Bastien Collard, erede Pol Roger: “La Francia non sia arrogante. I vini italiani sono fantastici”

Pubblicità
Pubblicità

MILANO. Settembre 2021. Dopo un’estate di semi-normalità, il Covid lascia tirare il fiato a un’Europa provata da un anno e mezzo di pandemia. Bastien Collard de Billy, 35 anni, rampollo della famiglia Pol Roger, è entrato da un anno nella prestigiosa maison di champagne. Spetta a lui l’onore e l’onere di compiere il rito: contattare il nipote di sir Winston Churchill, Mister Randolph Churchill, uomo d’affari inglese dedito agli affari di famiglia che comprendono anche curare il Memorial Trust e gli enti di beneficenza intitolati al nonno, per chiedere “il permesso” al lancio dell’etichetta più prestigiosa dell’azienda fondata da Pol Roger nel 1849: Cuvée Sir Winston Churchill, annata 2013 (in uscita nel 2022).

Bastien Collard de Billy 

“Ci siamo sentiti su Zoom e ci siamo messi d’accordo per incontrarci a Londra perché non ci siamo mai visti – racconta al Gusto, Bastien Collard, primo membro della sesta generazione della famiglia Pol Roger – Ogni volta che realizziamo una Cuvée Sir Winston Churchill, ci vediamo con la famiglia per ottenere la “benedizione” sul nostro vino. Finora le annate prodotte sono state 19 (non esce tutti gli anni, ndr), la prossima, la 2013, sarà sul mercato a primavera. Il nostro è un accordo fra gentiluomini – prosegue Collard – Significa che non ci sono royalty, e noi possiamo usare la foto di Churchill senza problemi: lui amava profondamente il nostro champagne e la sua famiglia apprezza il fatto che noi siamo molto rispettosi. Non facciamo marketing spinto, la Cuvée è un prodotto che riflette il nostro mood ed è un tributo del vino a un grande personaggio”.

Collard (Pol Roger): “La Francia non sia arrogante, i nostri vini non sono migliori di quelli italiani”

Un legame, quello tra il grande statista inglese e la maison di Epernay, che risale alla prima metà del ‘900, quando lo champagne Pol Roger era già molto popolare nel Regno Unito, grazie alla lungimiranza dello stesso fondatore che aveva intuito che, per conquistare il gusto britannico, era necessario produrre una bollicina più secca e meno dolce. Churchill era così appassionato di quelle etichette che festeggiò la fine della II Guerra Mondiale con il Vintage 1928. Ma a cementare i rapporti fra le famiglie fu l’amicizia dell’allora primo ministro britannico con Odette Wallace, moglie di Jacques Pol-Roger. Nei decenni a seguire, il legame non s’è mai incrinato. E oggi spetta all’erede Bastien Collard portare avanti la tradizione. Lo abbiamo incontrato a Milano, l’occasione per fare il punto sul mercato delle bollicine, sul futuro della stessa maison e sul rapporto Francia Italia che, secondo il giovane manager, deve essere paritario: “La Francia non deve essere arrogante, e deve stare attenta a non alzare troppo i prezzi. I vini italiani sono favolosi“.

Winston Churchill e Odette Wallace, moglie di Jacques Pol Roger 

Qual è l’obiettivo del suo lavoro, e che impronta darà a Pol Roger?

