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Beata gioventù, la Champions ad alta velocità. Ormai l’Italia viaggia in seconda classe

Più di un commentatore, durante e dopo il recupero di Serie A Juve-Napoli, aveva deciso di osare: sì, finalmente anche in campionato si è vista una partita con ritmi da Champions. Peccato però che il sempre ricco palinsesto televisivo offrisse, a nemmeno mezz’ora dal fischio finale a Torino, Bayern-Psg: una sfida in cui, dopo nemmeno tre minuti di gioco, si era già visto il primo dei due gol di Mbappe. Dall’Allianz Stadium all’Allianz Arena è cambiato tutto: l’azzardo di chi si era esaltato per Juve-Napoli non ha pagato, la vicinanza temporale tra le due partite ha ricordato ancora una volta, e in maniera che più brutale non si potrebbe, che il calcio italiano viaggia in seconda classe quando in Europa si punta sull’alta velocità. E che per vincere la Champions serve sì l’esperienza dei cosiddetti senatori, ma anche la freschezza delle nuove leve. Un fattore in cui le squadre nostrane sono drammaticamente carenti.

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Un diverso concetto di gioventù

Il migliore in campo nel recupero della terza giornata di Serie A, Federico Chiesa, è quanto di più vicino al concetto di “giovane sì, ma già pronto” si riesca a concepire nel Belpaese dei mammoni. Eppure lo juventino va per i 24 anni e in Europa a quell’età sei già considerato adulto. Prendere nota: nei quarti di Champions, sono stati decisivi Mbappe e Mount (22 anni), Vinicius jr. e Foden (20). Nella sfida al Manchester City di Guardiola, il tecnico del Borussia Dortmund Terzic non si è fatto problemi a lanciare dal primo minuto il 17enne Bellingham e il 19enne Knauff, quest’ultimo alla sua prima da titolare con la maglia giallonera. E il capocannoniere della coppa dalle grandi orecchie è Haaland, che quando il miglior marcatore in Italia CR7 faceva il debutto nella Serie A portoghese (29 settembre 2002) sapeva a malapena reggersi in piedi (è nato il 21 luglio 2000).

Italiane da record per età media

Ma c’è un dato che più di tutti restituisce la vastità del problema: nella classifica delle 50 formazioni con l’età media più bassa schierate in questa edizione della Champions, troviamo tre volte il City e il Dortmund, due il Liverpool e il Chelsea. Dell’Italia nessuna traccia, ma basta capovolgere il punto di vista ed ecco il trionfo del tricolore: Juve tre volte presente nei 50 schieramenti più vecchi, Inter due, Atalanta una, Lazio addirittura sette. Il poco invidiabile record di squadra più anziana della Champions 2020/21 lo detiene l’undici titolare scelto da Conte in casa contro il Borussia Monchengladbach: età media 30,9, con il 23enne Barella unico under 25 in campo dal primo minuto.

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Le big non credono nei Duemila

Le apparizioni dei classe 2000 nelle grandi della Serie A sono poco più che episodiche: chi fa meglio, perché è il club che più di tutti ha puntato sul ringiovanimento della propria rosa, è il Milan, con Tonali (2000), Kalulu (2000) e Maldini jr (2001). Nella Juve, se si eccettua Kulusevski (2000), Pirlo ha concesso le briciole a Fagioli (2001) e Dragusin (2002). Nell’Atalanta di Gasperini c’è stato spazio solo per Sutalo (2000) e Ruggeri (2002), nella Roma per Kumbulla (2000), Reynolds (2001) e Calafiori (2002). Male il Napoli – l’unico è il 18enne Cioffi, in campo per soli undici minuti – , malissimo l’Inter – i più giovani utilizzati da Conte sono Bastoni e Pinamonti (1999) – e la Lazio, in cui il più “verde” schierato in stagione da Inzaghi è stato il 24enne Luiz Felipe. E così, mentre altrove i Foden e i Vinicius jr. – ma anche gli Ansu Fati e i Pedri, i Rodrygo e i Musiala – giocano e segnano e si preparano a diventare i senatori del domani che insieme ai nuovi giovani continueranno a dare la caccia ai trofei, l’Italia che non è un Paese per giovani resta a guardare. E si illude che Juve-Napoli assomigli a un quarto di finale di Champions.



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