Un lungo murale per cancellare l’orrore: i colori per coprire le grida dei prigionieri, i disegni per non dimenticare le scene di tortura. Il prossimo 11 settembre cadono i 50 anni dal golpe di Augusto Pinochet. Molti sanno cosa è stato; pochi ricordano i lutti, i morti, gli scomparsi, il terrore che ha espresso soprattutto dal 12 settembre alla fine di novembre del 1973.
Almeno 20 mila persone, la maggioranza giovani studenti e operai, uomini e donne solo sospettati di simpatie per la sinistra, furono presi per strada e in casa e rinchiusi nello Stadio Nazionale che si trasformò in un grande campo di concentramento. Nessuno sapeva perché era accusato, di cosa, quando sarebbe stato processato, quando liberato. I prigionieri restavano ammassati sulle gradinate o in mezzo al campo e aspettavano solo che gli sgherri in divisa pronunciassero il loro nome. Ci furono violenze orribili e vere esecuzioni. L’ordine era sterminare i comunisti. Ma pochi tra quelli rinchiusi lo erano.
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All’esterno, in preda all’angoscia, madri e padri chiedevano notizie dei loro figli. Solo dalla botola numero 8 si riusciva a scorgere quello che accadeva fuori. “Ci toglievamo un indumento con il quale potevamo essere riconosciuti e lo agitavamo in alto, in modo che i nostri cari sapessero dove eravamo e ci venissero a cercare nei giorni successivi”, ha ricordato chi ebbe la fortuna di salvarsi. La maggioranza sparì nel buco nero dei desaparecidos. Chi torturato a morte, chi stuprato, chi gettato nei fiumi o nei fossi ormai cadavere. Uno scempio, un vero genocidio.
Per commemorare quella tragedia voluta e portata a termine dal generale che riuscì a morire di vecchiaia nel suo letto, nonostante fosse inseguito da un ordine di cattura internazionale, complice Margaret Thatcher che rifiutò di eseguirlo, i muri di cemento grigio sono stati coperti da un lungo murale colorato con il contributo di artisti, cantanti e attori di 19 paesi.
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L’opera ha aperto la trentesima edizione del Festival internazionale di Santiago a Mil, uno dei principali dell’America Latina. Per tutto il mese di gennaio, scrive el Pais da Santiago, sono previsti 130 spettacoli di teatro, danza, musica, installazione, performance e arti visive. “Le rassegne teatrali”, spiega la direttrice del Festival Carmen Romero, “riprende il punto di sospensione che ha vissuto il paese con opere ispirate a quell’oscuro palcoscenico e tornare a chiedersi dove siano gli scomparsi”.
“Una delle pièce, Hechos consumados”, aggiungono gli organizzatori, presentata per la prima volta nel 1981 dal drammaturgo Juan Radrigán, “è stata scritta durante la dittatura, contro la dittatura, eppure ancora oggi assume una dimensione che non ci saremmo mai aspettati. Perché tocca temi di strettissima attualità: dal femminismo, alla proprietà privata, alla Costituzione, la miseria. Ma anche i cambiamenti climatici e i flussi dei migranti. Radrigán appare come un veggente”.
Il murale, spiega ancora il quotidiano spagnolo, commemora il golpe nello Stadio Nazionale, che a novembre ospiterà i Giochi Paraolimpici; mostra la prigione, alterna la musica ai visi disfatti di chi veniva torturato, racconta il dramma delle giovani donne violentate, ripercorre l’incubo della ricerca dei detenuti scomparsi. Lo hanno realizzato anche i prigionieri dell’epoca e persino i loro nipoti. Un modo di unire tre generazioni colpite dalla stessa tragedia. Per ricordare, non dimenticare, impedire che accada di nuovo.
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