Belgio, Shanti De Corte morta d’eutanasia a 23 anni per depressione: sopravvissuta alla strage di Bruxelles, non si era mai ripresa

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Emotivamente distrutta da una strage a cui era fisicamente sopravvissuta, Shanti De Corte, una ragazza belga di 23 anni, è morta di eutanasia. La magistratura belga l’ha consentito in virtù di una tra le legislazioni più aperte al mondo sulla questione del fine vita.

L’attentato del 2016 a Bruxelles

Shanti, una ragazza fiamminga di Anversa che sei anni fa scampò miracolosamente all’attentato avvenuto all’aeroporto di Bruxelles-Zaventem e rivendicato dall’Isis, non ha mai superato il trauma psichico subito in seguito all’esplosione della bomba nell’area dei check-in dello scalo aereo della capitale belga. Già da prima, hanno ricostruito i media locali, la ragazza soffriva di problemi psicologici, ma lo shock subito con l’attentato aveva aggravato la sua condizione rendendogliela insopportabile.

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Il 22 marzo del 2016 Shanti, insieme a una novantina di compagni della sua scuola – il collegio di Santa Rita di Kontich, in provincia di Anversa – stava per imbarcarsi per Roma per celebrare la fine del ciclo di studi medi superiori.

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L’appuntamento con il destino era fissato per le 7.58 di quella mattina, quando la prima delle due bombe portate nell’aerostazione da attentatori kamikaze esplose a pochi metri dalla ragazza. Lasciandola però miracolosamente illesa in un panorama pieno di morte e distruzioni: le vittime dell’attacco all’aeroporto furono 16, più i due attentatori e tantissimi feriti. Tra le vittime c’erano anche alcuni suoi compagni di scuola. Da allora quello di Shanti è stato un vero e proprio calvario, fuori e dentro l’ospedale psichiatrico: vittima di abusi sessuali, imbottita di antidepressivi e psicofarmaci.

La scelta dell’eutanasia

La scelta più difficile, quella di chiedere l’eutanasia, è giunta a compimento il 7 maggio scorso quando ha detto definitivamente addio alla vita con i suoi genitori al capezzale. Da anni era tormentata da incubi: “Ho riso e pianto fino all’ultimo giorno”, ha lasciato scritto sul suo profilo Facebook. “Ora me ne vado in pace.
Sappiate che già mi mancate”.

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Le polemiche

Il caso è stato portato alla ribalta adesso per le critiche mosse alla concessione dell’eutanasia da un rinomato neurologo belga. Ma la commissione federale responsabile del controllo sull’eutanasia ha per ora chiuso il caso affermando che la legge è stata pienamente rispettata e che la ragazza “era in un tale stato di sofferenza mentale che la sua domanda è stata logicamente accettata”.

Il caso di Godelieva de Troyer

Nei giorni scorsi proprio in Belgio ha fatto scalpore una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo secondo cui l’eutanasia concessa a una donna di 64 anni affetta da depressione clinica ha violato l’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che tutela il diritto alla vita.

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“La Corte ha dichiarato che la violazione si è verificata quando la Commissione federale belga per il controllo e la valutazione dell’eutanasia non ha esaminato in modo adeguato le circostanze che hanno portato all’eutanasia, sottolineando anche la mancanza di un’indagine penale tempestiva dopo il fatto”, scrive Aleteia riportando i dettagli del caso, avvenuto nel 2012, in cui Godelieva de Troyer ha ricevuto un’iniezione letale a causa della sua diagnosi di “depressione incurabile”, un epilogo contestato dal figlio Tom Mortier secondo cui la madre “ha sofferto di depressione per tutta la vita, anche se godeva di ottima salute fisica”.

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Sul dibattito circa il fine vita è nuovamente intervenuto, di recente, anche papa Francesco. Rispondendo ai giornalisti durante il volo di ritorno dal Kazakistan ha ribadito la posizione della Chiesa fermamente contraria: “Uccidere non è umano. Punto. Se tu uccidi con motivazioni – ha detto – alla fine ucciderai sempre di più. Uccidere lasciamolo alle bestie”.

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