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Cdp fa l’offerta per Aspi e la valuta circa 9 miliardi

MILANO – Alla fine, dopo un consiglio sospeso e riaggiornato a ieri pomeriggio, l’offerta vincolante per l’88% di Aspi è stata approvata (ma non ancora recapitata al venditore Atlantia): Cdp, in cordata con i fondi Blackstone e Macquarie, presenterà all’azionista di controllo della società che ha la concessione autostradale la sua proposta vincolante, votata all’unanimità, estesa al 100% di Aspi se i soci di minoranza eserciteranno l’opzione di co-vendita. L’obiettivo è di ammodernare la rete e accelerare i programmi di manutenzione. Senza condizioni di sindacazione o di finanziamento (come aveva chiesto il venditore) se non l’ok al Pef – il Piano economico finanziario – che però dovrebbe avere la strada spianata.

Almeno, questo dovrebbe essere il canovaccio, perché in realtà il comunicato ufficiale della Cassa dà conto del via libera a Cdp equity, affinché presenti l’offerta vincolante, senza molti dettagli finanziari. “Colpa” della complessità dei passaggi: dopo Cdp infatti si devono pronunciare i Comitati investimenti dei due fondi esteri (Macquarie si riunisce stamane). Solo a valle del percorso verrà recapitata ad Atlantia l’offerta formale. Che, secondo le indiscrezioni, dovrebbe valorizzare il 100% di Aspi intorno a 9 miliardi (compresa la manleva).

Dunque, alla società che fa capo ai Benetton (ma in cui c’è anche il riottoso fondo Tci, e non solo) andrebbe un assegno da 7,9 miliardi, probabilmente in varie tranche (forse tre). A fare l’offerta sarà la cordata che vede al 51% Cdp, o per meglio dire la componente italiana, perché la quota della Cassa potrebbe vedere la partecipazione di alcuni investitori istituzionali anche se Cdp resterà il principale socio. I fondi esteri hanno quote paritarie.

Il nodo, tuttavia, resta il prezzo. L’offerta sarà ritenuta congrua da Atlantia? Per ben due volte la forchetta 8,5-9,5 miliardi non è stata ritenuta adeguata, però è anche vero che la fase pre-negoziale è cosa diversa dalla valutazione di un’offerta vincolante e definitiva. Il cda di Atlantia è fissato da tempo per il 26 febbraio (i termini per la presentazione dell’offerta del resto scadono oggi) e da quello che si intuisce si prenderà tutto il tempo che serve per arrivare a una conclusione. Anche facendosi assistere dai propri advisor (in primis, Jp Morgan).

È comunque ragionevole che, ove l’offerta non venga rifiutata subito dal consiglio, il cda convochi un’assemblea per far valutare ai soci il destino della loro preziosa – ma anche tribolata – partecipazione, su cui è in corso un processo di scissione (che, proprio in attesa dell’offerta di Atlantia, fino a questo momento è andato avanti a rilento). Il fondo Tci pochi giorni fa ha ribadito che a suo giudizio la valutazione di Aspi è tra gli 11 e i 12 miliardi. Non è certo l’unico a votare, in un’ipotetica assemblea: i Benetton hanno “solo” il 30,25%, il fondo di Singapore ad esempio è all’8,29%, Hsbc ha il 5%, l’italianissima Fondazione Crt ha il 4,85% e, in questa partita, ha più volte fatto trasparire la necessità di valutare correttamente l’asset.
 



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