“Il mio background è il diritto, sono un avvocato d’affari, ho lavorato 3 anni a Parigi, nella multinazionale Penord Ricard, al dipartimento del diritto commerciale e finanziario. Poi sono stato chiamato dalla famiglia e dall’amministratore delegato per entrare in azienda. Dal 1997, gli affari sono gestiti da un ceo esterno, ma la proprietà è per quasi il 100% della famiglia perché l’obiettivo condiviso è che la Pol Roger debba assolutamente restare un business familiare, è parte della nostra identità. Il mio obiettivo è aiutare il ceo e il segretario generale dell’azienda nella finanza, nell’aspetto giuridico e in tutto il backoffice: da fuori, non si ha idea di quante cose si debbano fare nell’organizzazione dietro le quinte! Avrò anche il ruolo di export manager, il che vuol dire portare la bandiera di Pol Roger in diversi Paesi, compresa l’Italia. I principali, fra i nuovi, sono Australia, Usa, parte dell’Asia, Nuova Zelanda e Sud Corea. Ciò per me vuol dire avere una visione a 360 gradi. Se si guarda alla produzione dei vini, ogni generazione ha portato qualcosa di suo, provando ad adattarsi alle nuove tendenze del mercato. Mio nonno, contro l’opinione del mio bisnonno Maurice Pol Roger, a partire dal 1961, decise di lanciare le annate rosé nel portfolio, mio zio Aubert de Billy, quinta generazione, portò lo 0 dosage 2001. A essere onesti, non so se il mio contributo sarà un nuovo vino, ma più una nuova visione. Motivo per cui la mia famiglia mi ha incoraggiato a fare prima un’esperienza fuori dall’azienda per poi portare all’interno una visione più ampia del business. Quindi, per prima cosa, introdurrò la mia cultura “corporate” in Pol Roger in termini di organizzazione. Riguardo i mercati e le vendite, il mio lavoro sarà mantenere l’attuale qualità di distribuzione a livello internazionale il cui livello si è alzato molto a partire dal 1997: sotto l’influenza del presidente Patrice Noyelle e poi del ceo Laurent d’Harcourt, abbiamo ristrutturato completamente la distribuzione. Pol Roger è un marchio con una cultura precisa: quella dei vini eleganti. Sono fondamentalmente due i canali di vendita: le bollicine in generale, dove si punta più sui volumi, e il mercato dei vini di pregio (fine wine, ndr) che è più vicino ai grandi Borgogna e Bordeaux, dove c’è un approccio più discreto, pensato per i veri wine lover. Il mio ruolo è mantenere stabile Pol Roger nel mercato dei fine wine. E la terza parte della mia mission è anche assicurarmi che la maison sia ben posizionata nel marketing e nella comunicazione”.

Il fascino delle vigne di Pol Roger nel cuore dello Champagne: la produzione è di 1,8 milioni di bottiglie all’anno 

Centosettant’anni di storia non sono pochi. Qual è il segreto del successo dei vostri champagne?

“Noi siamo percepiti come un brand “old fashioned”, ma è parte della nostra identità e questo stile fa tendenza tra i consumatori. È l’immagine che ha il nostro Winston Churchill. Il politico inglese era un tipo molto all’antica, quando pensi a lui ti viene in mente una certa immagine istituzionale del Regno Unito, ma di fatto in Francia Churchill è ancora sulla cresta dell’onda perché ha uno stile classico non connesso alle mode, che si può adattare alle sfide odierne. Pol Roger è come una macchina tedesca, hai presente quando pensi alla Bmw? Sai dove stai andando, sai esattamente cosa hai nel bicchiere, senza sorprese: una qualità molto alta e con un’identità molto forte. Sicurezza, qualità e accessibilità: questo è il successo di Pol Roger. Il mio obiettivo è trovare sempre questo compromesso senza rinunciare alla nostra identità. E mantenere saldo il rapporto che abbiamo da tanti anni con la famiglia reale, oltre a quello con la famiglia Churchill, è parte della sfida”.

I francesi non sono gelosi di questo rapporto speciale col Regno Unito?

“Sì, lo sono! Siamo la maison di champagne più “britannica”, è vero, e non è una cosa molto nuova, lo stesso Pol Roger iniziò il suo lavoro con la Gran Bretagna. Quando nella seconda metà del XIX secolo fondò l’azienda cominciò subito a spedire nel Regno Unito bottiglie dal sapore più secco andando incontro al gusto dell’epoca dei britannici che preferivano uno champagne meno dolce rispetto a quello che andava all’epoca. E questo è il motivo per cui gli inglesi iniziarono a essere il nostro mercato principale”.

La cantina Pol Roger è una delle più prestigiose della regione dello Champagne: è stata fondata nel 1849 

E il mercato italiano che ruolo ha nella sua azienda?

“E’ fondamentale: esportiamo 93mila bottiglie. Nel 2021 c’è stato un incremento del 60% rispetto al 2019, quando di bottiglie ne vedevamo 45mila. Il merito è anche del meraviglioso lavoro che stiamo facendo con Compagnia del vino: abbiamo trovato esattamente l’importatore di cui noi abbiamo bisogno, accrescendo in modo significativo la nostra presenza in Italia, che attualmente è il nostro 6°-7° mercato”.

