Coinbase si prepara per il Nasdaq e scalda il Bitcoin: la cripto-valuta torna ai massimi, “ma può arrivare a 100 mila dollari”

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MILANO – L’attesa per lo sbarco in Borsa di Coinbase, piattaforma di scambi delle criptovalute, in programma al Nasdaq per domani, ha riacceso i riflettori sul Bitcoin che è tornato ad aggiornare i massimi di sempre sopra quota 62 mila dollari. Con l’arrivo diretto sul mercato delle azioni di Coinbase, che secondo alcuni potrebbe arrivare a valere 100 miliardi di dollari, ci troviamo dunque di fronte a quello che Bloomberg definisce un “test per l’appetito degli investitori” verso il mondo cripto: “Significa che molti investitori d’ora in poi potranno investire non solo sulle criptovalute ma su una società che fa business esclusivamente su questo settore. È un po’ come investire in azioni oppure in azioni aurifere – ragiona Massimo Siano, a capo del Sud Europa per la svizzera 21Shares che è specializzata proprio in prodotti d’investimento sulle criptovalute – Credo che sia un passo molto positivo per il settore”.

Un blue paper di Amundi fresco di stampa lega l’allargamento della platea che domanda cripto-attività (definizione che il colosso degli investimenti predilige rispetto a quella di ‘valute’), con i recenti apprezzamenti del Bitcoin: non arriva più soltanto dalla clientela retail. “Il numero di società, investitori istituzionali e fondi d’investimento interessati soprattutto, ma non solo, al Bitcoin è in continua espansione”, ha scritto Amundi.

Elon Musk ha giocato un ruolo in questo trend, quando la sua Tesla ha deciso di acquistare a inizio febbraio 1,5 miliardi di dollari in bitcoin e aprire al pagamento delle sue vetture attraverso questa ‘moneta’. PayPal e Visa hanno incluso queste forme di pagamento, Morgan Stanley e Goldman Sachs hanno aperto al possesso di cripto-asset da parte dei loro clienti facoltosi. Siamo a una svolta? “Per queste banche lo è di certo, ma sono comunque in ritardo”, dice Siano. “Oggi il Bitcoin vale dieci volte di più rispetto a marzo del 2020. La svolta, per me, l’ha data proprio di questi tempi un anno fa la Fed, quando si è messa a comprare non più solo obbligazioni, ma anche le azioni. Quello era il segnale che avrebbe dovuto far capire agli operatori del settore che le criptovalute dovessero essere considerata l’asset class su cui investire e agire, forse, più celermente”. Quanto alla Tesla, “pian piano altre società seguiranno l’esempio, mi creda”.

Ancora Amundi riflette su quale possa essere il ruolo futuro di Bitcoin & CO, a cominciare dal parallelismo con il “porto sicuro” rappresentato dall’oro nel portafoglio degli investitori, con il suo ruolo di “copertura nei confronti del rischio estremo e dell’inflazione”. Se il metallo giallo ha acquisito il ruolo di opzione utilizzata per diversificare il portafoglio “per via del suo status simbolico acquisito nel corso dei secoli e legato alla sua rarità”, le criptovalute “per contro, non hanno ancora dato prova del loro valore. Sono salite durante la crisi economica del Covid-19 ma non hanno ancora dovuto misurarsi con un episodio di stress finanziario”. Non è ancora nota la loro correlazione con le altre asset class e per quello “assegnare loro ex ante lo stesso status dell’oro quando si stima il loro potenziale di rialzo è perlomeno discutibile”. Ma “non si può escludere che finiranno un giorno con lo svolgere il ruolo di ‘oro digitale’, soprattutto per le generazioni più giovani”. Una “congettura che deve essere ancora verificata”, nella migliore delle ipotesi, e nella peggiore resterà “un’illusione”.

Che l’interesse sia esploso è però nei fatti: “Le faccio il caso di 21Shares, che è leader nel settore degli ETP sulle criptovalute. Mi avesse chiamato di questi tempi l’anno scorso le avrei detto che la nostra raccolta si aggirava tra i 30 e i 40 milioni di dollari. Oggi abbiamo raccolto oltre 1,3 miliardi di dollari”, spiega Siano.

Sulla misura in cui il Bitcoin possa diventare una presenza stabile nel portafoglio degli investitori, Siano precisa: “Dipende dal rischio di portafoglio dell’investitore. Non è assolutamente un investimento adatto a tutti, ma solo a chi ha un’alta propensione la rischio. Per cui bisogna esserne consapevoli. Dal mio punto di vista, direi tra un 2 e un 5% del portafoglio”. Il rischio maggiore: “La volatilità ancora oggi molto alta”, dice l’esperto. Che ha comunque aspettative elevate: “Non mi stupirei se vedessimo il Bitcoin sui 100 mila dollari questa estate. Può sembrare una valutazione esagerata, ma ci sono stati istituti finanziari che hanno fatto previsioni ben più elevate”.

Di nuovo Amundi condivide l’importanza che la tecnologia blockchain – alla base del Bitcoin – potrà svolgere nella costruzione di un sistema finanziario più inclusivo. D’altra parte la digitalizzazione degli scambi è anche al centro delle riflessioni che si stanno portando avanti in seno alla Banca centrale europea, recentemente confermate da Christine Lagarde: “Alla Bce – ha detto durante gli incontri primaverili del Fmi – sono in corso discussioni sull’opportunità di emettere un euro digitale per rendere la nostra valuta adatta all’era digitale, come complemento e non sostitutivo del contante”.

Per Amundi, restando alle valute cripto, il passo che resta da compiere per la maturazione completa è quello della disciplina regolatoria, che i Paesi del G7 sono determinati a portare avanti. Ed è probabile “che tale regolamentazione porti inizialmente a un adeguamento, probabilmente brutale, dei prezzi”. Una volta chiarito questo aspetto, “le criptovalute probabilmente rifioriranno e questa volta la loro espansione sarà dettata dall’esigenza di disporre di un’economia e di un sistema finanziario più inclusivi”. Secondo la casa degli investimenti, in definitiva, “solo quando il contesto regolatorio si sarà stabilizzato e il rapporto con le valute digitali si sarà chiarito, i gestori patrimoniali potranno raccomandare le attività digitali come veicoli d’investimenti sicuri”. Investimenti che “possono essere promettenti, ma rimangono ancora speculativi in natura”.

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