Cartabia al Senato: “Il Covid ci costringe a ripensare la giustizia, ma mettiamo da parte le divergenze”

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“Non deve più accadere quello che è successo a Teramo, dove una madre che ha perso suo figlio in un incidente di lavoro mi scrive e chiede che si faccia il processo, bloccato invece per via di problemi legati all’edilizia giudiziaria”. Cita un episodio di cronaca la Guardasigilli Marta Cartabia per esporre, al Senato, le sue linee guida sulla giustizia. Lo ha già fatto alla Camera, e anche qui insiste su una parola – “hybris” – presa a prestito dalla tragedia greca per dire che, se non si superano le posizioni preconcette e gli irrigidimenti di parte consolidati in anni di scontri, non si va avanti. Per dirla con un’immagine, Cartabia pensa a una giustizia che “non può più essere soltanto la spada recata in mano dalla dea bendata, privilegiamo lo sguardo sulla bilancia che la stessa dea ha nelle mani e cerchiamo soluzioni bilanciate che trovino un adeguato contemperamento degli interessi e dei punti di vista di tutti”. 

Il piano della ministra Cartabia: “Accelerare i tempi della giustizia senza dividersi in Parlamento”

Servono condivisione ma anche realismo, quello stare con i piedi per terra che fa dire a Cartabia: “Sarebbe sleale da parte mia presentare programmi inattuabili ben sapendo di non poterli realizzare. Faremo di tutto per affrontare i problemi urgenti e improcrastinabili e quei progetti su cui ci sarà la condivisione del Parlamento”. L’obiettivo è ovviamente quello di “ridurre i tempi della giustizia”, è quello di liberarsi dell’arretrato civile, due milioni di processi, e penale, altri tre milioni. Ma anche sperimentare nuove forme di giustizia – come quella riparativa – su cui Cartabia insiste, anche citando le esperienze di altri Paesi che lei, da giurista con esperienza internazionale, ben conosce e di cui l’Italia dovrebbe fare tesoro. E sulla quale cita i dati attuali, 18.900 persone oggi scontano in Italia la pena in esecuzione esterna e 9mila con lavori di pubblica utilità. “Pensate se tutte queste persone invece fossero in carcere…” chiosa Cartabia.

Meloni incontra Cartabia e dice “ho capito che sulla prescrizione non intende scappare”

Il peso della pandemia

Ma lo scenario internazionale e nazionale adesso è cambiato. Su tutto, e ovviamente anche sulle riforme, incombe la pandemia che, dice Cartabia, “continua a condizionare il nostro lavoro e ci impone di ripensare i programmi per la giustizia”. La ministra non nasconde di essere “molto preoccupata di quello che può accadere a breve su questo fronte” ed elenca le possibili conseguenze pratiche del Covid “dopo gli sfratti, i licenziamenti, l’esplodere del contenzioso bancario”. Una litigiosità legale nuova che ricade su una giustizia rallentata dal pesante arretrato. Inevitabilmente l’obiettivo è, da un lato, recuperare i ritardi, ma dall’altro ripensare la giustizia stessa, ricorrendo, sia nel processo civile che in quello penale, a forme di giustizia più rapida, dalla mediazione ai riti alternativi.

La Costituzione, come  dice Cartabia, “chiede processi giusti e brevi” e lei cita ovviamente l’articolo 111 sul giusto processo. Sono “obiettivi altissimi, sembrano irraggiungibili, ma serve guardare in alto, consapevoli di una meta che sarà da conquistare”.  Il goal è “ridurre i tempi della giustizia, portare il processo italiano verso l’efficienza e la produttività, per ridare fiducia ai cittadini e far ripartire gli investimenti”.

Prescrizione, inutile sospendere la Bonafede

Inevitabilmente su tutto incombe politicamente il nodo della prescrizione. Cartabia lo definisce “un impegno che deve essere onorato”.  Non anticipa una soluzione, ma ripete che “un processo dalla durata ragionevole relega la prescrizione a fatto eccezionale”. E ne vede una possibile soluzione “nell’ambito di un intervento riformatore in cui il nodo prescrizione viene liberato dal peso di essere l’unico rimedio per l’eccessiva durata del processo”. Quanto alla legge Bonafede – stop alla prescrizione dopo il primo grado – “i suoi effetti si vedranno dopo alcuni anni”, quindi non è indispensabile oggi sospenderla, come pure chiedono tuttora non la Meloni, mina anche partiti della maggioranza come Iv, Fi, Azione e Lega.

