Ballottaggi, al fischio finale 13 comuni nella sfida tra centrosinistra e centrodestra

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Domani, domenica 26 giugno, è la data in cui si decideranno le sorti delle partite elettorali rimaste aperte il 12 giugno. Si vota, dalle 7 alle 23, nei comuni superiori ai 15 mila abitanti in cui nessuno dei candidati è riuscito a superare al primo turno la soglia del 50 per cento dei voti. Dei 26 capoluoghi interessati, 13 andranno al ballottaggio. E sono: Catanzaro, Verona, Lucca, Parma, Piacenza, Viterbo, Frosinone, Alessandria, Cuneo, Monza, Como, Gorizia, Barletta. Il centrosinistra parte in leggero vantaggio. Sono 7, infatti, i capoluoghi in cui i candidati progressisti sono riusciti ad aggiudicarsi il primo turno. Occhi puntati su Verona, dove un centrodestra in preda alle divisioni interne potrebbe perdere una roccaforte storica. Si tratta, infatti, dell’unica città le cui sorti, da sole, potrebbero avere ripercussioni dirette sul piano nazionale. 

Centrodestra unito a Parma e Catanzaro, diviso a Verona 

A Catanzaro solo il ballottaggio è riuscito a riappacificare gli animi all’interno del centrodestra. La coalizione, infatti, lo scorso 12 giugno si era presentata spaccata: da una parte Valerio Donato (appoggiato da Lega e Forza Italia) e dall’altra Wanda Ferro, coordinatrice regionale del partito di Giorgia Meloni. La candidata di Fratelli d’Italia, reduce di uno scarso 9 per cento, ha deciso che sosterrà la candidatura di Donato che al primo turno si è posizionato in testa con il 44 per cento delle preferenze. Lo sfiderà il centrosinistra (Pd+M5s) di Nicola Fiorito, secondo con quasi 15 punti di distanza. 

Il Centro unito è come l’isola che non c’è: un grande ingorgo ma nessuno riesce a conquistarlo

A differenza del capoluogo calabrese, a Verona il centrodestra si presenta più litigioso che mai. Si fa largo dunque la possibilità che il candidato di centrosinistra, Damiano Tommasi,  possa strappare al centrodestra del sindaco uscente Federico Sboarina la capitale del conservatorismo italiano. Tommasi, cattolico-progressiata ed ex calciatore, è riuscito a far leva sulla spaccatura della coalizione avversaria, portandosi a casa il primo turno con quasi il 40 per cento dei voti. Un risultato figlio della spaccatura della coalizione che da anni regna sulla città. Lega e Fratelli d’Italia hanno deciso di appoggiare Sboarina, mentre Forza Italia ha puntato su Flavio Tosi, ex sindaco in rotta con il Carroccio. Una mossa che non ha giovato al candidato azzurro, arrivato terzo con il 28 per cento dei voti e escluso, per diretto volere di Sboarina, dall’apparentamento (un’alleanza formale) al secondo turno. Il fatto che neanche il ballottaggio sia riuscito ad unire la coalizione in una città come Verona è il sintomo di un centrodestra in affanno, le cui divisioni nel capoluogo veneto sono legate a doppio filo a quelle nazionali.

Tim Parks: “A Verona anche Garibaldi voterebbe per Tommasi”

