Bonafede, l’alter ego di Messina Denaro al servizio esclusivo del boss. “Era uomo d’onore riservato”

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Andrea Bonafede, che ha fornito la carta d’identità e la tessera sanitaria all’uomo più ricercato del mondo, non era un semplice favoreggiatore. Matteo Messina Denaro l’aveva “affiliato in via riservata al suo servizio diretto”, scrive il gip Alfredo Montalto, che ieri ha firmato l’ordine di arresto per il 59enne geometra di Campobello di Mazara. Un’affermazione fondata sulle indagini di carabinieri e procura, che apre un nuovo scenario: la primula rossa di Cosa nostra aveva a disposizione una rete ristretta di mafiosi riservati, probabilmente quelli a cui mandava messaggi vocali col suo smartphone, i “pizzini 2.0”. E su questa rete il procuratore Maurizio de Lucia e l’aggiunto Paolo Guido stanno provando a stringere il cerchio.

È una corsa contro il tempo, soprattutto per arrivare al luogo dove uno dei fedelissimi avrebbe custodito l’archivio dell’ultimo Corleonese. Anche ieri i carabinieri del comando provinciale di Trapani e i colleghi del Ros hanno fatto diverse perquisizioni, pure con il georadar, alla ricerca di stanze segrete: a casa del figlio di Giovanni Luppino, l’autista del boss; e poi nell’abitazione di un cugino di Bonafede.

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Tanta riservatezza del capomafia cozza però con la sua vita di dongiovanni: nell’appartamento di via Cb 31 c’erano alcuni abiti femminili, e pure un piccolo necessaire, gli esperti del Ris sono al lavoro per estrarre il Dna e risalire all’identità della misteriosa donna del padrino, che frequentava saltuariamente la casa covo.

Il geometra Bonafede ha provato a minimizzare. Interrogato dai magistrati, ha detto: «Un anno fa, per strada, Messina Denaro mi fermò ricordando la nostra amicizia da ragazzi, mi disse che aveva bisogno di aiuto perché affetto da gravi problemi di salute. Due giorni dopo, mi chiese la tessera sanitaria e la carta d’identità per potersi curare, quest’ultima me l’ha poi restituita». Infine, il geometra ha parlato di 15 mila euro che il latitante gli avrebbe dato per acquistare l’abitazione di via Cb31, nel giugno scorso.

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«È una ricostruzione smentita dal quadro delle indagini, per almeno due elementi», ha scritto il sostituto procuratore Pierangelo Padova: «Con l’identità di Andrea Bonafede, Messina Denaro si è sottoposto a un primo intervento chirurgico già il 13 novembre 2020, dunque due anni prima rispetto al presunto incontro con Messina Denaro, che Bonafede colloca intorno alla metà del 2022». E, poi, la carta d’identità non è stata affatto restituita. Con l’identità Bonafede, il boss ha comprato anche una Giulietta, a Palermo, il 12 gennaio 2022: i carabinieri l’hanno scoperto, scrive il gip Montalto, «grazie alla meritevole segnalazione del rivenditore», che ha riconosciuto nelle immagini del boss in Tv l’uomo che si presentò in negozio. «Messina Denaro — prosegue il giudice — non avrebbe potuto rivolgersi ad altri che ad una persona pienamente inserita nel contesto associativo».

Bonafede, uomo d’onore riservato, «ha consapevolmente fornito a Matteo Messina Denaro per oltre due anni ogni strumento necessario per svolgere le proprie funzioni direttive: identità riservate, un covo sicuro, mezzo di locomozione da utilizzare per spostarsi in piena autonomia». Su quanti Andrea Bonafede poteva contare il padrino che ha già cambiato il volto della mafia siciliana?

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«L’arresto dei più importanti latitanti di Cosa nostra — conclude il giudice Montalto — insegna che i soggetti al vertice tendono ad escludere dalla conoscenza del covo persino la gran parte degli associati mafiosi, limitando tale conoscenza a una cerchia più ristretta e più fedele di coassociati».

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