppina 

Ma non c‘è solo l’Etna a dominare i panorami siciliani e il gusto dei visitatori. Nella sua parte settentrionale, da Est a Ovest, l’isola è attraversata da una catena montuosa propaggine dell’Appennino e che è divisa in tre parti: i Peloritani, i Nebrodi e le Madonie. Cime ben più basse dell’Etna (il più alto monte è il Pizzo Carbonara, 1979 metri sulle Madonie, seconda vetta più alta dell’isola) ma luoghi incantevoli fatti di boschi e fiumi e paesini dall’anima medievale. Tra questi, sui Nebrodi e con vista anche verso l’Etna, c’è Floresta, meno di mille abitanti, con i suoi 1275 metri d’altitudine è in assoluto il comune più alto della Sicilia. Qui è la carne, proveniente da allevamenti della zona, a farla da padrona. E tra i locali della zona dove consumarla, ce n’è uno che spicca per tradizione e per soddisfazione dei clienti: è Don Santo, poco fuori l’abitato di Floresta, in contrada Favoscuro. Una delle locande per viandanti che nel tempo è divenuta punto di riferimento, per camionisti e gitanti. Antipasti di prodotti locali (provole, caprini, zuzzo, caponate, salame di Sant’Angelo di Brolo); pasta fatta in casa e condita con ragù di carne, ma anche alla Norma o con il pistacchio di Bronte; e, appunto, la carne alla brace con salsicce e costate di ogni tipo, castrato e agnellone di animali allevati nelle campagne a pochi passi dal locale.

Antipasto misto al Don Santo, nel borgo di Floresta 

Sulle Madonie, che come l’Etna e i Nebrodi sono un parco regionale, a 1147 metri d’altitudine nel Palermitano, c’è Petralia Soprana, poco più grande della vicina Petralia Sottana sede del Parco delle Madonie, e con diverse frazioni sparse nel territorio. In una di queste, la minuscola Cipampini, c’è l’osteria A fuoco lento, che fa parte di una piccola locanda con alcune stanze per i viaggiatori e per chi vuol perdersi nel silenzio della natura. L’ha fondata un ex giornalista di lungo corso, Diego Landi, lombardo, che dopo aver chiuso con il mestiere di una vita si è ritirato in questo minuscolo borgo rurale e quasi per gioco ha aperto questo locale per pochi intimi, dove lui e la moglie fanno da chef e da personale di sala, raccontando le ricette di antichi piatti della tradizione siciliana: l’agnello alla ennese, cotto a fuoco lento con il pecorino, la frittata con fiori di sambuco, un delicato riso alle erbette dei campi circostanti e i fiori di borragine. Un trionfo di sapori a prezzi molto contenuti e nella tranquillità di una spruzzata di case che riporta il visitatore indietro di un secolo. Pezzi di Sicilia sconosciuta da amare quanto quella delle grandi città e dei monumenti famosi in tutto il mondo.  

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *