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Appendino, l’idea dei 5S con Leu e Pd nel “laboratorio Torino” non convince

Una proposta coraggiosa, che le riconosce anche l’onore delle armi da parte di chi dentro il Movimento e il Pd, soprattutto a Torino, sostiene che ora un’alleanza Pd-5Stelle-Leu non sia praticabile. L’idea del laboratorio giallorosso, che la prima cittadina di Torino colloca all’ombra della Mole per battere il centrodestra, proietta Chiara Appendino sul piano nazionale come una delle esponenti del nuovo partito a trazione Contiana. Linea che la sindaca, la preferita da Grillo nel 2016 quando vinse le elezioni battendo l’uscente Dem Piero Fassino, persegue da tempo. Peccato che sia arrivata tardi la sua proposta. L’avesse fatta in autunno, quando ha annunciato che si sarebbe fatta da parte non ricandidandosi, avrebbe creato qualche problema in più al Pd di Torino. Forza in cerca di un riscatto dopo cinque anni di Purgatorio all’opposizione e non disponibile a traslare a livello locale quello che già si sperimenta a Roma. Tanto che a chiudere le porte ad Appendino sono esponenti che in questi mesi hanno lavorato per un candidato con possibili sfumature giallorosse o che potesse mettere d’accordo Pd, grillini e partiti di sinistra.

Chiara Appendino, intervista alla sindaca: “La mia Torino come laboratorio: Pd, M5S e Leu contro il centrodestra”

Qualche esempio? Il rettore del Politecnico di Torino, Guido Saracco, che si è dichiarato poi non disponibile a scendere in campo, oppure il vicepresidente del Consiglio regionale, l’ex chirurgo e mago dei trapianti al fegato, Mauro Salizzoni, che formalmente è ancora tra i papabili candidati. Nomi per cui si è speso anche l’ex sottosegretario alla Giustizia e parlamentare dell’area sinistra Pd, Andrea Giorgis. Lo stesso che dopo la proposta di Appendino dalle colonne di Repubblica frena: “Le esperienze nazionali non si possono mai traferire automaticamente sul piano locale – sottolinea Giorgis, che qualcuno aveva indicato tra i possibili candidati sindaco del Pd -. Torino e la Città Metropolitana devono voltare pagina: hanno bisogno di un nuovo e coraggioso progetto di sviluppo, che sappia utilizzare al meglio la straordinaria opportunità delle risorse e dei piani nazionali ed europei di Recovery. E’ un fatto positivo che si sia passati dalle provocazioni “onestà onestà” in piazza Palazzo di Città a un confronto costruttivo anche a Torino. Parole che hanno spiazzato chi a sinistra del Pd si immaginava aperture maggiori da parte dei compagni Dem più in linea con la visione di Zingaretti, più pronti a sposare un’alleanza stabile e duratura con i 5 Stelle.

«Nessuno ha parlato di automatismi, ma credo ci sia un dato politico di novità che non si può ignorare», dice il capogruppo di Leu alla Camera Federico Fornaro, che analizza la situazione allo stesso modo di Stefano Fassina e Nicola Fratoianni, rispondendo a Giorgis. “Sappiamo che i punti di partenza sono differenti, ma c’è anche una dimensione nazionale, e credo che l’alleanza Pd, 5 stelle e Leu possa e debba partire dai territori», aggiunge il parlamentare piemontese, ma alessandrino, Fornaro. “Credo che sia sbagliato non approfondire l’apertura della sindaca Appendino e provare intanto ad aprire un confronto. Poi dove questo confronto potrà arrivare non è possibile saperlo, siamo consapevoli che i punti di partenza siano differenti. è evidente che Torino e Roma vedono punti di partenza più complicati di altri perché c’erano i 5 Stelle al governo della città e il centrosinistra all’opposizione: nessuno disconosce questa realtà, ricordo però a tutti che le elezioni comunali sono a doppio turno, non a turno singolo”, dice Fornaro che però non fa i conti con il passato di Torino, con i solchi che si sono creati in città tra i Dem e i 5 Stelle e che gli attuali vertici dei due movimenti fanno fatica a riempire. Lo stesso ex presidente della Regione, Sergio Chiamparino, che ha sempre tenuto un filo diretto con Appendino riconoscendo i meriti della sindaca e della sua amministrazione, prima di Natale ha sottolineato che non sarebbe stato possibile arrivare ad un accordo a Torino, anche se era necessario riconoscere dei meriti alla prima cittadina.

Anche il segretario regionale dei Dem, Paolo Furia, zingarettiano di ferro, non vede possibile l’asse: “Giusto aprire al dialogo, ma no a processi forzati, le alleanze non si replicano in modo matematico e automatico a livello locale”. Un modo per dire che i tempi non sono maturi. Il numero uno del Pd di Torino, Mimmo Carretta, che ha passato gli ultimi cinque anni in Consiglio comunale ad opporsi all’Appendino al fianco del capogruppo del Pd, Stefano Lo Russo, candidato su cui potrebbero convergere le varie anime del partito in vista del voto di autunno, “guarda con attenzione e rispetto alle trasformazioni in atto nel Movimento 5 Stelle e non possiamo non cogliere con favore e attenzione le inversioni di marcia che sono in corso”. Un piccola apertura a cui segue un “no, grazie” alla sindaca uscente: “Ho sempre creduto poco alla favoletta del “facciamo fronte comune per ostacolare la destra. A Torino il centro sinistra è in stato avanzato nella definizione del programma e della squadra. Non si lavora contro qualcuno, ma per dare risposte ai cittadini. Tutto questo non può ridursi a proclami o posizionamenti tattici di singoli, lo trovo ingeneroso per tutti”. E a poco servono le aperture degli esponenti di Leu a livello locale, come il consigliere Marco Grimaldi, che dice che “il laboratorio Torino può essere d’esempio per tutte le altre città d’Italia” quando a bocciare l’idea della sindaca è la capogruppo in Consiglio comunale del Movimento di Grillo. Si tratta di Valentina Sganga che plaude agli assi con il Pd a livello nazionale, ma quando si tratta di Torino storce il naso: “L’auspicio di Appendino è nobile, ma lo condivido solo in parte”. E aggiunge: “Per far partire un percorso come questo serve scendere nella realtà per confrontarsi con essa e la realtà ha dei limiti, primo tra tutti la mancata volontà locale di un progetto comune tra M5s e Pd». È la riflessione della capogruppo pentastellata in Comune, Valentina Sganga, secondo la quale «per superare questi limiti non si può prescindere dall’ascoltare la base e dal fatto che siano gli organi locali delle forze politiche a confrontarsi». «Se non fosse così a cosa servirebbe? – si chiede su Facebook – a perdere? A ripetere esperienze fallimentari come quella delle regionali in Liguria? Non credo siano questi gli obiettivi”.

La proposta, anche se respinta, rimane coraggiosa. Certo. Appendino ha tentato, all’ultimo, di fare un “All-in” al poker, di puntare tutte le chips che gli rimanevano. E anche se non ha vinto la mano, ha comunque incassato il rispetto degli altri giocatori. Un rispetto che di sicuro, anche dopo l’autunno, quando lascerà il piano nobile di Palazzo Civico, le permetterà di rivendicare una posizione di primo piano siano nel Movimento e a livello nazionale. Tanto che il futuro sindaco, se sarà del Pd e con i 5 Stelle all’opposizione, dovrà fare i conti con chi l’ha preceduto (o preceduta) non potendo sottovalutare che a Torino si è su fronti opposti, ma a Roma no.



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