Berrettini non è cinico e Luda non è cattiva

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Troppo a lungo mi sono chiesto come facessero i cronisti di tennis spagnoli e svizzeri a non annoiarsi, giorno dopo giorno, anno dopo anno, a furia di raccontare le mirabolanti imprese di Nadal e di Federer. O se non temessero di annoiare i loro lettori con i toni talvolta inevitabilmente enfatici. “Forse – pensavo – sperano in qualche sconfitta in più, così di tanto in tanto possono cambiare registro”.

Seppure in misura ridotta, il problema adesso si presenta anche a noi giornalisti italiani. Per esempio, cosa possiamo dire di già non detto su Matteo Berrettini quando batte lo spagnolo Alejandro “Alex” Davidovich Fokina, 23 anni, al quinto set (3-6 7-6 6-3 4-6 6-2 in 3 ore e 46 minuti) nonostante le condizioni non perfette? A me sovvengono soltanto aggettivi – solido, resiliente, tattico, intelligente – ai quali corrispondono qualità evidenti misurabili in termini di risultati.

Poiché avete sicuramente letto i resoconti del match italo-spagnolo, non mi avventuro su questo terreno. Mi limito a invitarvi a diffidare di quanti sottolineano con enfasi la circostanza dell’infortunio subito da Alex al termine nel quinto set, quando Matteo era già in ampio vantaggio. Le ridotte capacità di movimento del numero 28 ATP sono state compensate dall’imbarazzo dell’azzurro numero 15 nel ranking in tempo reale. So infatti per certo che l’allievo di Vincenzo Santopadre non è (fortunatamente) dotato del cinismo suggerito da qualcuno, quasi fosse un dovere professionale infierire su un avversario in difficoltà per motivi non agonistici. Matteo avrebbe prevalso comunque, con o senza il ruzzolone di Alex, perché la sua forza è soprattutto mentale ed è emersa nei momenti difficili superati nel primo set e tutte le volte che Davidovich Fokina s’è trovato a imporre i propri ritmi. Lì Berrettini ha costruito le riscosse successive: non a caso da quasi dieci anni lavora con un eccellente mental coach, il romano Stefano Massari, il cui contributo s’intravede sullo sfondo in partite complesse come quella di oggi.

La complessità tende a crescere quando si avanza in un torneo. Nei quarti di finale l’avversario di Matteo sarà Casper Ruud, che oggi ha faticato appena più del previsto ad aver ragione del francese Corentin Moutet, proveniente dalle qualificazioni come lucky loser (6-1 6-2 6-7 6-2). Il norvegese, 23 anni, finalista all’ultimo Roland Garros e numero 4 nella classifica mondiale virtuale, sta confermandosi competitivo su tutte le superfici. Il lavoro di preparazione di Santopadre a New York e di Massari a distanza sarà molto intenso nelle prossime ore.

A fine giornata è probabile che Matteo e Casper abbiano seguito in tv il match tra Daniil Medvedev, campione uscente degli Us Open, e Nick Kyrgios, finalista in luglio a Wimbledon. L’australiano ha travolto il russo in quattro set: 7-6 3-6 6-3 6-2. Non ho visto la partita e quindi non faccio commenti né tantomeno previsioni, che peraltro sarebbero assai azzardate in un contesto tanto fluido e incerto.

L’ho già scritto tempo fa su Monday’s Net ma mi va di ribadirlo: se avessimo lo ius scholae, in queste settimane avremmo celebrato, noi italiani, “Luda” Samsonova che, con le sue quattordici vittorie consecutive sull’hard americano, è ormai una delle protagoniste assolute del circuito femminile. L’avremmo potuta celebrare perché, come raccontai un paio di anni fa su Tennis Italiano, “Liudmila (il nome si scrive con la i e non con la j, assicura la diretta interessata) è di nazionalità russa ma è cresciuta in Italia, s’è formata tennisticamente e s’allena in Italia, ha rappresentato per quattro anni l’Italia nei tornei giovanili e anche nel circuito WTA. Ha perfino un leggero accento laziale”. Solo l’ottusità della politica e della burocrazia di casa nostra, che non le ha concesso per tempo il diritto di rappresentare l’Italia con orgoglio, ci sottrae la soddisfazione di gioire tutti insieme per i suoi successi. Anche i genitori di Davidovich Fokina, Edvard e Tatiana, sono russi, e non vale l’obiezione che Alex è nato in Spagna contrariamente a Luda che è arrivata in Piemonte in fasce: questa condizione, semmai ci fosse,  non cambierebbe alcunché in quanto in Italia non esiste nemmeno lo ius soli

Oggi Luda, 23 anni, ha ceduto ad Alja Tomljanovic in due set (7-6 6-1) non sfruttando la superiorità sfoggiata per quasi un’ora e gli otto set point: il suo unico limite sembra la carenza di cattiveria, che è la massima forma agonistica di determinazione. Non è sempre così. Nei primi turni a Flushing Measows aveva mandato fuori tabellone, in sequenza, la ceca Sara Bejlek, la canadese Leylah Anne Fernandez, finalista nel 2021, e la serba Aleksandra Krunic. Il 27 agosto a Cleveland aveva ridicolizzato in finale (6-1 6-3) la bielorussa Aliaksandra Sasnovich, mentre all’inizio mese s’era aggiudicata il Citi Open di Washington battendo all’ultimo atto l’estone Kaia Kanepi (4-6 6-3 6-3) dopo avere eliminato nei turni precedenti giocatrici del calibro di Elise Mertens ed Emma Raducanu.

Oggi le cose girano diversamente. All’inizio la croato-australiana numero 40 WTA sembra doversi riprendere dai postumi dell’ubriacante successo con il quale è stata sancita l’uscita di scena di Serena Williams dal circuito WTA. Subito un break e staccata, Alja comincia però a macinare buon gioco fino a riagganciare Luda sul 5 pari al termine di un game lottatissimo. Nel tie break l’italo-russa spreca e sbaglia troppo e alla fine lascia il passo all’ex fidanzata di Berrettini (10-8). Che nel secondo set inscena un monologo dal quale Luda è esclusa. Peccato, ma la ragazza allenata da Danilo Pizzorno, l’innovatore della videoanalisi, e Alessandro Dumitrache ci darà altre occasioni per tifare per lei. Senza per questo passare per filo-russi.

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