Il Csm a Cartabia: stop alla legge Bonafede perché viola la Costituzione

Quanto alle riforme – del processo penale, civile, e del Csm – Cartabia parte da quelle dell’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede e “dal grande lavoro istruttorio” già fatto in Parlamento. Partirà una verifica “di quanto può essere salvato e quanto modificato perché il lavoro già svolto non va annullato, ma rivisto alla luce della nuova maggioranza di governo, senza trascurare le proposte dell’opposizione”. 

Parlamento “luogo di sintesi politica”

Cartabia traccia una road map in cui toccherà a lei proporre gli emendamenti a cui stanno lavorando i gruppi di lavoro di tecnici che lei stessa ha messo al lavoro in via Arenula. Ma sarà fondamentale il rapporto con il Parlamento che “resta il luogo di sintesi delle differenti visioni politiche”. “La mia storia e la mia formazione – dice Cartabia – mi rendono particolarmente sensibile a un corretto rapporto tra governo e Parlamento, troppo spesso piegato a necessità politiche”. Invece Cartabia chiede “un confronto schietto e tempestivo per raggiungere risultati condivisi nelle condizioni date”.

Se è vero che il Recovery plan affida all’Italia 2,7 miliardi di euro da spendere per la giustizia, nel penale come nel civile, bisognerà puntare all’efficienza. Ecco allora, per la giustizia penale, il cosiddetto “ufficio del processo” al servizio del giudice in cui, come oggi avviene alla Corte costituzionale con gli assistenti e nel sistema inglese con i “clerk”, entreranno figure di collaboratori che lasceranno al magistrato solo la decisione giuridica sgravandolo dal lavoro preparatorio sul dossier per affrontare il caso stesso, a partire dalla precedente giurisprudenza.

Per la giustizia civile invece Cartabia guarda agli strumenti alternativi per risolvere le controversie. “Hanno un grande potenziale sempre, ma soprattutto in questo ambito – dice Cartabia – alleggeriscono la giustizia. Vanno individuate forme di coesistenza, come aveva intuito un grande studioso come Mauro Cappelletti che aveva prodotto un studio mondiale su come ottenere una giustizia effettiva”. Cartabia disegna un quadro in cui accanto a forme arbitrali, si punta alla mediazione dopo una necessaria messa a punto. Ma la ministra parla anche di incentivi processuali, economici, fiscali, di misure premiali anche per i giudici e per chi accede alla mediazione.

Per il Csm ripropone quanto ha detto alla Camera. Contro il correntismo lancia l’ipotesi di un Csm diverso, con un rinnovo parziale di laici e togati dopo un biennio, sul modello di una Corte costituzionale che “non si rinnova tutta insieme perché  questo permette una maggiore continuità”. Riforma da verificare nella sua compatibilità con quanto stabilisce la Costituzione stessa sul Csm. Che vedrà una nuova legge elettorale, nell’ottica di garantire  però il valore del pluralismo fermando le degenerazioni del correntismo. E proprio mentre il Csm, in queste ore, discute sulla legge di Bonafede, Cartabia ribadisce che un punto cardine sarà quello dei criteri di efficienza e trasparenza nelle nomine dei capi e vice degli uffici garantendo un “periodo minimo di permanenza perché non si può riorganizzare un ufficio se non c’è il tempo per farlo”.

Una promessa per i giudici onorari

Infine il capitolo della magistratura onoraria dopo la sentenza 41 della Corte costituzionale che, appena ieri firmata dal giudice Giovanni Amoroso, ha dichiarato incostituzionale l’uso dei magistrati ausiliari nelle corti di appello, ma prorogandoli fino al 2025. Questa sentenza, secondo Cartabia, fissa “un perimetro invalicabile” e costringe il governo a “una revisione complessiva del ruolo della magistratura onoraria nell’ordinamento”. Cartabia sostiene che, a questo punto, il ruolo delle toghe onorarie, che “negli anni più recenti si è ampliato per lo smaltimento dell’arretrato che grava sul sistema giustizia del nostro Paese,  potrà e dovrà in prospettiva essere circoscritto solo a determinati tipi di funzioni, secondo le indicazioni rigorosamente tracciate dalla Corte”. Ma ha aggiunto però che questi interventi “dovranno affiancarsi all’ormai ineludibile problema delle tutele professionali, retributive e pensionistiche dei magistrati onorari che da tempo sono stati portati all’attenzione del Parlamento e ormai formano oggetto di svariati pronunciamenti di giudici interni e della stessa Corte di giustizia dell’Unione europea”. Parole, queste di Cartabia, che potranno piacere ai giudici onorari che vedranno bene l’intervento sulle loro garanzie, ma certo non potranno che essere deluse da un loro oggettivo e futuro ridimensionamento. 

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