Chateau Pol Roger ad Epernay 

Si riuscirà nei prossimi anni a sforare quota 100mila bottiglie esportate in Italia?

“Non abbiamo obiettivi sui volumi, la grande sfida quotidiana è di mantenere alta la qualità del vino. Il punto è che non riusciamo a soddisfare tutti i mercati con tutti i volumi di cui avremmo bisogno. È una questione di equilibrio: a volte abbiamo dei Paesi – ed è il caso dell’Italia – che sarebbero molto felici di avere più bottiglie di quelle che ricevono. Tutto gira intorno alla nostra capacità di distribuirle. Oggi stiamo espandendo la produzione e siamo in grado di soddisfare il mercato italiano. Tuttavia, noi non vogliamo essere ovunque ma nei Paesi e nei posti top, che riflettono la nostra cultura. La richiesta in Italia è alta e prima esportavamo meno bottiglie perché la nostra produzione era un po’ più piccola e perché c’erano altri Stati che chiedevano di più, adesso stiamo crescendo e possiamo fare di più. Durante il Covid tutti i mercati esteri sono cresciuti eccetto il Giappone e noi ci siamo adattati. Siamo un marchio di lusso e la domanda è elevata perché la gente sa che facciamo un prodotto artigianale di alta qualità e io vorrei accrescerla. Il fatto che in Italia e in generale nel mondo il mercato delle bollicine sia così fiorente mi incoraggia a fare ancora meglio”.

Perché Pol Roger adesso è così famosa ora Italia?

“Dipende dal fatto che condividiamo l’amore per i fine wine, abbiamo la stessa cultura: l’Italia è il più grande esportatore di vino al mondo, ha vini fantastici in termini assoluti. I miei preferiti? Antinori, un po’ tutta la gamma ma soprattutto Bolgheri, e il Sassicaia”. 

Che ne pensa della rivalità Italia-Francia?

“Sono molto appassionato di vini italiani, il prestigio dei due Paesi è uguale. La Francia beneficia moltissimo dall’avere un’unica denominazione per lo champagne. In secondo luogo, gode della possibilità di creare vini molto rari in termini di volume come accade in Borgogna. Credo che il prestigio sia connesso alla bassa quantità di vino, penso a Romanée-Conti per esempio: è qualcosa di veramente unico. Ma ritengo che i vini italiani siano altrettanto prestigiosi e la Francia deve stare molto attenta a non essere troppo arrogante. Cito l’esempio di Bordeaux che ha sofferto in questi ultimi anni perché alcuni produttori bordolesi hanno esagerato con i prezzi, a volte non adeguati alla qualità, e l’hanno pagata molto cara. Anche prima di unirmi al business di famiglia, ho sempre pensato che il caso di Bordeaux fosse un campanello d’allarme anche per lo Champagne. E specialmente oggi, con la competizione che c’è nel mercato delle bollicine, non si deve essere presuntuosi ma restare focalizzati sulla qualità, perché quello che è successo a Bordeaux potrebbe accadere allo stesso modo allo Champagne. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di solidarietà fra le maison e fra gli enologi in modo da essere più forti. E non si può esagerare con i prezzi. Pol Roger è nota per avere una politica dei prezzi molto chiara e corretta. Onestamente oggi certe bottiglie Sir Winston Churchill – e si parla già di un bene caro – potrebbero essere vendute al doppio o al triplo, senza problemi. Ma noi restiamo “ragionevoli” e i nostri clienti ci sono riconoscenti e fedeli. È una cosa a cui teniamo molto nel rispetto della nostra identità. Se in azienda venisse un esperto di finanza si renderebbe subito conto che ci sono ampi margini per aumentare i prezzi, ma non vogliamo farlo”.

Il primo ordine di champagne di Churchill a Pol Roger 

La fama di Pol Roger è strettamente connessa alla collezione delle Cuvée Winston Churchill, ma negli ultimi dieci anni, diciamo dal 2012 to 2021, quali sono le migliori annate per lo champagne?

