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Centrodestra, doppio vertice a destra. I timori dei ministri forzisti: “Qui non decide Salvini”

MILANO – Domani o al più tardi giovedì mattina, per il centrodestra di governo e di opposizione gli appuntamenti forti della settimana sono due: il nuovo vertice tra i leader della coalizione e poi quello tra i ministri di Lega e Forza Italia e i rispettivi capi partito. “Coordinamento” è diventata la parola magica post disfatta amministrative; ma quest’aria collaborativa nasconde anche delle insidie. Sono soprattutto i tre ministri di Forza Italia – Renato Brunetta, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini – a stare sul chi va là, perché “va bene il dialogo, ma se Matteo Salvini pensa di venire a dettare la linea come fa con i suoi allora si sbaglia”, è il ragionamento che si fa nel dietro le quinte.

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“C’è sempre stata una collaborazione positiva tra i ministri del centrodestra – è quanto trapela da fonti vicine ai tre ministri azzurri – ma ben venga un miglior coordinamento tra Fi e Lega al governo. Si lavora per rafforzare l’azione del centrodestra, a trazione moderata, all’interno dell’esecutivo. Non possiamo permetterci il lusso di lasciare Mario Draghi alla sinistra”.

Quel “trazione moderata” è la chiave di ogni considerazione. Se sul no a ogni nuova tassa, per dire, le sensibilità sono comuni, sulle pensioni e su quota 100 le distanze tra i due partiti restano ampie. Così come si era visto sul Green pass o sulla riforma del catasto proposta dal premier. Ma è più che altro una questione di approccio generale, di “serietà”, altra parola tirata spesso in ballo in queste faccende.

I ministri del Carroccio si sono ritrovati diverse volte in imbarazzo in Cdm, in primis il super draghiano Giancarlo Giorgetti, scavalcati dalle intemerate esterne del “Capitano”, capace di dire tutto e il contrario di tutto nel giro di poche ore e costringendo i suoi a farfugliare scuse e precisazioni coi colleghi. “Non possiamo ripetere lo stesso schema anche noi, finendo vittime dell’identica schizofrenia”, è la riflessione condivisa in Forza Italia, anche tra i sottosegretari ascrivibili all’area “sovranista” del partito.

In questo senso la presenza di Silvio Berlusconi ai due vertici romani è considerata comunque un buon argine a Salvini, visto che il Cavaliere finora ha tenuto sempre una linea collaborativa e moderata con l’esecutivo. Va bene quindi controbilanciare Pd e 5 Stelle al governo, ma tenendo sempre in mente che dalla maggioranza non si scappa. Il segretario federale della Lega che ieri assieme a Claudio Durigon e al suo successore al ministero dell’Economia il sottosegretario Federico Freni ha incontrato il presidente del Consiglio proprio per perorare la propria causa sulle pensioni, in questa fase manda segnali distensivi.

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Sia al governo che al resto del centrodestra. Anche dentro gli azzurri, dopo giorni di grande tensione parlamentare, prevale una linea attendista. Il rinnovato protagonismo di Berlusconi che sogna il Quirinale sta, perlomeno ufficialmente, raffreddando le lotte intestine tra chi vive a malincuore la trazione sovranista del centrodestra e chi invece non ha alcun dubbio sulla collocazione del partito. “Forza Italia non può essere usata come un contenitore da utilizzare da una parte o dall’altra a seconda di quello che conviene o per qualche poltrona. Berlusconi è quello che ha dato al Paese il bipolarismo con un sistema maggioritario che favorisce l’alternanza destra-sinistra e così bisogna andare avanti”, le parole di Licia Ronzulli ad Agorà.

Dopodiché rimane la contraddizione di fondo del centrodestra resa evidente dal doppio vertice, uno con Fratelli d’Italia e un altro senza, visto che Giorgia Meloni sta all’opposizione. “Siamo stabilmente al 20 per cento e senza dover subire giorno per giorno l’agenda di Draghi, non possiamo lamentarci di nulla…”, spiega con soddisfazione un colonnello della fiamma tricolore. La situazione ideale insomma, in attesa di coglierne i frutti nel 2023, o forse prima, chissà.



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