Cop26, lo sport per il clima. Zero emissioni entro il 2040: serve un gioco di squadra

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In principio furono i giapponesi a pulire il proprio settore prima di abbandonare lo stadio, pratica riproposta quell’anno da altre tifoserie. Mondiali di calcio russi del 2018: al termine della partita contro la Colombia, muniti di sacchi e guanti, i supporter nipponici danno una lezione di civiltà in mondovisione, raccogliendo bicchieri e cartacce. Un gesto rispettoso nei confronti degli addetti alla pulizia dell’impianto, ma anche di un ambiente invaso per novanta minuti più recupero. Una sensibilità nuova e in via di sviluppo che in quelle settimane porterà alla nascita della “Sports for climate action”, iniziativa delle Nazioni Unite.
 

In quasi quattro anni 280 realtà dello sport mondiale hanno abbracciato la causa della sostenibilità e la lotta al cambiamento climatico, annunciando alla Cop26 di Glasgow la volontà di abbattere le emissioni del 50% entro il 2030 e di azzerarle entro il 2040. Un gol, un traguardo da tagliare, una palla da scagliare oltre o dentro la rete. In tanti vogliono fare la propria parte e metterci la faccia, come l’ex campione di Formula Uno Nico Rosberg, presente di persona in Scozia.

L’intervista

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Nell’elenco dei firmatari ci sono, tra gli altri, il Comitato olimpico internazionale con i Giochi di Parigi del 2024, il calcio rappresentato dalla Fifa, dalla Premier League (il campionato inglese, il più ricco del pianeta), la Liga (quello spagnolo, per anni il più divertente) e club come Juventus, Liverpool, Atletico Madrid, Udinese. La federazione del Kenya tiene alta la bandiera dell’atletica leggera, i giganti irlandesi del Munster quella del rugby. E tra i motori, oltre a Fia e F1, non poteva mancare la Formula E, competizione automobilistica alimentata da vetture elettriche.

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La sfida per federazioni e società non è proibitiva, ma richiederà molto impegno. Tra le abitudini da stravolgere dito puntato contro gli spostamenti. Trasferte frequenti di persone e mezzi per tonnellate di materiali, con i box delle scuderie motociclistiche e automobilistiche che in un mese girano in aereo quattro continenti. Poi l’alimentazione quotidiana degli atleti, che deve seguire le stagioni e basarsi su prodotti a chilometro zero. Così come a filiera corta dovrebbero essere attrezzi e indumenti utilizzati per allenamenti e partite.

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Fino ad arrivare alla gestione del pubblico negli stadi, nei palazzetti e lungo le piste. Servirà ripensare gli eventi sportivi concependoli come un accadimento che, una volta concluso, non vada ad alterare l’ambiente circostante. Un’organizzazione che dovrà quindi tener conto della sostenibilità dei trasporti pubblici, degli alimenti venduti all’interno degli impianti (e del loro packaging), dell’elettricità per l’illuminazione.

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“Lo sport – ha detto Patricia Espinosa, segretario esecutivo delle Nazioni Unite per il cambiamento climatico durante l’apertura di Cop26 – ha raccolto con entusiasmo la sfida, ma ci ha anche detto di voler fare di più e più velocemente”.

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Su come centrare questi risultati, a Glasgow, si è parlato anche durante le sessioni degli Action Hub, dove hanno preso la parola la leggenda della vela Hannah Mills, l’ex maratoneta Paula Radcliffe, Nico Rosberg, l’ambasciatore del Tottenham Ledley King e Dale Vince, proprietario dei Forest Green Rovers. Per impedire al clima impazzito di rivoluzionare all’ultimo minuto calendari e manifestazioni, serve un gran gioco di squadra per arrivare a zero emissioni entro il 2040. Il successo più importante da inseguire.  

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