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Campobello di Mazara, violentata dagli amici, il padre li difende: “Mia figlia era ubriaca”

Campobello di Mazara – Il giorno dopo le violenze — in due hanno abusato di lei, mentre altri tre guardavano e ridevano — la ragazza non ha avuto dubbi sul da farsi. Si è presentata alla stazione dei carabinieri di Campobello di Mazara per denunciare quelli che dicevano essere suoi amici. «Mi hanno telefonato, invitandomi a una festa: “Ci sono anche altre persone”. Ma era una trappola». È una ragazza coraggiosa quella che ha raccontato una sera da incubo, era il 6 febbraio. E, ieri, la procura di Marsala ha fatto scattare quattro arresti: i cugini Eros e Francesco Biondo, 23 e 24 anni, sono in carcere; Giuseppe Titone e Dario Caltagirone, 20 e 21 anni, sono invece ai domiciliari. Per tutti, l’accusa è quella di violenza sessuale di gruppo aggravata. Un minorenne è indagato a piede libero.

Questa è una storia di orrori, ma anche di coraggio, perché la vittima dello stupro ha continuato a chiedere verità e giustizia nonostante abbia trovato sul suo cammino un ostacolo grande, che non immaginava. Suo padre. Poche ore dopo la denuncia, ha chiamato i carabinieri per difendere non lei, ma i violentatori. «Mia figlia vi ha raccontato dei fatti non veri — ha detto al piantone — era sotto l’effetto di sostanza alcoliche e quindi non era in grado di capire quanto accaduto». Il carabiniere gli ha detto: «Venga in caserma». Ed è spuntata un’altra sorpresa drammatica.

Campobello di Mazara, diciottenne violentata da 4 giovani. Li denuncia, scattano gli arresti: “Pensavo di andare a casa di amici, una trappola”

Il padre della giovane violentata si è presentato assieme ai violentatori. E ha detto al comandante della stazione: «Questi sono dei bravi ragazzi, le ferite che mia figlia ha alle braccia sono dovute al fatto che i suoi amici tentavano di riportarla a casa, ma lei era ubriaca e faceva resistenza».

Perché questa difesa dei carnefici? Il padre è stato minacciato? O, forse, non voleva che la figlia denunciasse per il buon nome della famiglia? Non erano dei bravi ragazzi, quelli. E non erano amici.
«Mi hanno portata in una casa estiva di Tre Fontane dicendo che c’erano anche altre ragazze — racconta la vittima — Abbiamo ballato e bevuto in attesa che arrivassero, ma non si è presentato nessuno». La giovane si apparta con Titone, con cui intrattiene una relazione saltuaria. Sono al primo piano dell’abitazione. All’improvviso, lui chiama Eros Biondo. «Dico subito che non mi piace quella situazione», ricorda lei. Poi, arriva anche il cugino Francesco. Entrambi, violentano la ragazza. Mentre gli altri tre sono sull’uscio della porta: ridono, scherzano, scattano delle foto. «Io chiedevo aiuto, cercavo di divincolarmi — è drammatico il racconto della vittima — mi temevano le braccia, ho sbattuto la testa contro il muro. Chiedevo aiuto a Giuseppe, ma nessuno mi ha aiutata».

L’hanno poi riportata a casa. La giovane ha trovato subito il conforto della madre e del fratello. E il giorno dopo proprio il fratello l’ha accompagnata in caserma. Ha spiegato: «Sono venuto io e non i miei genitori perché loro hanno subito un profondo choc emotivo. Quella sera, nostra madre era preoccupata — ha spiegato — perché alle 22 mia sorella non era ancora rientrata. Una sua amica mi ha detto di provare a chiamare Giuseppe o Dario. Mi hanno risposto: “Fra mezz’ora veniamo”». Ma sono tornati alle due. «All’inizio mi sono arrabbiato con lei — racconta ancora il fratello — le ho detto: “Non parlare, vai in camera tua”. Si è messa a piangere davanti ai miei genitori e ha detto: “Voi non capite”».



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