Brasile, la Commissione d’inchiesta sul Covid: “Bolsonaro è colpevole di omicidio di massa”

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LA COMMISSIONE d’inchiesta del Congresso brasiliano chiederà di porre il presidente Jair Bolsonaro in stato di accusa “per omicidio di massa” per avere lasciato intenzionalmente che il coronavirus dilagasse uccidendo centinaia di migliaia di persone. Una decisione che avrebbe assunto per non compromettere l’economia brasiliana puntando sul raggiungimento dell’immunità di gregge. Lo scrive il New York Times anticipando il rapporto che verrà rilasciato ufficialmente domani, mercoledì 20 ottobre.

Le accuse – sostiene il quotidiano americano – riguardano in tutto 69 persone tra cui tre figli del presidente “numerosi funzionari governativi attuali ed ex”. Bolsonaro sarebbe ritenuto responsabile della morte di oltre 300mila brasiliani: “Molte di queste morti erano prevenibili – ha detto il senatore Renan Calheiros, l’autore principale del rapporto – Sono personalmente convinto che sia responsabile dell’escalation del massacro”.

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Tra le accuse mosse al presidente c’è aver promosso “farmaci dall’efficacia non testata come l’idrossiclorochina“ provocando un ritardo di mesi nell’inizio della campagna vaccinale. Oggi ci sarà la relazione finale. Il Senato dovrebbe poi tornare a votare in una nuova seduta programmata per il 26. Se dovesse essere approvato dalla maggioranza dei senatori, il testo sara’ inviato alla procura generale della Repubblica, cui spetta il compito esclusivo di condurre le indagini del caso, trattandosi del presidente della Repubblica. Ma la complessità del dossier potrebbe spingere il fascicolo anche presso anti enti come la Polizia federale e l’agenzia tributaria ma anche la Corte penale internazionale per il reato di genocidio e crimini contro l’umanità.

Secondo la testata “G1” Bolsonaro potrebbe essere accusato di undici capi di imputazione in base al lavoro della Commissione d’inchiesta. Il più grave è aver causato o creato le condizioni per propagare una pandemia, da 4 fino a 15 anni di prigione in caso di “comprovata intenzionalità”, elevabili a 30 se ci sono morti.

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 La legge speciale del 1956 ha introdotto inoltre il reato di genocidio degli indigeni, che punisce chi promuove azioni per “sottomettere intenzionalmente un gruppo a condizioni di vita” che potrebbero portare alla por alimentazione fisica, totale o parziale”, con l’intenzione di sterminare un determinato gruppo sociale. Nel caso concreto degli indigeni, che taluni sostengono essere stati pregiudicati più di altri dalle politiche sanitarie, la pena può arrivare fino a 15 anni.

Le stesse politiche sono state evocate come possibili cause di crimini contro l’umanità in base allo Statuto di Roma. Reati non prescrittibili che dovrebbero essere pagati con pene fino a 30 anni di prigione. I lavori della Commissione si erano aperti in Senato lo scorso 4 maggio.

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