Barbie, oltre la bambola. Il messaggio del film di Greta Gerwig alle bambine di ogni età

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“Un film soprendentemente profondo” scrive Deadline all’indomani dell’uscita di Barbie, il film tormentone di quest’estate rovente, che nel weekend appena trascorso ha portato al cinema frotte di bambine, rigorosamente vestite di rosa in ossequio alla celebre bambola impersonata sul grande schermo dalla sempre ottima Margot Robbie. Bambine in rosa, accompagnate principalmente dalle mamme e da qualche sparuto papà e fidanzato: sintomo di quanto il sessismo legato ai giochi sia radicato. Un film che parla alle donne, e le mette di fronte a uno specchio per spingerle a riflettere, grazie alla bambola che più di tutte le rappresenta.

“Un film più filosofico ed esistenziale di quello che ci si sarebbe attesi da un franchise che affonda le sue radici in bambole di plastica diventate icone culturali alla fine degli anni cinquanta – prosegue il sito di critica cinematografica – un periodo un cui le bambine erano alla disperata ricerca di modelli, Barbie arrivò con il suo messaggio di indipendenza, che è il tema centrale del film”

Barbie è un film che sfida lo spettatore a riconsiderare la propria concezione delle norme e delle aspettative della società. “Pur essendo incentrato su un’entità di plastica, è un film sulla condizione umana, sui nostri punti di forza e sui nostri difetti. Ci ricorda che anche negli elementi più superficiali della nostra cultura può esistere una profondità inaspettata.”

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“Una favola femminista” la descrizione del film secondo l’inglese Guardian, che lo definisce “ingannevole blockbuster”. Un film che contemporaneamente celebra, fa satira e smonta Barbie. E soprattutto Ken e il suo delirio patriarcale.

“Può una bambola con un sorriso seducente, curve impossibili e tette pronte al decollo essere un’icona femminista?” si domanda il New York Times che scrive: “Per più di mezzo secolo, Barbie è stata, a turno, celebrata come giocattolo per le ragazze e esecrata come veicolo di messaggi di genere tossici e di ideali consumistici di femminilità. Se Barbie è stata da sempre un punto caldo della guerra culturale è perché la bambola incarna perfettamente le idee mutevoli sulle ragazze e sulle donne: le nostre Barbie, noi stesse.”

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“Barbie” è un film che prende come punto di partenza la sorellanza, un rapporto che si declina anche in quello tra madri e figlie: “Le mamme stanno ferme per permettere alle figlie, guardandosi indietro, di vedere quanta strada hanno percorso” dice la creatrice alla bambola, raccontandole di averla ideata per sua figlia Barbara. E’ l’immaginazione delle ragazze e delle donne che giocano con la bambola a darle una parvenza di vita, “tra queste immaginatrici c’è innanzitutto la stessa Gerwig –  annota il NYTimes, che conclude osservando: “come altri film legati ai temi del consumo, “Barbie” non può spingersi oltre. Questi film non possono danneggiare la merce, anche se non sono sicuro che la maggior parte degli spettatori lo vorrebbe; i nostri marchi, noi stessi, dopo tutto. Detto questo, la Gerwig riesce a fare molto all’interno dei parametri intrinsecamente commerciali del materiale.”

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Ennesimo plauso alla capacità della regista, infine da Alissa Wilkinson, una delle Top Critics della piattaforma Rotten Tomatoes: “Barbie nelle mani della Gerwig, insieme al suo co-sceneggiatore Noah Baumbach, è sornione e sovversivo come un film può essere.

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