“Abbiamo avuto almeno dal 2000 – eccetto il 2017 – una successione di annate favolose, penso alla 2000, 2002, 2004, 2006, 2008, 2009 e 2010, non male nemmeno la 2011, molte buone 2012 e 2013; certo abbiamo dovuto affrontare difficoltà. Veniamo agli ultimi dieci anni: la 2013 è perfetta per l’invecchiamento, la 2015 abbastanza buona; quanto alla 2017 è stata un’annata durissima; ci aspettiamo che la 2018 sia interessante. Quanto all’ultima, la 2021, è presto per dirlo. Di certo si presenta come un’annata particolare, con volumi meno importanti che però non vuol dire bassa qualità, anzi. Vedremo, a volte la vendemmia ti fa penare ma poi la qualità ti sorprende. Venendo alla Cuvée Churchill, non la facciamo tutti gli anni. Il suo blend è segreto, posso dire che è a base di Pinot Noir con un tocco di Chardonnay che varia in base all’intensità del Pinot Noir perché ha il compito di bilanciarlo: maggiore è la forza del Pinot Noir più Chardonnay avremo, e viceversa”.

Pinot Nero o Chardonnay, lei cosa sceglie?

“Non ho preferenze. Il Pinot Noir incarna la nostra principale identità, ma il nostro Chardonnay in purezza non ha nulla da invidiare: il mio prozio Christian Pol Roger lo definì il nostro “diamante liquido”, un vino eccezionale, realizzato con le migliori uve”.

Quali sono gli effetti del cambiamento climatico sullo champagne? Lo Chardonnay è più fortunato del Pinot Noir?

“Il riscaldamento globale è una chance per lo champagne, non per il mondo, ne abbiamo consapevolezza, ma nella nostra regione vitivinicola l’aumento delle temperature aiuta a raggiungere la maturità delle uve meglio di sempre. Forse per il futuro lo Chardonnay sarà privilegiato ma non siamo preoccupati perché Pol Roger possiede le migliori aree dove cresce il Pinot Noir”.

La Pol Roger è nota per i lunghi affinamenti degli champagne 

Pol Roger è nota per i lunghi affinamenti degli champagne, ma oggi il gusto dei consumatori va verso la freschezza. Vi adeguerete?

“Non è la nostra identità e noi non vogliamo deludere i nostri clienti: Pol Roger è più orientato alla robustezza che non all’acidità e freschezza. Per fare un esempio, una bottiglia di Brut Reserve affina almeno 3-4 anni sui lieviti e resta altri sei mesi in cantina in bottiglia dopo la sboccatura; le annate affinano 6-7 anni e la Cuvée Churchill 10 anni. Così facendo, quando arriva sul mercato il vino è perfetto”.

Ultimamente in Champagne è in voga inserire il numero della parcella in etichetta. Che cosa pensa di questa tendenza?

“L’idea di Pol Roger – che è parte della nostra identità – è di non seguire sempre le tendenze. Ciò comporta che talvolta abbiamo perso parte dei nostri clienti, e ne abbiamo presi altri. Ma noi siamo sempre gli stessi. La tendenza delle parcelle in etichetta è legata al fatto che oggi i consumatori sono abituati ad avere accesso a tutte le informazioni, e così molti enologi si sono adattati e inseriscono una raffica di informazioni in etichetta per poter fare la differenza e avere nuove storie da raccontare. Noi pensiamo che sia una tendenza e che, come tale, possa cambiare, sparire. E non è nel nostro mood inserire tutte le informazioni, non è questo il nostro obiettivo. Noi ci adattiamo al mercato ma non vogliamo dipendere dalle mode”.

Bastien Collard de Billy ha 35 anni: è entrato nell’azienda di famiglia nell’ottobre 2020 

Pol Roger è più una maison o un brand?

“Siamo una maison. Abbiamo 92 ettari che sono la metà delle nostre vigne. Perciò nel mercato siamo posizionati fra le grandi maison, ma con la cultura di vigneron, cioè di persone che non solo commerciano, fanno concretamente il vino. E mantenere questa immagine è molto importante in Champagne. All’inizio, al tempo di Maurice e George Pol Roger, figli di Pol (sono loro ad aver legato il nome “Pol” al cognome Roger, ndr), eravamo proprietari di soli 10 ettari; è stato mio nonno Christian De Billy che dal 1949 cambiò la cultura aziendale: non più negociant ma anche proprietari, per questo iniziò ad acquistare ettari vitati fino ad arrivare agli attuali 92”.

Pubblicità

Pubblicità

Go to Source

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *