Biden allenta le sanzioni al Venezuela: in vista un nuovo accordo petrolifero tra Chevron e Pdvsa

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Dopo Cuba il Venezuela. Qualcosa si muove tra Caracas e Washington, qualcosa che scuote dal suo letargo il paese di Maduro. Il presidente Joe Biden ha annunciato una prima, tenue misura che allenta il muro delle sanzioni applicate nel 2018 nei confronti del regime chavista. Ha autorizzato la Chevron a trattare un nuovo accordo con la Pdvsa, la compagni a petrolifera statale venezuelana, scaduto nelle scorse settimane. La holding Usa non potrà trattare il greggio dell’Orinoco ma fissare i termini di un contratto di commercializzazione che apre la strada a future collaborazioni in campo estrattivo e di raffinazione. Altre grandi compagnie del settore si sono già messe in fila e attendono la sospensione delle sanzioni che impediscono ogni tipo di rapporto commerciale e industriale con Caracas.

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La crisi energetica creata con la guerra in Ucraina e le sanzioni imposte alla Russia spingono gli Stati Uniti a esplorare nuove fonti di approvvigionamento in America Latina. Ma la decisione è scattata dopo la ripresa dei colloqui tra alti rappresentanti del governo Maduro e l’opposizione. Una foto in cui il presidente dell’Assemblea Nazionale Jorge Rodríguez stringe la mano a Gerardo Blyde, emissario della Piattaforma Unitaria, il nuovo raggruppamento di dieci partiti che compongono il blocco della dissidenza, ha sancito il momento auspicato da Biden e aperto le porte del disgelo. Il dialogo tra i contendenti venezuelani era stato improvvisamente interrotto dallo stesso Maduro dopo l’estradizione di Alex Saab, l’uomo d’affari legato a Maduro, suo prestanome in numerose operazioni finanziarie, depositario di tanti segreti. Il trasferimento di Saab da Capo Verde, dove era detenuto, negli Usa aveva mandato su tutte le furie il delfino di Chávez. Conosce ogni dettaglio dei tanti traffici in cui è coinvolto e se dovesse raggiungere un accordo di collaborazione con le autorità statunitensi finirebbe per fornire le prove che la magistratura Usa cerca da tempo per sostenere le pesanti accuse, tra cui quella di concorso in narcotraffico, lanciate nei confronti del presidente Venezuelano.

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La liberazione di quello che a Caracas è considerato un eroe nazionale resta una priorità. Ma per il momento Maduro non l’ha posta come condizione preliminare. Preferisce agire sul piano interno confermando la svolta di 180 gradi che ha impresso al suo regime: apertura ai privati, restituzione delle industrie requisite ai legittimi proprietari, vendita del 15 per cento delle azioni di due colossi delle telecomunicazioni, adozione del dollaro come moneta corrente. Un modo di mostrare il suo nuovo volto e candidarsi a rientrare nel contesto internazionale. Gli Usa rispondono depennando dalla lista nera delle persone colpite dalle sanzioni il nipote della first lady venezuelana Carlos Erik Malpica Flores, alto dirigente della compagnia petrolifera statale.

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A pesare sul lento disgelo a Cuba e in Venezuela c’è anche l’intensa attività politico-diplomatica di Obrador. Il presidente messicano si propone come nuovo punto di riferimento della regione. Ha da poco incontrato Biden per affrontare la serie di dossier che si sono accumulati negli ultimi mesi in un crescendo di tensioni tra i due paesi. Dal narco traffico alla vendita di armi statunitensi ai Cartelli, al ruolo della Dea messo in discussione dopo 15 anni di collaborazione tra Usa e Messico. L’ultimo scontro è nato attorno al vertice dell’Organizzazione degli Stati Americani convocato da Biden a Los Angeles per metà giugno. Il capo della Casa Bianca ha escluso dalla lista degli invitati Cuba, Venezuela e Nicaragua “perché non rispettano gli standard democratici”. La cosa non è piaciuta ad Amlo che ha minacciato di disertare la riunione. “Il vertice non è di Biden”, ha detto, “è degli Stati americani. Di tutti gli Stati, nessuno escluso”. Gli uomini del presidente hanno insistito ma la protesta si è allargata anche a Brasile, Guatemala, Honduras e alcuni Stati dei Caraibi decisi a boicottare il summit se i tre esclusi non saranno ammessi.

Senza il Messico, il più grande e rappresentativo paese dell’area, la riunione sarebbe azzoppata. Fallirebbe prima ancora di iniziare. Una prospettiva che Biden vuole evitare a tutti i costi.

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