Allergico all’orgasmo: non può fare sesso

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Può essere comprensibilmente considerato uno degli uomini più “sfortunati” al mondo. Un ragazzo di 27 anni, sulla cui identità si mantiene un rigido riserbo, è costretto ad astenersi dal sesso perché è allergico al proprio orgasmo. In pratica, ogni volta che eiacula il giovane paziente manifesta sintomi simil-influenzali e altre manifestazioni più o meno gravi: febbre, tosse, rinite, debolezza muscolare, nonché problemi di linguaggio, di concentrazione e memoria; e poi anche ingrossamento dei linfonodi ed eruzioni cutanee sulle braccia. Questi disturbi possono persistere tra i due e i sette giorni dopo l’eiaculazione.

Diagnosi a 18 anni

I medici ritengono che l'”angosciante” malattia del paziente, descritta sulla rivista Urology Case Reports, abbia avuto origine all’incirca 10 anni prima, quando il giovane aveva appena 18 anni d’età. Da allora ha sempre cercato di evitare rapporti sessuali fino ad arrivare anche a rinunciare ad avere una relazione romantica. Almeno fino a quando i medici non hanno individuato la malattia, dandole un nome: sindrome da malessere post orgasmico.

Orgasmo, il piacere che fa bene (anche) alla salute

Non sappiamo con certezza le cause di questa allergia. Secondo Andrew Shanholtzer della William Beaumont School of Medicine dell’Università di Oakland (Usa), tra gli autori dello studio, è possibile che la sindrome possa insorgere a seguito di un’infezione o di una lesione ai testicoli, traumi quindi che possono portare alla fuoriuscita di quantità microscopiche di sperma nel flusso sanguigno, a cui il corpo risponde. Normalmente, lo sperma ha una membrana che lo separa dal resto dell’organismo ma se questa viene danneggiata, il liquido seminale non è più isolato e a quel punto si innesca la reazione allergica.

Il sistema immunitario attacca lo sperma, come fosse un virus

“Le cellule immunitarie del corpo sono addestrate ad attaccare qualsiasi sostanza estranea trovata”, spiega Shanholtzer. “Ci sono cellule speciali chiamate cellule di Sertoli che nutrono e circondano lo sperma e lo mantengono isolato dalle cellule immunitarie”, spiega Shanholtzer. “Quando le cellule di Sertoli vengono danneggiate – aggiunge – lo sperma viene esposto al sistema immunitario per la prima volta e il sistema immunitario lo attacca come se fosse un virus o un batterio estraneo”. Da qui si origina la sindrome da malessere post orgasmico, difficilissima da diagnosticare.

L’antistaminico riduce i sintomi

Non a caso il giovane paziente era stato visitato da moltissimi medici e specialisti, come urologi, otorinolaringoiatri e persino esperti di malattie infettive. I suoi testicoli sono stati sottoposti a esami di imaging e i medici hanno analizzato sperma e ormoni. Ma ogni volta tutto risultava nella norma. Gli sono stati anche somministrati antibiotici, inutilmente. Poi finalmente la diagnosi e, dopo diversi tentativi, una terapia che sembra funzionare bene. Il paziente ha infatti ricevuto diversi antistaminici fino alla scoperta che uno specifico, ad azione prolungata, chiamato fexofenadina, ha portato a una riduzione del 90% dei suoi sintomi.

Sindrome molto rara

Il giovane paziente alla fine è stato “fortunato nella sfortuna”. La sindrome da malessere post orgasmico, pur essendo molto rara, colpisce decine, centinaia o forse migliaia di altri uomini senza che lo sappiano. Finora, gli scienziati hanno scoperto quasi 60 casi di uomini con la stessa patologia ma, poiché così poche persone sono consapevoli dell’esistenza di questa malattia, potrebbero esserci molte più persone che convivono con essa. “Molti operatori sanitari non lo sanno, per non parlare del pubblico”, sottolinea Shanholtzer. “È più che probabile che sia sottodiagnosticata e che ci siano molti malati là fuori”, aggiunge.

Il trattamento è di facile accesso

Gli uomini che ne soffrono possono essere sottoposti a “numerosi test e trattamenti potenzialmente non necessari”, evidenzia l’esperto. Ma una volta arrivati alla diagnosi, i ricercatori suggeriscono un trattamento di facile accesso. “La fexofenadina – dicono i ricercatori – è un farmaco relativamente sicuro, poco costoso e ben tollerato, ma richiede ulteriori studi prima che possano essere valutati i suoi benefici terapeutici in questa popolazione selezionata. La nostra esperienza dimostra la fattibilità del trattamento di una malattia complessa con un semplice farmaco e, si spera, verrà replicata in futuri pazienti”.

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