Arena Robinson, l’attivista polacca Iwona Wyszogrodzka: “La Polonia oggi ha poche cose di cui andare orgogliosa”

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“Questo governo è un governo di minoranza e non rappresenta tutti noi polacchi”. Inizia così l’attivista Iwona Wyszogrodzka il suo intervento nell’Arena Robinson a Più libri più liberi. Intervistata da Roberto Brunelli, è qui per raccontare la situazione nel suo Paese, da cui arrivano sempre più notizie preoccupanti, in un clima che pure resta di confusione e con molti punti oscuri. “Io non ho paura” dice lei, in prima linea per i Women’s Strike, gli scioperi delle donne che hanno attraversato la Polonia nella lotta contro la restrizione del diritto all’aborto. “In cinque anni ho perso così tanto che oggi non ho più nulla da perdere, nemmeno il lavoro. Ma io immagino una Polonia migliore”.

“Da noi se non si firma la clausula dell’obiezione di coscienza – continua l’attivista – il medico non va avanti, le infermiere ricevono gli incarichi peggiori. Il Pis (il partito di governo) dice di avere a cuore i bambini, ma al confine con la Bielorussia li lascia morire di fame. E può fare quel che vuole, perché ha la maggioranza in Parlamento. Non ha freni inibitori né nella propria mente, né nel cuore, né ovunque. La chiesa polacca ha avuto un ruolo enorme in tutto questo. Dicono cose talmente gravi che meriterebbero la scomunica”.

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Si commuove Wyszogrodzka ricordando l’impegno per i migranti: “Sono le persone come me a mandare gli aiuti alla frontiera. Riceviamo rapporti regolari sulla situazione dalle persone del luogo e migliaia di donne e uomini mandano cibo e vestiti, ma soprattutto cibo, perché da ciascuno dipende molto”. Piovono scroscianti applausi dal pubblico.

“Non è vero che la metà dei polacchi va a messa – prosegue l’attivista – vi si reca forse il 20 per cento e questo elettorato è quello del governo. È anziano e impone la propria narrazione sulla Polonia. Prima del 2015 per molti anni nelle sale di catechesi c’erano i club di una Gazeta (giornale, ndr) in cui si praticavano sedute di preghiera per augurare la morte ai politici che non piacevano. Io ho un forte risentimento per i cattolici polacchi che non muovono un dito per cambiare la situazione”. E confessa di confrontare tutte le domeniche l’omelia di papa Francesco e quella della chiesa locale, trasmesse entrambe in televisione. Tale è il clima di violenza dei discorsi polacchi, contro le femministe, i migranti e le persone queer, che pare evidente che “si sono dedicati a letture molto differenti”.

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“La Polonia ha poche cose di cui possa essere orgogliosa in questo momento – continua Wyszogrodzka – noi lo siamo del fatto che sappiamo combattere, quindi quando ci manca un nemico ce lo inventiamo. Il Partito per restare al potere ha bisogno di una battaglia costante. Anche loro quando non hanno un nemico, se lo inventano. Sei anni fa, secondo il parere del governo, questa minaccia erano i seimila siriani che avremmo dovuto accogliere. E l’isteria era talmente forte che il Pis ha vinto le elezioni. Prima gli immigrati, poi le donne. Adesso il gruppo Lgbt. Ma le persone queer non hanno più paura. Il Pride ha avuto luogo in 40 località, mentre tre anni fa solo poche città osavano organizzarlo”.

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Ci chiama “amici” Wyszogrodzka, e ci spiega come prendere le scioccanti dichiarazioni degli eurodeputati polacchi: “Vanno contro l’Europa perché il pubblico di quel che dicono è quello dell’elettorato polacco. Io spero che l’Europa ci tolga i fondi”.

Prima di andare, l’attivista mette tutti in guardia: “Se non siamo consapevoli delle leggi in nostro favore, prima o poi queste spariranno. Così è stato in Polonia. È iniziato tutto in maniera così innocua.. Ora noi ci stiamo richiamando alle leggi europee, alla nostra costituzione, alle dichiarazioni internazionali, ma stiamo perdendo tutte le elezioni, una dopo l’altra. Sono certa che per molti anni ancora sentirete le cose orribili che dice il nostro governo e saprete che la Polonia non vuole condividere il diritto europeo, non vuole sostenere gli immigrati. Quando sentirete tutte queste parole ricordatevi di me, di migliaia di donne come me e uomini che stanno combattendo”.

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