Quello dei Nukak è uno dei 68 popoli indigeni colombiani a rischio di estinzione fisica e culturale. Nel 1988, quando ancora vivevano ignari che esistesse il nostro mondo, a Calamar ebbero il primo contatto con i coloni, e poi le loro terre furono invase da diboscatori e coltivatori di coca, più della metà della popolazione morì sterminata dalla malaria e dall’influenza, e alla fine dalla guerriglia. A causa delle mine disseminate dai gruppi armati, molti di loro avevano giù smesso di andare a caccia nella selva, nonostante la loro terra fosse stata demarcata. Altri sono fuggiti altrove quando sono arrivati i coltivatori di coca, e poi occupate militarmente dai guerriglieri.
Angelo Ferracuti e Giovanni Marrozzini li raggiungono nel Charras facendo un viaggio di cinque ore con un fuoristrada nella foresta insieme a Kelly, la volontaria su Survival International, dopo aver visitato a San Josè del Guaviare le pitture rupestri del Chiribiquete National Park.
Quelo dei Nukak è un popolo nomade di cacciatori, vivono da sempre nella Colombia Nordorientale, tra i fiumi Guaviare e Inirida, mangiano pesce, selvaggina, tartarughe, frutta, verdura, noci, insetti e miele, i maschi cacciano nella foresta con le cerbottane e le loro frecce sono intinte nel curaro, un veleno ricavato da cinque piante diverse. Ma di un popolo intero ora restano solo gruppi di individui dispersi. Pensare che un cronista del New York Times in un articolo di qualche anno fa scriveva la frase idiota: “Si convertono alla civiltà dopo aver vissuto, da sempre, nell’età della pietra”.
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