Confindustria, “insufficienti” gli interventi del governo contro il caro-energia. Per l’economia italiana “prospettive cupe”

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MILANO – La Confindustria torna in pressing sul governo per chiedere nuovi interventi sul fronte dell’energia. Ne sono attesi, a dire il vero, con il prossimo decreto Aiuti che dovrebbe vedere la luce la prossima settimana. Intanto il Centro studi di viale dell’Astronomia mette nero su bianco la diagnosi del momento: “La guerra frena l’Europa, in particolare l’Italia”. Nella congiuntura flash di aprile si aggiunge che “lo scenario italiano è in peggioramento a causa del rincaro dell’energia e di altre materie prime”. “Gli indicatori congiunturali a marzo – osserva il Csc – hanno confermato il netto indebolimento dell’economia italiana. Il conflitto in Ucraina amplifica i rincari di energia e altre commodity, accresce la scarsità di materiali e l’incertezza. Sommandosi agli effetti dei contagi, ciò riduce il Pil nel primo trimestre 2022 e allunga un’ombra sul secondo: l’andamento in aprile è compromesso e le prospettive sono cupe”.

Soltanto ieri, l’Ufficio parlamentare di Bilancio ha calcolato che il conto di altri tre mesi di guerra per l’economia italiana potrebbe presto salire sopra i 45 miliardi di euro. Tra i fattori di rallentamento, c’è proprio l’inflazione galoppante per il caro-energia. E contro il quale, dice oggi il Csc, “gli interventi pubblici sono ancora insufficienti“. “A fronte del caro energia – sottolinea il Csc – il Governo ha finora stanziato, per la prima metà del 2022 e senza ricorrere a deficit aggiuntivo, circa 14 miliardi di euro: 11 a sostegno di famiglie e imprese (di cui 1,2 per le grandi imprese solo per il 1  trimestre) e 3 per primi interventi strutturali su gas, energie rinnovabili e a sostegno delle filiere dell’automotive e dei micro-processori”, ricorda la Congiuntura flash.

Tra gli elementi di dubbio per il futuro, ci sono anche itassi d’interesse. “Mentre la Bce tiene fermi i tassi ufficiali, i tassi di mercato a lungo termine nell’Eurozona stanno già salendo rapidamente” e “il rialzo dei tassi a lunga è un problema per l’Italia (e gli altri paesi)” poiché “farà crescere gradualmente la spesa per interessi, man mano che le nuove emissioni avverranno a tassi più alti”, dice il Csc. Per altro, proprio ieri Lagarde ha definito “altamente probabile” un aumento dei tassi già quest’anno. “Perciò l’Italia avrà meno spazi di bilancio per mettere in campo una nuova manovra espansiva di finanza pubblica – dice ancora il Csc – Dato l’alto debito, le politiche dovranno essere prudenti anche per evitare ulteriori balzi dello spread. Inoltre, se il rialzo del Btp si trasferisse al costo della raccolta bancaria e facesse crescere anche il costo del credito, ciò determinerebbe un ulteriore aggravio di costi per imprese e famiglie, già colpite dal caro-energia. Questo penalizzerebbe sia gli investimenti che i consumi privati, zavorrando il Pil italiano”.

Un riferimento poco incoraggiante arriva infine anche per l’export, che è “atteso debole”. Eppure “cresceva prima del conflitto: +5,8% a dicembre-febbraio sui tre mesi precedenti, ben oltre i livelli pre-Covid. Buona parte dell’aumento – spiega il Csc – era dovuta al rialzo dei prezzi sui mercati esteri (+2,8%). Erano in crescita le vendite nei principali mercati, Ue ed extra-Ue, e settori manifatturieri (ma ancora deboli gli autoveicoli). I primi effetti della guerra in Ucraina, però, sono già visibili negli ordini manifatturieri esteri, in forte calo a marzo. Inoltre, la dinamica del commercio mondiale, già piatta a inizio anno per il calo degli scambi in Asia e l’aumento in Europa, ha prospettive negative, secondo il PMI sugli ordini manifatturieri esteri globali, caduto a marzo (48,2 da 51)”.

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