Banca Carige, gli ex manager a volte ritornano: all’orizzonte Bper e Monte Paschi

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Bocciati o sfiduciati in Carige, ai vertici delle principali banche italiane coinvolte nel risiko che disegnerà i nuovi assetti del credito in Italia. Succede anche questo, attorno alla banca genovese che ha appena assistito alla fine dell’alleanza fra i suoi due primi soci, il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e Cassa Centrale Banca, con la seconda che rinunciato a esercitare l’opzione di acquisto delle azioni controllate dal primo. Piero Montani, per due anni amministratore delegato di Carige, è appena stato chiamato alla guida operativa di Bper, istituto molto attivo sulla scena del credito che potrebbe anche guardare a Genova per continuare a crescere. E il suo successore in Carige, Guido Bastianini, addirittura sfiduciato dal consiglio, è oggi al timone di Monte dei Paschi di Siena, banca associata sempre a Carige nell’ipotesi di dar vita a un polo allargato anche alla Popolare di Bari.

Montani da Carige a Bper

A volte, insomma, potrebbero anche ritornare. E’ il caso appunto di Piero Montani, rimasto fermo dal giorno della sua uscita da Carige e tornato oggi in scena come ceo di Bper. E’ il 2013 quando una Carige travolta dall’inchiesta giudiziaria che avrebbe portato all’arresto dell’ex presidente Giovanni Berneschi prova a ripartire. L’allora primo azionista, la Fondazione Ansaldo, sceglie di affidarsi per il nuovo vertice alla coppia Cesare Castelbarco-Piero Montani, il primo come presidente, il secondo come ad, figura che in Carige non era mai stata prevista fino a quel momento, visto che Berneschi riassumeva su di sé tutte le deleghe e i poteri.

 Castelbarco e Montani iniziano un lavoro di emersione di tutti i crediti deteriorati e di pulizia dei conti, rafforzando in parallelo il patrimonio. Due gli aumenti di capitale, il primo da 800 milioni, condiviso dagli azionisti, il secondo da 840 milioni, di fatto imposto dalla Bce dopo la bocciatura di Carige agli stress test. Nel 2015, un anno prima della scadenza del loro mandato, cambia però anche la proprietà di Carige, con la Fondazione Carige che cede gran parte del suo pacchetto alla Malacalza Holding, società che fa capo alla famiglia di imprenditori genovesi.

Prima della scadenza del mandato del consiglio, i nuovi azionisti presentano una lista dalla quale sono esclusi Castelbarco e Montani che si congedano così da Carige nel marzo del 2016 con l’approvazione del bilancio 2015, chiuso con un rosso di 100 milioni frutto solo di extracosti (50 al Fondo Interbancario per il sostegno pro-quota delle banche in crisi e 50 su ordine della Bce per svalutazioni si avviamenti delle società controllate). Montani esce di scena, Castelbarco tornerà sul fronte bancario nel 2018, come presidente di Banca Consulia. Nel frattempo, l’assemblea vota anche una causa civile contro gli ex amministratori per la cessione al fondo Apollo delle società assicurative che viene però respinta nel primo grado di giudizio.

Montani, a distanza di cinque anni, torna oggi protagonista del credito alla guida di una banca come Bper che non nasconde la sua volontà di crescere e che potrebbe anche guardare a Genova. Si vedrà.

Bastianini a Monte Paschi

Dopo di lui, nella primavera del 2016, in Carige arriva da Unicredit Guido Bastianini come ad, insieme al nuovo presidente Giuseppe Tesauro. Ma è un’esperienza che dura poco e che porta il consiglio di amministrazione a sfiduciarlo. Lui, Bastianini, resta nel consiglio ancora per un po’ e poi se ne va. A sostituirlo, la nuova proprietà chiama Paolo Fiorentino, che arriva alla scadenza del mandato dopo aver portato a termine un altro aumento di capitale da 540 milioni, ma si allontana progressivamente dal consiglio e dagli azionisti e si trova addirittura a capo della lista indicata dal patto che tenta di sfilare il controllo di Carige alla Malacalza Holding formato da Gabriele Volpi, Raffaele Mincione e Aldo Spinelli. In assemblea il patto è sconfitto, la banca resta sotto il controllo della holding genovese e al vertice arrivano Fabio Innocenzi come ad e Pietro Modiano come presidente. Dopo tre mesi esplode però lo scontro in assemblea, con gli amministratori che chiedono all’assemblea di votare un altro aumento di capitale da 400 milioni. Malacalza Investimenti, che in Carige ha già investito fino a quel momento oltre 400 milioni salvandola dal fallimento, replica chiedendo uno spostamento in là di qualche mese, il tempo necessario per conoscere i dati sull’esercizio 2018 e il reale peso dei crediti deteriorati. Ma non c’è accordo, si vota e la proposta degli amministratori è respinta. Il 2 gennaio 2019 Bce commissaria Carige e nomina Innocenzi e Modiano commissari (e con loro Raffaele Lener).

Addio alla fusione con i trentini

Il commissariamento si chiude dopo 13 mesi, quando a sottoscrivere il nuovo aumento di capitale da 700 milioni arrivano il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi e Cassa Centrale Banca. L’accordo è che sia Ccb ad acquistare le azioni del Fondo, diventando così il primo azionista. Ma dopo le pressioni di Bce ad accelerare la trattativa, Ccb fa un passo indietro. Carige resta al Fondo. Riparte la trattativa per trovare un nuovo alleato. Si ricomincia ancora una volta, come ormai da 8 anni a questa parte.

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