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Berlusconi e il finto complotto della sentenza Mediaset, ultimo duello davanti al gip di Napoli

Il complotto inesistente, ovvero la lunga vicenda della sentenza dei diritti Mediaset che vide la conferma della condanna in Cassazione per Silvio Berlusconi (4 anni: con l’accusa di frode fiscale) fu disseminato di mistificazioni. E di testimoni singolari: o colti subito in “casa”, nello stesso entourage di Forza Italia, come nel caso dei tre dipendenti delle imprese del senatore Fi Domenico De Siano, che accusarono l’allora presidente che firmò la sentenza, Antonio Esposito; o presentati e lanciati post-mortem, come nel caso del giudice Amedeo Franco (scomparso due anni fa), che si fece registrare mentre diceva che quel verdetto “era stata una porcheria” . Senza mai rivelare tuttavia che proprio lui, Franco, giudice di quel collegio, era stato sonoramente scoperto dai colleghi –  come rivelò Repubblica il 23 luglio 2020 –  mentre provava a registrare, un unicum nella storia della corte suprema, le parole della camera di consiglio.

Clamorosa la scena ricostruita dal nostro giornale: Franco che scappa in bagno mentre si inceppa il registratore che ha attivato in tasca, e i colleghi che, insospettiti da quel gracchiare, lo inseguono e trovano il piccolo dispositivo a poca distanza dal lavello. Inquietanti fatti su cui torna stasera Report, su Raitre, ore 21.20 il programma condotto da Sigfrido Ranucci con l’articolata inchiesta di Luca Chianca. Ma sarà il Gip di Napoli, tra pochi giorni, a dirimere una delle puntate del grave caso giudiziario.E’ quella che riguarda i lavoratori Giovanni Fiorentino, Domenico Morgera e Michele D’Ambrosio, tutti e tre legati a De Siano, interrogati dall’avvocato della difesa Berlusconi, Bruno La Rosa. Tutti e tre  scaraventano su Esposito, che ha avuto la sventura di andare a villeggiare in uno degli hotel di proprietà di De Siano, le accuse di “pregiudizi” del magistrato contro l’ex premier, etichettato – a loro dire – con insulti dinanzi a loro. Tuto materiale che da ben sette anni, dal 2014, pende dinanzi alla Corte europea per i diritti dell’uomo: dove l’agguerrito collegio della difesa di Berlusconi ha depositato il materiale che proverebbe che l’ex premier fu condannato con una sentenza, a loro dire, “politica”.   

A Napoli, invece, il 12 maggio prossimo, proprio sulle parole dei tre testimoni pro-Berlusconi, il Gip dovrà decidere se accogliere la richiesta di archiviazione del pm, oppure se dare ragione all’opposizione della difesa del giudice Esposito. Che contesta una serie di contraddizioni e di incongruenze sia sulla sostanza, sia sulle modalità di raccolta delle parole di quei tre cittadini ischitani, tanto legati al senatore forzista, che puntano il dito contro l’allora presidente del collegio che condannò il Cavaliere.  

Una incredibile storia all’italiana , si potrebbe dire, di come provare a costruire una contronarrazione di quella sentenza: su cui ha indagato anche la Procura di Roma, che solo qualche mese fa ha notificato un avviso di chiusura indagini a carico dei giornalisti de Il Riformista e di casa Mediaset, con le ipotesi di diffamazione contro il giudice Esposito, inchiesta portata avamti dall’aggiunto Paolo Ielo con il procuratore capo Michele Prestipino.

Una vicenda che viene dettagliatamente ricostruita da Chianca, per Report. Il giornalista Rai si è messo sulle tracce dei testimoni, scoprendo che poi alcuni smentiscono, altri vengono indagati e una donna è condannata per falsa testimonianza. Tornano gli audio di cui è protagonista anche il giudice  Franco, che – all’indomani della sentenza – va a Palazzo Grazioli dal Cavaliere. Report è entrato in possesso dell’audio originale di quelle conversazioni, alcune inedite. IN una di queste, Berlusconi dice:  “E’ andato Gianni Letta da Santacroce e ci ha detto ‘Ormai avete quel collegio lì e ve lo tenete’ ”. L’ex premier si riferisce al contatto che il suo fedelissimo sottosegretario di Stato, Gianni Letta, avrebbe avuto con l’allora presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce,  anche lui scomparso. E si sente ancora Berlusconi che dice: “Il procuratore della Cassazione andiamo a toccarlo con un nostro amico”. Evidente che, al di là delle intenzioni dell’entourage berlusconiano di avvicinare l’allora sostituto procuratore generale, oggi Pg della Cassazione, Antonio Mura, nessuno poté far breccia in un varco considerato insormontabile.

Si conferma poi un’altra circostanza: se l’avvocato Franco Coppi avesse chiesto il rinvio, la sentenza e quel materiale incandescente sarebbe passato in Cassazione in mano alla presidenza di Gennaro Marasca: a lungo autorevole esponente della fu Md, integerrimo magistrato, oltre che ex assessore bassoliniano.

Compaiono poi le interviste video inedite ai tre giudici che facevano parte di quel collegio: Ercole Aprile e Claudio D’Isa, oltre al giudice Esposito,  raccontano di quel gesto di Franco. L’intenzione, verosimilmente, era di immortalare per sempre quella camera di Consiglio. Franco spinse il pulante di quel registratore. Per quale motivo, lo fece? Soprattutto: a vantaggio di chi? Con ogni probabilità, non lo sapremo mai.      



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