Come la pensa Mario Draghi sulla startup

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Come la pensa Mario Draghi sulla startup? Quando il presidente del Consiglio si presentò alla Camere per incassare la fiducia sul nascente governo disse chiaramente che la promessa era proteggere tutti i lavoratori, dalle conseguenza del covid, ma non tutte le imprese. Basta ristori a pioggia, fu l’interpretazione comune. Draghi in realtà quel giorno non citò le startup ma il senso del discorso era chiaro: “La scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito dei prossimi mesi”. Insomma quelle da “accompagnare al cambiamento” erano le imprese vecchie, con processi produttivi obsoleti e prodotti o servizi ormai fuori mercato. Le altre erano le startup. 

Sono passati tre mesi, il presidente del Consiglio non ha ancora mai nominato le startup, ma se ha davvero a cuore l’innovazione e i giovani come ripete sempre, è il momento di fare un passo avanti. Perché altrimenti le startup ne faranno due indietro. Il problema è questo: alla fine di marzo il Consiglio di Stato ha dato ragione ai notai dichiarando illegittima una norma del 2016 che ha consentito la costituzione semplificata della startup online e senza notaio (tempi ridotti, costi azzerati). Una procedura che è piaciuta visto che quattro startup su dieci in Italia in questi anni sono nate in questo modo. Primo problema: se la norma è illegittima, le migliaia di startup così costituite che fine fanno? Secondo problema: in Parlamento stanno approvando un disegno di legge che recepisce alcune direttive europee, fra queste quella che stabilisce che tutte le società a responsabilità limitata possono essere costituite online senza notaio. Ma nella norma italiana è stata aggiunta la formula “con atto pubblico” e quindi con il ricorso ad un notaio. Qualche giorno dopo infatti i rappresentanti del notariato sono stati ricevuti dal ministro dello sviluppo economico per annunciare festosi il varo imminente di una piattaforma per redigere atti online. 

Insomma, notai battono startup 2 a 0. Può finire così? In un paese dove i tempi e i costi per far nascere un’impresa ci mettono agli ultimi posti del mondo? Chiariamo: non sono i notai il problema dell’Italia ma la motivazione che hanno dato per giustificare il loro ruolo indispensabille nella nascita delle startup è risibile: perché, hanno detto, altrimenti chi impedisce alla mafia di infiltrarsi? Obiezione: come la mettiamo con tutte le imprese costituite davanti al notaio collegate ad organizzazioni malavitose? Se non vogliamo dare ai notai la colpa delle seconde, non diamo loro neanche il merito delle prime. 

Insomma, un pasticcio. Sul quale il governo potrebbe far sentire la sua autorevole voce: altrimenti il discorso che il premier fece il 17 febbraio potrebbe essere interpretato con l’intenzione di “proteggere” i notai e “accompagnare al cambiamento” le startup che avevano creduto nel futuro. 

“I giovani meritano di più” ha detto la scorsa estate Draghi in un discorso applauditissimo. E’ il momento di dimostrarlo.

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