Caso Nigeria: assolti Descalzi, Scaroni, Eni e Shell perché il fatto non sussiste

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Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni, è stato assolto dal Tribunale di Milano nel processo per corruzione internazionale con al centro l’acquisizione dei diritti di esplorazione del blocco petrolifero Opl245 in Nigeria. I giudici hanno assolto anche il suo predecessore nonché attuale presidente del Milan, Paolo Scaroni. La procura aveva chiesto per loro una condanna a 8 anni. I quindici imputati sono stati tutti assolti perchè “il fatto non sussiste”. A deciderlo è stata la settima sezione penale del Tribunale di Milano, presieduta dal giudice Marco Tremolada, dopo oltre 6 ore di camera di consiglio; il dispositivo della sentenza è stato letto nell’aula appositamente creata alla Fiera di Milano. Assolti dunque oltre a Descalzi, Scaroni, anche le due società imputate nel processo: Eni e Shell. L’indagine condotta dalla Procura di Milano (dall’aggiunto Fabio De Pasquale e dal pm Sergio Spadaro) puntava a dimostrare il pagamento di una maxi-tangente da 1 miliardo e 92 milioni ai politici per l’ottenimento del blocco petrolifero.

Nigeria, processo Eni: il pm chiede 8 anni per corruzione per l’ad Descalzi e Scaroni

La sentenza è stata pronunciata dalla settima sezione penale (giudici Marco Tremolada, Mauro Gallina, Alberto Carboni) nel processo, iniziato tre anni fa, nel marzo 2018, e con al centro, questa era l’ipotesi della procura, una presunta maxi tangente da oltre 1 miliardo e 92 milioni di dollari che sarebbe stata versata, riteneva l’accusa, da Eni e Shell per ottenere nel 2011 la licenza sui diritti di esplorazione del giacimento nigeriano. Tesi, quella della Procura, ‘cancellata’ oggi dai giudici che hanno assolto tutti gli imputati con formula piena “perché il fatto non sussiste”. Le motivazioni saranno depositate in 90 giorni.

In particolare, i giudici hanno assolto l’ad Eni Descalzi, all’epoca dg Exploration&Production, l’ex numero uno Scaroni, l’ex responsabile operativo del gruppo di San Donato nell’Africa sub-sahariana Roberto Casula, l’ex manager della compagnia italiana nel Paese africano e ‘grande accusatore’ Vincenzo Armanna, l’ex manager di Nae, controllata Eni in Nigeria, Ciro Antonio Pagano, l’ex ministro del Petrolio nigeriano Dan Etete. E poi ancora Luigi Bisignani, il russo Ednan Agaev e Gianfranco Falcioni, quest’ultimo imprenditore ed ex viceconsole in Nigeria, l’ex presidente di Shell Foundation Malcom Brinded e gli ex dirigenti della compagnia olandese Peter Robinson, Guy Jonathan Colgate e John Coplestone. Assolte anche le due società, imputate per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. Con le assoluzioni, ovviamente, nessun risarcimento per il governo nigeriano, che era parte civile. Già nel processo sul caso Saipem-Algeria, nel quale l’accusa era sempre corruzione internazionale, Eni, lo stesso Scaroni, assieme ad un altro ex manager della società, sono già stati assolti definitivamente. Assoluzione definitiva che era arrivata anche per Saipem e i suoi manager. Nel caso Nigeria, invece, con rito abbreviato i presunti mediatori Obi Emeka e Gianluca Di Nardo sono stati condannati a 4 anni di reclusione.

“Finalmente a Claudio Descalzi è stata restituita la sua reputazione professionale e a Eni il suo ruolo di grande azienda”: è il commento dell’avvocato Paola Severino, difensore dell’ad della compagnia petrolifera a commento della sentenza con cui oggi il tribunale di Milano ha assolto tutti gli imputati per il caso Nigeria.

Eni, scontro con la Procura nel processo sulle presunte tangenti in Nigeria

Eni in Borsa a Milano prosegue la seduta in rialzo e senza particolari oscillazioni dopo la sentenza di assoluzione. A Piazza Affari il titolo avanza dello 0,8% a 10,32 euro.

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