Congo, al via le indagini del Ros per chiarire i punti oscuri dell’agguato all’ambasciatore Attanasio

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Non sarà un’indagine semplice. Gli investigatori del Ros sono arrivati nella Repubblica Democratica del Congo e intendono chiarire tutti i punti oscuri dell’agguato in cui hanno perso la vita l’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo.

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Si tratta per prima cosa di ricostruire la dinamica dell’assalto, per stabilire chi ha usato armi da fuoco e in quale fase. Stando alle prime notizie, i sei aggressori hanno sparato subito sulle vetture del convoglio del Wfp, il programma di aiuto alimentare dell’Onu, uccidendo Milambo. Poi Attanasio e Iacovacci sono stati trascinati nella foresta, probabilmente per chiedere un riscatto: nello stesso punto tre anni fa era stati sequestrati due cooperatori britannici.

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Non si sa se in quel momento l’ambasciatore e il carabiniere erano già stati feriti, colpiti dalle prime raffiche esplose contro i veicoli. Ma con loro c’era un altro italiano, il dirigente del Wfp Rocco Leone da molti anni attivo nel Paese. Leone, originario di Prato, sta bene e lunedì sera ha parlato con la moglie che vive a Firenze.  Verrà interrogato il prima possibile dal Ros, perché la sua testimonianza sembra essere l’elemento chiave delle indagini.

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Infatti dopo l’allarme per l’imboscata sono intervenuti i rangers del Parco Virunga, un reparto paramilitare creato per proteggere l’oasi dei gorilla da bracconieri e guerriglieri. Secondo alcune versioni, Attanasio e Iacovacci sarebbero stati colpiti mortalmente durante lo scontro tra i rapitori e queste forze.

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L’ambasciatore sarebbe poi stato trasportato fino alla strada principale a bordo di una moto da enduro e poi trasferito nell’ospedale Onu di Goma con una jeep ma avrebbe smesso di respirare pochi minuti dopo il ricovero. Il governo di Kinshasa sostiene che sono stati gli aggressori a sparare a bruciapelo contro i due italiani prima di fuggire nella boscaglia.

Il Ros intende identificare le armi usate nel combattimento dai rangers e quelle eventualmente catturate agli aggressori, per ricostruire quelle che hanno fatto fuoco. Il tutto al fine di confrontarle con i risultati che emergeranno dall’autopsia, prevista per domani al Gemelli di Roma.

Ma tutti in Congo usano lo stesso fucile mitragliatore: l’onnipresente Ak47 Kalashnikov, in dotazione ai rangers e ai guerriglieri. Per ottenere indicazioni valide i detective italiani dovranno non solo esaminare gli Ak47 ma anche ottenere campioni di munizioni, incluse quelle rimaste nella carrozzeria dei veicoli bersagliati nell’attacco, per cercare di compararli con i proiettili che hanno ammazzato i due connazionali.

Le autorità congolesi hanno promesso la massima collaborazione, rinunciando anche ad effettuare l’autopsia. Emissari della presidenza si sono recati a Goma, il capoluogo della regione dell’agguato, per garantire l’impegno nelle indagini. Il presidente Félix Antoine Tshisekedi Tshilombo e la consorte si sono anche recati da Zakia Seddiki, la moglie di Attanasio, per presentare le condoglianze. Il rientro delle salme è previsto per le 23 nell’aeroporto romano di Ciampino.

Ma la situazione nel Paese è estremamente complessa e potrebbe influire sulla ricerca della verità. Oltre alle polemiche sul viaggio del convoglio Onu privo di scorta armata su una strada che il governo ha definito “pericolosa”, circostanza invece smentita dal Wfp delle Nazioni Unite, bisognerà fare i conti con le diverse autorità locali.

Il ministero dell’Interno ha accusato subito le Fdlr, Forze democratiche per la liberazione del Rwanda, un movimento di miliziani ruandesi che dopo la guerra civile si è trasferito nella regione ed è ritenuto responsabile di numerosi assalti. L’identificazione scaturirebbe dal dialetto parlato dagli aggressori. Ma lo stesso Fdlr con un comunicato ha smentito qualsiasi ruolo nell’attacco, chiedendo all’Onu un’inchiesta completa.

Le forze armate invece martedì mattina hanno lanciato un’operazione militare – chiamata Ruwenzori 2 – per riportare la sicurezza nella zona. Nel mirino le Adf, Allied democratic forces, una formazione invece composta da ugandesi che negli ultimi mesi hanno compiuto un’escalation di rapine e omicidi nella regione congolese. Ma nel Nord del Congo di formazioni armate ne sono state censite più di 130, senza una chiara distinzione dei luoghi dove operano e dei loro membri.

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