Arena Robinson, Sergio Rubini,: “La storia della buona Italia passa per i fratelli De Filippo”

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“Ho sempre pensato ai fratelli De Filippo come ai Beatles” racconta Sergio Rubini, attore e regista, all’Arena Robinson di Più libri più liberi. È qui – sotto la Nuvola del Centro congressi romano – per parlare del suo nuovo film, I Fratelli De Filippo, Peppino e Eduardo. “Noi ce li immaginiamo in bianco e nero e invece erano ragazzi con una luce, un’obiettivo: rivoluzionare il teatro. Ho voluto mostrare la loro gioventù per dire ciò che non sappiamo di loro. Morto Scarpetta, non avevano un quattrino. E invece sono riusciti nel ‘31 a svoltare con un atto unico, al Teatro Kursaal, Natale in casa Cupiello. Alimentando in un arco brevissimo il loro destino. Dovevano rimanere in cartellone una settimana, sono durati sei mesi. Peppino e Eduardo sono stati insieme fino al ‘44″.

L’ascesa e fine dello storico trio con la sorella Titina ha per lungo tempo ossessionato Sergio Rubini, tra le insoddisfazioni di Peppino e i tradimenti di Eduardo, che lasciò e poi tornò a Napoli, criticandola sul palco e tramutandola nel suo teatro a cielo aperto. “Raccontando la famiglia De Filippo si può raccontare l’Italia, quella fino agli anni Cinquanta, quella sana che riuscì a ricostruirsi” spiega Rubini. “C’è molta speranza nel modo in cui i De Filippo riuscirono a tirarsi su dopo la morte di Scarpetta”.

“Sapevo che anche Martone stava facendo il suo film (Qui rido io, ndr). Ma sono dell’idea che due registi, qualora dovessero girare lo stesso copione, farebbero comunque due film diversi. Il suo però era su Scarpetta, mentre la mia fissazione era raccontare la nascita del trio De Filippo, ma anche continuare fino allo scioglimento, quando i due fratelli hanno litigato. I fratelli termina nel ’31, con Natale in casa Cupiello… La mia idea all’inizio era di fare una serie televisiva, un lungo film”.

“Girerò la seconda parte della loro storia, fino alla separazione. Il pubblico voleva questi fratelli assolutamente uniti: scrivevano sui giornali, ‘il successo dei De Filippo è in blocco’. Ma loro si sentivano incastrati – ricorda Rubini – Peppino non sopportava l’ammiccamento agli intellettuali e alla politica di Eduardo. Eduardo non sopportava la perenne comicità di Peppino. Voleva il riso amaro, perché la vita è un miscuglio di generi, ne aveva bisogno per catturare la vita. E la gente sapeva che Peppino era il comico. A teatro doveva star fermo, qualsiasi cosa faceva sennò ridevano. Si sono sentiti liberi solo quando si sono sciolti. Anche Titina era in grande sofferenza, le venivano affidati personaggi piccoli”.

E infine, una lezione per gli aspiranti artisti. Eduardo De Filippo avrà pure tradito (Napoli perché l’ha criticata, il padre in quanto maestro…) “ma nel tradimento si consuma l’essenza dell’autore”.

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