Busta paga 2022: che cosa cambia con assegno unico e la nuova Irpef

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MILANO – Niente più voce del bonus Irpef, ma diverse detrazioni e aliquote a seconda dei nuovi scaglioni di reddito e i relativi livelli d’imposizione fiscale. Niente assegni al nucleo familiare e detrazioni per i figli a carico, ma il bonifico dell’Inps in arrivo per chi ha figli fino a 21 anni con la cifra del nuovo assegno unico e universale (attenzione: da richiedere, non arriva in automatico).

Con il mese di marzo (ma le Entrate hanno appena dato tempo fino ad aprile alle aziende per adeguare i loro software) si prepara il completamento della rivoluzione delle buste paga degli italiani, sulle quali hanno operato le novità delle legge di Bilancio che rispondono proprio alla nuova impostazione dell’Irpef e alla nuova forma di sostegno per i carichi familiari. Diversi i capitoli interessati, vediamo quali.

Le nuove aliquote e detrazioni

IL CALCOLATORE. Quanto risparmierai con la nuova Irpef?

I primi grandi cambiamenti riguardano la nuova struttura di scaglioni e aliquote Irpef e di detrazioni in vigore da inizio anno. Rispetto alla vecchia impostazione, resta inalterata la prima aliquota del 23% per i redditi fino a 15.000 euro; la seconda aliquota scende dal 27 al 25 per cento, la terza passa dal 28 al 35 per cento e si applica ai redditi fino a 50.000 euro; salta l’aliquota del 41 per cento; e i redditi sopra i 50.000 euro sono tassati al 43 per cento.

Fonte: Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro 

Ed ecco, dalla circolare delle Entrate di venerdì 18 febbraio, uno schema di calcolo delle imposte dovute sulla base dei nuovi

SCAGLIONI 2022ALIQUOTE 2022IMPOSTA DOVUTA
fino a 15.000 euro23 per cento3.450 euro
da 15.001 fino a 28.000 euro25 per cento3.450 euro + 25 per cento sul reddito che supera i 15.000 euro fino a 28.000 euro
da 28.001 fino a 50.000 euro35 per cento6.700 euro + 35 per cento sul reddito che supera i 28.000 euro fino a 50.000 euro
oltre 50.001 euro43 per cento14.400 euro + 43 per cento sul reddito che supera i 50.000 euro

Novità che si incrociano, per preservare la progressività del prelievo fiscale, con la nuova serie di detrazioni previste per il lavoro dipendente.

Fonte: Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro 

Il bonus 100 euro

Cambiamenti in corso anche per chi percepisce il bonus Irpef da 100 euro (l’ex bonus Renzi che poi è salito a 1.200 euro all’anno). Da una parte, infatti, scende da 28mila a 15mila euro la soglia di reddito sopra la quale esso non spetta. Tra 15mila e 28mila euro viene infatti sostituito dalle nuove detrazioni fiscali per il lavoro dipendente, che hanno un importo massimo di 3.100 euro e decrescono fino alla soglia dei 50mila euro di reddito, quando si azzerano. Nella fascia tra 15 e 28mila euro, però, c’è una sorta di meccanismo di salvaguardia: il trattamento integrativo continuerà ad esser riconosciuto se la somma delle nuove detrazioni sarà di ammontare superiore all’imposta lorda. In pratica, se il combinato disposto di nuove aliquote Irpef e detrazioni fiscali penalizzerà il contribuente, continuerà ad esser riconosciuto il bonus fino a 1.200 euro annui (sarà determinato in base alla differenza tra le detrazioni e l’imposta lorda). Tra le detrazioni da considerare: familiari a carico; redditi da lavoro, assimilati, da pensione; mutui; erogazioni liberali; spese sanitarie; interventi edilizi.

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“Un insieme di regole fiscali”, spiega Giuseppe Buscema della Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro, “che dovrebbe essere già transitato nei cedolini di inizio anno. Salvo che per alcune fasce di contribuenti, le differenze non sono molto significative. E visto che ci sono già scostamenti fisiologici tra le buste paga di un mese e dell’altro, è possibile che la maggior parte dei dipendenti non se ne sia accorta”, aggiunge l’esperto. Più che altro, Buscema solleva i rischi ‘psicologici’ di questo “meccanismo farraginoso: dopo otto anni di abitudine ai bonus, ormai il loro funzionamento era conosciuto ai più. Con il nuovo meccanismo, la lettura diventa più difficile perché quella voce sparisce e viene sostituita da maggiori detrazioni che sono più difficili da quantificare”. Ovviamente, per quel che riguarda la corretta determinazione del bonus Irpef  è molto probabile che sia necessario ricorrere al conguaglio per la giusta attribuzione della cifra spettante, visto che le informazioni sulle detrazioni sono difficilmente in possesso del datore di lavoro in forma aggregata. Attenzione, dunque, in sede di dichiarazione dei redditi.