A Parma l’ago della bilancia saranno i voti di Danilo Costi, civico appoggiato da Azione e arrivato terzo durante il primo turno. Il favorito è Michele Guerra, candidato sostenuto dal Pd e dalla lista del sindaco uscente Federico Pizzarotti che durante il primo turno è riuscito ad ottenere il doppio del candidato di centrodestra Pietro Vignali, appoggiato da Lega e Forza Italia. Un distacco consistente, che ha reso necessario l’apparentamento con Fratelli d’Italia, protagonista di una corsa solitaria e poco fortunata (Priamo Bocchi è riuscito a prendere poco più del 7 per cento). Il grande assente di questa sfida è il Movimento 5 stelle che, grazie a Pizzarotti, riuscì nel 2012 ad aggiudicarsi una delle prime città a guida grillina. Da tempo il sindaco uscente non fa più parte del M5s. La rottura ha impedito la formazione di una lista pentastellata da candidare alle elezioni. Ora Pizzarotti, finita l’esperienza amministrativa, potrebbe ricucire con una parte di quel mondo. Non a caso è considerato vicino al nuovo progetto politico nato dalla scissione orchestrata dall’ex capo politico Luigi Di Maio.    

A Carrara Italia Viva appoggia il centrodestra 

Al primo turno le coalizione si sono presentate più sfaldate che mai. Niente “campo largo” tra  Pd e Movimento 5 stelle e niente centrodestra unito, con Fratelli d’Italia e Forza Italia da una parte e la Lega dell’altra. Solo il Carroccio, attraverso il candidato Simone Caffaz, arriverà al ballottaggio. La particolarità sta nel fatto che lo farà con l’appoggio di Italia Viva, che nella città toscana al primo turno ha schierato il sottosegretario Cosimo Ferri. “Quelli del Pd non mi hanno voluto”, ha spiegato a La Repubblica. “Non vogliono scontentare la sinistra radicale”. Con un bottino di voti pari al 15 per cento delle preferenze, gli elettori Ferri potrebbero essere discriminanti per decretare la vittoria tra Caffaz e la candidata sostenuto dal Pd Serena Arrighi (quasi il 30 per cento al primo turno). 

Il caso Lucca, in gioco anche l’estrema destra 

Quello di Lucca è diventato un caso nazionale. Nei giorni scorsi il candidato del centrodestra unito Mario Padrini, arrivato secondo al primo turno, ha accettato l’apparentamento con il candidato di Casapound e No Vax Fabio Barsanti (9,5 per cento al primo turno). Non solo: il fatto anche che il candidato sostenuto da Azione (senza simbolo) abbia deciso di presentarsi con Padrini insieme all’estremità destra, ha spinto Carlo Calenda a ritirare l’appoggio al suo candidato in favore del dem Francesco Raspini. L’alleanza tra centrodestra e Casapound ha provocato anche l’addio di un parlamentare di Forza Italia. Elio Vito, da tempo in rotta con i vertici azzurri, ha motivato così il suo addio: “Antifascismo è un valore costitutivo della Repubblica rispetto al quale non vi può essere alcuna deroga”. 

Viterbo, sfida al femminile 

Per la prima volta nella storia della città si sfideranno due donne, entrambe under 40: la civica Chiara Frontini, 33 anni, arrivata al ballottaggio anche nel 2018, e la giallo-rossa Alessandra Troncarelli, 34 anni. Un unicum in questa tornata elettorale. Per due i motivi. Il primo: sia Troncarelli che Frontini sono tra le candidate più giovani che hanno corso al primo turno nei 26 capoluoghi. Il secondo motivo sta nel fatto che entrambe, ora, si sfideranno nella medesima città.Per Frontini si tratta del terzo tentativo: Troncarelli, che attualmente è assessora nella giunta di Nicola Zingaretti, è riuscita a circondarsi del campo largo tanto auspicato da Enrico Letta. La candidata di centrosinistra, infatti, ha potuto contare sull’appoggio del Pd (di cui è espressione diretta), del M5s e dei calendiani raccolti nella lista “Viterbo Sul Serio”. Non solo: Troncarelli si è insidiata nelle divisione interne al centrodestra, accaparrandosi quella parte di Forza Italia sganciatasi dal lista ufficiale per effetto delle sfiducia – orchestrata da FdI e Lega – ai danni dell’ex sindaco forzista Giovanni Arena, ora schierato con il Pd.  Saranno i voti del centrodestra a decretare la vittoria tra le due sfidanti.

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