PETACH TIKVA (TEL AVIV) – Fissa lo schermo con la chiamata persa dal cellullare di Amit, alle 10:10 del 23 maggio. Poco dopo, si sarebbe spezzata quella maledetta fune e con essa le vite di 14 persone. “Avevamo parlato la sera, quella mattina ci siamo rincorsi e poi è stato troppo tardi”. Shmuel Peleg parla dall’abitazione nei pressi di Tel Aviv, dove l’11 settembre, con un jet privato via Lugano, il piccolo Eitan è stato “riportato a casa”, nella versione del nonno, “sequestrato” secondo le carte degli inquirenti che descrivono un “certosino piano di esfiltrazione” dei cui elementi Peleg non fornisce ulteriori dettagli “perché soggetti a indagine penale”.
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