Roma — Il governo Meloni tiene nei cassetti undici miliardi di euro. Soldi destinati alle emergenze vere del Paese: non solo per l’alluvione in Emilia Romagna, ma anche per prevenire gli incendi, per rattoppare le infrastrutture colabrodo di aree interne del Mezzogiorno andate in tilt in questa stagione turistica. E, ancora, per evitare l’inquinamento del mare del Belpaese a causa della mancanza di depuratori. In alcuni casi al governo si litiga su chi nominare alla guida di strutture che hanno in pancia miliardi e che restano bloccate nel frattempo. In altri casi mancano di Decreti di Palazzo Chigi per ripartire le somme. Il risultato non cambia.
Bonaccini: “Dico sì a Figliuolo, ma con pochi soldi il mandato è monco”
Un caso emblematico della lentezza del governo riguarda la Struttura commissariale per la depurazione: ente nato nel 2014 per far fronte alla procedura di infrazione Europea per le nostre fogne che finiscono in mare e che ci è costata una multa di una trentina di milioni e ci costa una penale giornaliera di 160 mila euro. Il mandato del commissario nominato nel 2020, il professore di costruzione idrauliche della Federico II Maurizio Giugni, è scaduto lo scorso maggio. Da allora la Struttura si è fermata: in pancia ha 3 miliardi di euro, ma soprattutto deve dare seguito a cantieri in fase di avvio o avviati per 300 milioni. Un caso emblematico riguarda il depuratore di Napoli Est: l’ex commissario Giugni era pronto a bandire la gara per l’affidamento dei lavori da oltre 100 milioni di euro. Gara che è ferma, come sono fermi i lavori di decine di depuratori, da Nord a Sud. I sindaci e le imprese hanno scritto alla presidente del Consiglio lanciando l’allarme. In realtà Palazzo Chigi, con tanto di firma del decreto da parte del sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano, aveva scelto una terna di nomi e come commissario in quota Lega era stato indicato un avvocato, Cirino Gallo. Poi i ministri di FdI Francesco Lollobrigida e Nello Musumeci si sono messi di traverso: adesso vorrebbero nominare come sub commissari un ex senatore ed ex missino Fabio Fatuzzo e un ex deputato regionale siciliano legato a Musumeci, Toto Cordaro. E come commissario un commercialista gradito al governatore calabrese Roberto Occhiuto. Nel frattempo tutto è fermo.
“Perché io, ministro, voglio parlare ai ragazzi di Ultima generazione”
Stesso discorso per il fondo da 4,6 miliardi di euro destinato alla perequazione infrastrutturale perché il governo non ha mai varato il Decreto di ripartizione delle somme. Si tratta di soldi stanziati dal governo Draghi per avviare opere in Comuni e Regioni e migliorare reti ferroviarie, strade e autostrade. Il deputato del Pd Marco Simiani ha presentato una interrogazione urgente senza avere ancora risposta: «Il governo Draghi aveva avviato l’iter e c’era già un elenco di interventi presentato dagli enti locali, ma adesso non si sa più nulla», dice Simiani. Seppur per cifre minori, ma per un argomento delicato come quello degli incendi che hanno funestato la stagione estiva, il governo non ha ripartito anche un altro fondo da 40 milioni di euro per interventi antincendio nelle aree interne: «L’ultimo riparto l’avevamo fatto noi, sarebbe grave se il governo si fosse dimenticato questo fondo», ha denunciato l’ex ministra del Sud, Mara Carfagna.
Coldiretti, con 32 nubifragi al giorno, estate da incubo per l’agricoltura
Ma a proposito di soldi non utilizzati, restano al palo 650 milioni d’interventi nei porti del Mezzogiorno, quest’ultimi presi d’assalto anche dai vacanzieri. In questo caso perché il ministro del Sud Raffaele Fitto ha lasciato a se stessi i commissari delle Zone economiche speciali: il ministro del governo Meloni vuole creare una superstruttura per dare manforte ai commissari nei vari territori, ma ancora non ha portato un testo in Consiglio dei ministri.
Se a questi soldi rimasti nei cassetti si aggiungono i 2 miliardi per l’alluvione in Emilia Romagna ancora non arrivati a terra e 1,3 miliardi di euro per il dissesto idrogeologico previsti nel Pnrr ma con i progetti cancellati dal Friuli alla Sicilia, il conto fa 11 miliardi di euro. Una cifra che vale una mini manovra di bilancio e fondamentale per far fronte alle vere emergenze del Paese.
Go to Source