Cina, rischio contagio dagli immobili alle banche “ombra”

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Milano — La crisi immobiliare cinese è sempre più preoccupante. E si sta estendendo al settore bancario ombra che raccoglie soldi presso i risparmiatori e la popolazione benestante investendoli in diversi settori tra cui quello legato al mattone. Ieri mattina i media hanno riportato la protesta presso le autorità di Pechino di alcune decine risparmiatori che non si sono visti rimborsare lo scorso 8 agosto le cedole e i bond in scadenza di diverse società del Zhongrong International Trust, partecipato dal Zhongzhi Enterprise Group, una conglomerata del risparmio gestito con attivi per 137 miliardi di dollari. E sembra solo l’inizio: Wang Qiang, segretario del cda del trust in parte di prorietà di Zhongzhi Enterprise Group in una riunione tenuta a inizio settimana dopo i mancati pagamenti dell’8 agosto su un lotto di prodotti, ha parlato di «ritardi su almeno un’altra decina dalla fine di luglio».

Le difficoltà del settore immobiliare cinese si sono materializzate ancora settimana scorsa, quando Country Garden, lo sviluppatore leader nel real estate, si è dichiarato inadempiente su cedole di obbligazioni per 22,5 milioni di dollari, mettendo in guardia i suoi sottoscrittori per le «grandi incertezze» sui pagamenti di tre bond nazionali, con la possibilità di un default a settembre dagli effetti catastrofici.

Country Garden era stata oggetto di una nota emessa dalla società di analisi GimmeCredit intitolata “Fallimento imminente” che descrive una situazione molto compromessa. «Country Garden è in una spirale negativa, con i suoi bond che trattano a prezzi veramente bassi – ha scritto l’analista Cedric Rimaud -. Il supporto del principale azionista e del governo sarà necessario per tenere il business a galla».

L’ufficio nazionale di statistica cinese ha pubblicato ieri i dati del mercato immobiliare di luglio. Nelle 70 città misurate in media i prezzi delle nuove case hanno subito un calo del 2,5% rispetto a giugno. E il calo si vede sia nelle città di fascia bassa che in quelle di fascia alta, come per esempio Shenzen. Inoltre anche i prezzi delle case esistenti sono in discesa, seppur di un più modesto 0,5%. Di fronte alla debolezza di questi dati e anche di quelli relativi alle vendite al dettaglio e della produzione industriale, la banca centrale cinese martedì scorso è intervenuta tagliando il costo del denaro. Ma la mossa non ha sortito particolari effetti positivi.

La Cina sta attraversando questa persistente crisi immobiliare nel bel mezzo di una ripresa post Covid che fatica a manifestarsi. Anche sul fronte dell’occupazione. Ha stupito gli analisti, per esempio, che l’Ufficio nazionale di statistica abbia deciso uno stop alla diffusione dei dati sulla disoccupazione per età, citando la necessità di «migliorare e ottimizzare ulteriormente le statistiche dell’indagine sulla forza lavoro». Sembra un tentativo di nascondere la profondità della disoccupazione giovanile che lo scorso giugno ha visto i senza lavoro tra i 16 e i 24 anni raggiungere il record del 21,3% su una disoccupazione complessiva salita dal 5,2% al 5,3%.

Insomma, sembra un cane che si morde la coda: le difficoltà del settore immobiliare cinese stanno rallentando la ripresa economica di tutto il paese, con previsioni di crescita per il 2023 che si attestano ormai sotto il 5% e ben lontane dal miracolo economico dei primi anni Duemila. «Sebbene il contagio sul mercato del credito potrebbe essere limitato se confrontato con il default di Evergrande del 2021, questo può diventare una fonte di significativo ribasso per le previsioni di crescita della Cina del secondo semestre 2023 e del 2024», scrivono gli analisti di Jp Morgan.

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