“C’eravamo tanti odiati”: le conversioni nella maggioranza che sosterrà Draghi

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Tutti insieme, guardandosi magari in cagnesco. Ma tutti insieme, in nome dell’unità nazionale e del “governo dei migliori” garantito da Mario Draghi. Eppure quante se ne sono dette, fino a pochi giorni fa, gli attori della maggioranza che sosterrà l’ex presidente della Bce. Ora, vale appena la pena di soffermarsi su quanto l’euro, il totem delle politiche di Draghi, sia stato messo in dubbio in passato sia da Salvini che dai 5Stelle. Nell’estate di sei anni fa, il leader della Lega, sparò su Twitter un “vaffanbagno” a colui che oggi è il premier incaricato cui assicura fedeltà: “Il presidente Draghi – scrisse il “Capitano” – invita gli Stati a cedere sovranità all’Europa. Sovranità ai cittadini, non ai burocrati incapaci”. Mentre nel programma dei 5S per le Europee del 2014 c’era l’opzione di un referendum sull’euro. Si sa, con il tempo si può anche cambiare idea. Però fanno davvero impressione, alcune conversioni di chi oggi si trova a sostenere il governo Draghi. E quanto scarsa considerazione reciproca ci sia stata, se non c’è ancora, fra i neo-alleati di questa coalizione larga.

Salvini e il suo doppio europeista e pragmatico. Il lupo entra al governo con la cuffia della nonna

Gli attacchi dei M5S a Berlusconi

Oggi, alle consultazioni con Draghi, arriva anche Silvio Berlusconi. Chissà se avrà incrociato, nei corridoi di Montecitorio, Ettore Licheri, capogruppo dei M5S e membro della delegazione grillina, che due anni fa, all’annuncio della candidatura del Cavaliere per le Europee, commentò: “Benvenuti a Jurassic park”. Peggio, su Berlusconi, si era espresso il senatore Maurizio Buccarella, che ha fatto parte della delegazione degli Europeisti, anche loro componenti del variegato schieramento di salvezza nazionale: il 28 gennaio del 2014 Buccarella aveva definito l’ex premier “un disperato” e “un fantasma”, che Renzi (altro alleato di oggi, ndr) ha “tentato di resuscitare con un’intesa sulla legge elettorale”.

Gli strali fra M5S e Lega

Per non dire dell’amore, si fa per dire, che unisce la Lega ai 5S. Riccardo Molinari, capogruppo del Carroccio, oggi esprimerà il suo sostegno a Draghi pochi minuti prima dei 5Stelle i quali, a detta dell’interessato, “sono entrati in politica con l’obiettivo di distruggere le istituzioni democratiche”. Parole pronunciate da Molinari il 6 dicembre, non un secolo fa. Certo, fra i leghisti brucia ancora la rottura dell’estate 2019, che portò i 5S nel governo giallorosso col Pd: “Se l’accordo fra Renzi e i grillini va in porto noi saliremo al 60 per cento”, vaticinò il capogruppo in Senato Massimiliano Romeo, con sdegno verso gli ex compagni di viaggio. Pronostico sbagliato, se è vero – come dicono i sondaggi – che la Lega nel frattempo ha invece perso almeno 10 punti. Per restare in  territorio lumbard, risale a fine novembre il no del consigliere economico di Salvini, Alberto Bagnai a un esecutivo di tutti (o quasi): “Governissimo? Mai. E neppure Berlusconi abboccherà”. La cronaca dice che è andata diversamente.

Critiche a sinistra

A sinistra un perimetro così largo fa discutere. C’è da capirlo: il 30 ottobre Federico Fornaro, capogruppo di Leu alla Camera, bocciava come “sciacallo” Salvini, che aveva attaccato la ministra Lamorgese in seguito all’attentato di Nizza. In questa rapida successione di eventi, Fornaro dovrà rivedere il giudizio su Salvini o Salvini medesimo quello su Lamorgese, che peraltro forse continuerà a stare al Viminale anche con Draghi. L’emergenza nazionale, l’appello di Mattarella, l’autorevolezza di Draghi, alla fine, comporranno comunque questo puzzle disarticolato. E le parole, anche gli insulti, andranno in archivio. Ma a quali svolte costringe la politica.
 

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