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Chi non si immunizza deve almeno pagare i danni che provoca

SECONDO Giorgia Meloni il patentino sanitario è «raggelante, l’ultimo passo verso la realizzazione di una società orwelliana». Orwell non sarebbe d’accordo. Quando fumo danneggio non solo i miei polmoni, ma anche quelli di chi mi sta intorno. È solo un esempio di “esternalità negativa” delle nostre azioni sugli altri. Un concetto non chiaro a Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, che nell’intervista di domenica su Repubblica, ha invitato gli under 40 a non vaccinarsi perché «al di sotto di quell’età la letalità è inesistente».

Anche se fosse vero che il rischio è inesistente (e non lo è), vaccinarsi serve a proteggere ancor più gli altri, i propri genitori, gli amici, i colleghi, che se stessi.

Moltissime nostre azioni comportano esternalità negative. La famosa frase «la mia libertà finisce dove iniziano i diritti degli altri» quindi non è una questione costituzionale o etica, ma pragmatica. Il legislatore proibisce di fumare in pubblico in ambienti chiusi perché l’effetto dannoso sugli altri è immediato; non proibisce di fumare in cima a una montagna, sia perché la esternalità è meno immediata (i soldi che la collettività dovrà spendere per curare i polmoni del fumatore incallito) sia perché sarebbe comunque difficile far rispettare la norma.

Lo Stato scoraggia però l’esternalità negativa con una tassa. Ovviamente ci sono miriadi di aree grigie: quando una attività genera esternalità così negative da meritare di essere proibita, o tassata? Non c’è una regola e la Costituzione non può aiutare. Fino al 2005 si poteva ancora fumare a piacimento in molti locali pubblici, poi la società ha deciso che gli effetti negativi sulla collettività prevalevano sulla libertà di fumare.

Una delle lezioni della pandemia è la forza e la pervasività delle esternalità negative. La decisione di concentrare i vaccini quasi esclusivamente tra i Paesi ricchi si è ritorta contro di loro, perché ha favorito la nascita di varianti nei Paesi più poveri che rischiano di devastare anche i Paesi più ricchi. Se si fa un rapido calcolo del costo di una dose di vaccino e dei danni economici (per non parlare più in generale dei danni umani) della variante Delta nei Paesi ricchi, è probabile che a questi ultimi converrebbe fornire i vaccini gratis e al più presto a tutta la popolazione mondiale.

Più vicino a casa nostra, la libertà di un individuo di non vaccinarsi ha ovvie esternalità negative sul resto della popolazione, perché crea enormi costi alla società per curare i no-vax che si ammalano e perché impedisce il ritorno a una vita sociale normale. Una ulteriore importante complicazione della pandemia sta nel fatto che mentre un individuo che fuma è immediatamente riconoscibile e, al limite, si può scegliere di allontanarsene, un individuo non vaccinato non è esternamente riconoscibile e la comunità non ha i mezzi per evitarne l’esternalità negativa.

D’altra parte, una campagna di vaccinazione forzata è impensabile: sarebbe immorale, incostituzionale, e inattuabile in pratica. Anche qui, la soluzione non può che essere pragmatica: ci sono esternalità negative più forti di altre, su cui la società ha il diritto di intervenire. I due casi ovvi sono scuola e ospedali. I risultati delle prove Invalsi resi pubblici nei giorni scorsi ci hanno dato una misura dei danni causati dalla chiusura delle scuole: è come se in alcune materie si fosse cancellato un intero ciclo scolastico.

Se vogliamo che le scuole riaprano tutte in presenza a inizio settembre non rimane che impedire l’accesso fisico alle classi a chi, studente o insegnante, non si è vaccinato, non è guarito dal coronavirus o non ha un test negativo rinnovato quotidianamente. Gli insegnanti che non rispettano queste condizioni verranno temporaneamente sospesi e potranno più in là svolgere attività didattiche di recupero in remoto, con una retribuzione inferiore a chi opera in presenza. Gli studenti delle scuole secondarie che non volessero vaccinarsi potranno seguire le attività a distanza che le scuole continueranno ad offrire.

Non è necessario soffermarsi sul caso dei medici no-vax, e sulle enormi esternalità negative che generano a contatto con pazienti già fragili. Oltretutto, qui il problema della non riconoscibilità è enorme. Se sono ricoverato d’urgenza in ospedale come posso sapere se il medico che mi visita o mi opera è no-vax? Anche in questo caso la società ha il diritto di proibire a un medico no-vax di esercitare la sua professione, se non in privato previa adeguata informazione al paziente.

Poi ci sono i casi solo apparentemente meno eclatanti. Con buona pace di Salvini, studi e simulazioni (ma basterebbe il buon senso) mostrano che i ristoranti chiusi sono tra gli ambienti più pericolosi per la trasmissione del virus. E, come negli ospedali, non ho modo di difendermene da solo, perché nessuno sa chi tra i clienti sia vaccinato e chi no.

Ovviamente tutto questo coinvolge il ruolo della privacy. Non informare che non mi sono vaccinato esercita una enorme esternalità negativa se sono un medico, un insegnante, o se mi siedo in un ristorante affollato. Dove finisce il mio diritto di non far sapere che non mi sono vaccinato? Anche qui è una questione pragmatica su cui decide la società, non un assoluto costituzionale che prevale sempre e ovunque. Il Garante della privacy è un agente della società, non un sovrano assoluto. La società, tramite il legislatore, ha diritto di dire al garante cosa deve garantire.

Non possiamo imporre alle persone di vaccinarsi. Ma, come abbiamo fatto con il fumo, possiamo e dobbiamo disincentivare le esternalità negative di chi si mette nella condizione di danneggiare gli altri.



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