Decontribuzione e ammortizzatori sociali

Novità ci sono anche dal punto di vista contributivo, ma qui mancano ancora le istruzioni Inps perché siano pienamente scontate nei cedolini. Si tratta della decontribuzione dello 0,8% (che vale solo per il 2022 e a condizione che la retribuzione imponibile parametrata su base mensile per 13 mesi non superi i 2.692 euro) e quella “che deriva dall’allargamento degli ammortizzatori sociali alle piccole imprese sotto i sei dipendenti e che quindi potrebbe comportare – caso per caso – un piccolo aggravio per finanziare gli ammortizzatori sociali”, dice Buscema.

L’Assegno Unico

IL CALCOLATORE: A quanto ammonterà il tuo assegno unico?

Il principale ‘choc’ per i lavoratori potrebbe arrivare con marzo/aprile per quel che riguarda la mancanza delle voci relative ad assegni al nucleo familiare e detrazioni per i figli a carico. Entra infatti in gioco l’assegno unico che rimpiazza queste voci e che cambia il paradigma per la sua definizione: non si basa più solo sugli aspetti reddituali, ma chiama in causa l’Isee e quindi il parametro patrimoniale. E qui, dunque, il calcolo delle differenze varia sensibilmente a seconda della situazione delle famiglie, non solo reddituale ma anche per quel che riguarda le proprie giacenze, le case possedute, il numero di familiari e via dicendo.

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Anche perché la norma prevede una clausola di salvaguardia, con una maggiorazione transitoria che garantisce la transizione alle nuove misure per un triennio salvando il principio di progressività. Ma è una clausola valida fino agli Isee da 25mila euro, quindi con una particolare combinazione di redditi e patrimoni si possono evidenziare anche situazioni di forte perdita.

Fonte: Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro 

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Gli effetti complessivi in busta paga

Una stima su come questo insieme di novità andrà a impattare sull’accredito dello stipendio degli italiani è stata recentemente ribadita dal Tesoro in risposta a una interrogazione parlamentare (Fragomeli, Pd), confermando le tabelle che erano state diffuse sotto Natale. Ecco dunque i benefici finali a seconda del ‘netto in busta paga’ e diversi profili di lavoratori e famiglie.

Le addizionali comunali e regionali

Ulteriore elemento di complessità per le nuove buste paga è dato dall’intervento delle addizionali regionali e comunali. Queste infatti prevedono una struttura mista. Alcuni enti le applicano in modo fisso, su tutti i redditi e fissando le soglie di esenzione, altri le modulano per scaglioni (erano circa 1.100 comuni ad adottare questa struttura nel 2021). I Comuni hanno un limite massimo di addizionale dello 0,8% (ad eccezione di Roma e delle situazioni di dissesto), nelle Regioni si trova un’aliquota base dell’1,23% che si può diminuire o aumentare (all’1,73% per i redditi fino a 15mila euro, fino al 3,33% per tutti gli altri). Ora, con la modifica degli scaglioni a livello nazionale, anche gli enti locali che adottano la struttura per fasce di reddito si devono adeguare: chi prima faceva riferimento a cinque fasce di reddito, dovrà passare così a quattro. Il Mef ha dato loro tempo fino alla fine di marzo.

E’ dunque facoltà dell’ente locale mettere in campo pesi e contrappesi. Salta però all’occhio la situazione particolare nella quale si trovano, ad esempio, i contribuenti che stanno tra 50 e 55mila euro di reddito, che prima erano nella “quarta” fascia e ora si trovano in quella più elevata. “Gli enti si troveranno di fronte alla scelta di penalizzare questi ultimi, imponendo anche a loro l’aliquota più alta che prevedono, o di avvantaggiare quelli con redditi superiori a 55mila euro, qualora decidessero di mantenere l’aliquota più bassa delle due”, ragiona Luigi Veltro del Servizio politiche territoriali della Uil. Il discorso vale qualche decina di euro nei comuni, molto di più nelle Regioni. “Su un reddito da 52mila euro, passare dallo 0,7 allo 0,8% di aliquota genera un aggravio di 72 euro – esemplifica Veltro prendendo come parametri le più diffuse aliquote ad ora adottate dai Comuni – Ma nel caso dell’addizionale regionale il conto è più salato”. Prendiamo ad esempio la progressione delle aliquote piemontesi: la fascia 28-55mila euro è tassata al 2,75%, quella 55-75mila euro al 3,32% e poi si passa al 3,33%. Se il reddito da 52mila, che cadrà nel nuovo “ultimo” scaglione, verrà tassato con quella che era la vecchia aliquota di quarta fascia (55-75mila euro) subirà un aggravio dell’addizionale dal 2,75 al 3,32%: diventano quasi 300 euro di differenza.

Per altro, la nuova definizione delle aliquote non impatterà immediatamente sulle buste paga. Per gli enti che non le hanno adottate entro la fine del 2021, la stragrande maggioranza, le addizionali diventeranno effettive solo con la presentazione della dichiarazione dei redditi del 2023, sui redditi del 2022. Nel frattempo continueranno ad applicarsi le vecchie addizionali. Ecco dunque che ci saranno probabilmente dei conguagli che si dovranno muovere, a seconda di quale sarà la scelta definitiva degli Enti.

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