Coinbase, Bitcoin e criptovalute: domande e risposte sul fenomeno finanziario del momento

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E’ una piattaforma di scambio per Bitcoin e altre valute digitali, con 56 milioni di utenti verificati che crescono al ritmo di 13 mila al giorno, secondo i dati comunicati per il processo di quotazione. Per il primo trimestre del 2021 si attende profitti tra 730 e 800 milioni di dollari, più di quanto registrato (322 milioni) nell’intero 2020. E’ nata nel 2012 a San Francisco, dall’incontro di Brian Armstrong e Fred Ehrsam su un forum di Reddit.

Cosa è il Bitcoin?

Il Bitcoin è la principale delle cosiddette cripto-valute, lanciata nel 2009 per l’intuizione di (pseudonimo misterioso) Satoshi Nakamoto. Con un prezzo schizzato a 65 mila dollari, +118% da inizio anno e +835% negli ultimi dodici mesi, ha raggiunto una capitalizzazione complessiva sui 1.200 miliardi.

Cosa sono le cripto-valute?

Sono monete virtuali decentralizzate, ovvero basate su una infrastruttura tecnologica che non è controllata da istituti come le banche centrali o i governi. La criptovaluta è un codice crittografato che costituisce l’unità-base di un sistema basato su un protocollo peer-to-peer. Come accadeva con i programmi per scaricare e condividere canzoni sul web, ogni computer diventa un server per gli altri ed è un custode (nodo) del sistema. Le transazioni vengono tracciate in un registro pubblico distribuito, immodificabile da parte del singolo utente. Questo archivio di transazioni cresce aggiungendo di volta in volta un elemento: è la blockchain. Nate come metodo di pagamento custodito in portafogli digitali, o un modo per trasferire denaro tra utenti, alcune criptovalute hanno via via assunto ruolo di asset d’investimento: oggetti (virtuali) in cui investire sperando che si apprezzino.

Le cripto-valute sono come le monete tradizionali, euro o dollari?

La definizione stessa di “cripto-valute” non è universalmente riconosciuta, in quanto le equipara alle monete tradizionali. Investitori istituzionali e banche centrali rimarcano, per dirla con Amundi, che invece Bitcoin&Co. “non sono né una comprovata riserva di valore, né un’unità di conto riconosciuta, e tantomeno un mezzo di pagamento universale”, caratteri fondamentali per le monete fiat. Per questo preferiscono parlare di “asset” digitali.

Quante cripto-valute ci sono?

A febbraio 2021, Statista censiva oltre 4.500 criptovalute: Un boom rispetto alle poche decine del 2013. Anche i fan del Milan ne hanno una propria. Ma le 20 maggiori costituiscono il 90% del totale del mercato, in termini di capitalizzazione. Il solo Bitcoin vale per circa il 60%.

Le cripto-valute sono tutte uguali?

No. Alcune (Bitcoin) hanno l’obiettivo di fungere da monete tradizionali, come riserve di valore. Altre (Ethereum) estendono la tecnologia blockchain ad applicazioni digitali basate sugli “smart contract”, accordi tra i membri di una rete che vengono eseguiti in automatico (senza la necessità di intervento umano) dai computer presenti sulla stessa rete. Si possono applicare a diversi ambiti, come la certificazione di una catena di fornitura (ad esempio, registrare la consegna di un bene a un magazzino e associarvi in automatico un pagamento). Infine ci sono le stable-coin, attività digitali agganciate alle valute tradizionali (Tether o Libra, il progetto di Facebook).

Come si trovano i Bitcoin?

Di fatto, sono i computer a ‘creare’ i Bitcoin: prestano la loro capacità di calcolo alla blockchain, validando le transazioni tra utenti in maniera decentrata, e per questa attività di “mining” guadagnano nuovi blocchi. Più passa il tempo, più questa attività è complessa. I Bitcoin sono limitati (21 milioni), per minarli servono sistemi (hardware e software) ben più articolati di un Pc di casa. Sono sorte attività specializzate, sul cui consumo energetico si sono concentrate le critiche circa l’elevato impatto ambientale della blockchain. Per gli utenti normali, i Bitcoin possono essere scambiati su piattaforme come Coinbase e custoditi in portafogli digitali, dai quali si possono convertire in moneta tradizionale. Oppure si possono ottenere facendosi pagare beni o servizi in Bitcoin.

Il Bitcoin è rischioso?

La storia del Bitcoin è costellata di grandi salite e a volte rapidissimi tracolli (alla fine del 2017 c’è stato uno choc di questo tipo) che suggeriscono massima cautela a chi vuole investire. Il prezzo si forma per la domanda e offerta, ma – in assenza di fixing ufficiali – più volte i banchieri centrali ne hanno rimarcato il carattere speculativo. L’investimento in cripto-valute (e prodotti finanziari ad esse legate) si sta però affermando presso le istituzioni tradizionali, anche di Wall Street. L’ad di Jp Morgan, Jamie Dimon, è noto per averli definiti una truffa ma ora la sua banca stima che possano arrivare a valere oltre 140 mila dollari. Lo stesso ceo di Coinbase, Armstrong, nel giorno dello sbarco in Borsa ha detto che “la regolamentazione è una delle più grosse minacce per il business delle criptovalute”. Della ‘sicurezza’ intrinseca della piattaforma tecnologica alle sue spalle sono convinti i sostenitori, ma i detrattori ricordano come i furti di portafogli digitali siano stati frequenti.

Quali sviluppi per Bitcoin e blockchain?

Sul primo punto, Amundi in un recente paper non esclude che un giorno finisca “con lo svolgere il ruolo di “oro digitale”, soprattutto per le generazioni più giovani. Le criptovalute sono più divisibili, e la loro conservazione non è più rischiosa. La loro volatilità non rappresenta necessariamente un ostacolo perché l’oro è più volatile della maggior parte delle altre valute. Ma questo riferimento all’oro digitale è, nella migliore delle ipotesi, una congettura che deve essere verificata e, nell’ipotesi peggiore, un’illusione”. Serve però chiarire l’aspetto regolatorio perché le attività digitali siano considerate dai gestori “veicoli d’investimento sicuri”. Quanto alla seconda, posto che “la promozione di sistemi di pagamento più rapidi, più affidabili e più economici, sia a livello nazionale, sia tra le nazioni, è un obiettivo che accomuna gran parte dei governi e delle banche centrali” conclude che “è innegabile che la tecnologia blockchain offra l’opportunità di migliorare l’inclusione finanziaria”.

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