Colao: “Il 60% delle famiglie non ha Internet o naviga piano. Banda larga ovunque entro il 2026”

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ROMA – L’Italia punta a garantire un Internet ultra veloce – a tutte le famiglie, a tutte le imprese – entro il 2026. Dunque in anticipo di 4 anni rispetto alla scadenza del 2030 che l’Unione Europea fissa nel suo programma Compass.

Il ministro all’Innovazione tecnologica Vittorio Colao fissa questo ambizioso obiettivo durante la sua audizione di oggi davanti aI deputati della Commissione Trasporti e ai senatori della Bilancio. “A metà della corsa – promette Colao, appassionato di ciclismo – vogliamo essere nel gruppo di testa” delle Nazioni più avanzate e virtuose.

COLAO IN VIDEOCONFERENZA. L’AUDIO NON VA

La strada è in salita – spiega Colao – perché oggi il 60 per cento della famiglie non ha Internet oppure manca di una connessione rapida degna di questo nome: “Il problema – aggiunge dunque il ministro – non è soltanto nella realizzazione della rete in fibra”. Il problema è anche nella scelta rinunciataria di tante persone, che non hanno un abbonamento al web oppure non sentono la necessità di servizi veloci.

“L’Italia è uno dei Paesi in Europa con il maggior digital divide”, con le disuguaglianze più evidenti: “Solo il 42% dei nostri connazionali tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base contro il 58% in Europa. Il 17% degli italiani nella stessa fascia di età non ha mai usato Internet, contro il 9% dell’Ue, quasi il doppio”.

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La parola d’ordine del governo – che impiegherà su questo fronte anche le risorse europee del Recovery Fund – deve essere “inclusione”. Pensate, sottolinea Colao, ai nostri cittadini più anziani che avrebbero ricavato grandi vantaggi da un accesso ai servizi della Rete, in questi mesi di lockdown e pandemia.

Ovviamente, le persone vinceranno la loro pigrizia a patto di trovare in Internet servizi che, in tempi normali, richiedono lunghe file negli uffici pubblici. “Bisogna ribaltare la narrazione della Pubblica amministrazione come una realtà inaccessibile. La Pa deve diventare alleata dei cittadini”.

Il ministro vuole pensionare per sempre i certificati su carta e lavora alla interoperabilità tra le banche dati pubbliche. In concreto, questo significa che non dovremo più dare, continuamente, ai dipendenti pubblici sempre le stesse informazioni su di noi (data di nascita, residenza, ad esempio). Basterà condividerle una volta sola perché siano sempre note al Comune o all’Agenzia delle Entrate.

Serve dunque una nuova Pubblica amministrazione moderna e digitale che, tra l’altro, adotti il cloud (cioè un sistema di archiviazione dei dati nelle gigantesche “nuvole” di Internet).

Cloud first, prima il cloud. Questo lo slogan che il ministro all’Innovazione tecnologica lancia durante l’audizione promettendo investimenti sia per gli uffici pubblici centrali, sia per quelli periferici.

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Arrivano le domande dei parlamentari. Come già nel suo documento del 2020, redatto per il governo Conte, Colao spiega che la rete in fibra non è un dogma. Anzi: è noto che richiede operazioni di scavo costose e lente. Ben vengano allora tecnologie senza fili (con il segnale che arriva attraverso wi-fi potentissimi oppure via satellite).

L’esecutivo Draghi vuole favorire al massimo, dunque, la creazione delle reti in tecnologia 5G, che saranno decisive per le aziende. Senza 5G, le imprese non potranno adottare procedure di automazione dei processi produttivi: senza 5G, la robotica non prenderà il volo.

Qui Colao spiega che gli imprenditori dei piccoli centri non possono avere opportunità minori rispetto a quelli delle medie e grandi città. Una connessione adeguata, veloce, in 5G va intesa come un diritto costituzionale.

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Il ministro approccia con una certa prudenza il tema della rete unica, cui dovebbero dare vita a braccetto sia Tim sia OpenFiber. Materia politicamente incandescente. Colao si limita a auspicare una soluzione rapida e una ripresa vigorosa negli scavi per la banda larga e nelle coperture senza fili, via radio.

Ora che le guerre cibernetiche divampano inattese ogni giorno, l’Italia dovrà guardarsi infine dagli attacchi degli hacker. Per questo il governo farà investimenti forti nel rafforzamento delle infrastrutture, dei codici, dei software. Bisognerà anche assumere professionisti – hacker buoni – capaci di fronteggiare quelli cattivi.

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