ROMA – Entro il 2025, una larga parte della Pubblica Amministrazione italiana dovrà trasferire tutti i suoi dati e i suoi servizi in un “recinto” moderno e sicuro. Tra quattro anni, dunque, un’enorme mole di informazioni e di servizi avrà trovato casa nel cloud nazionale.
Questo spazio virtuale sconfinato – che il ministro Vittorio Colao (Innovazione) ha presentato oggi – sarà presidiato dalla nuova Agenzia per la Cybersicurezza nazionale, che condurrà per mano la Pubblica Amministrazione in questo delicato passaggio.
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CHE COS’E’ IL CLOUD
Il processo di trasferimento inizierà dalla fine del 2022 e dovrà concludersi, per almeno il 75% delle amministrazioni, entro il 2025, appunto.
Autonomia, controllo e resilienza (resistenza) sono le parole chiave che guidano il governo. L’Italia vuole avere un controllo autonomo della complessa rete di server e cavi che rappresentano i pilastri del cloud. I dati della Pubblica Amministrazione non saranno accessibili a governi di Paesi terzi che il nostro Paese e l’Europa considerassero ostili.
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Perché i tre obiettivi siano raggiunti, bisognerà creare una struttura di comando unitaria, il Polo Strategico Nazionale.
Ovviamente non tutti i dati e servizi hanno la stessa importanza. Per questo, l’Italia individuerà intanto le informazioni e le attività che hanno un rilievo strategico per il Paese. Ci sono poi dati e servizi critici perché alla base del benessere diffuso dei cittadini. Parliamo della sanità, dei presidi di sicurezza, delle infrastrutture che governano l’economia.
Infine ecco dati e servizi ordinari, che non provocano “l’interruzione di servizi essenziali”.
In questo quadro, l’Italia non avrà un solo cloud, ma ne avrà 5, a seconda delle diverse necessità. Eccoli in dettaglio:
– il più importante è quello criptato. Custodirà dati, informazioni e infrastrutture con chiavi di protezione crittografate tra le più potenti al mondo;
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