Cosa c’è di vero e cosa no sul nucleare di “quarta generazione”

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Da mesi l’aumento del costo dell’energia elettrica e del gas ha spinto alcuni politici e imprenditori a promuovere un ritorno del nucleare in Italia. In particolare il cosiddetto “nucleare di quarta generazione” viene promosso da più parti come una soluzione più sostenibile e meno costosa per favorire la transizione ecologica, rispetto ad altre fonti di energia. Ma su questa tecnologia c’è ancora parecchia confusione nel nostro Paese: fatti e numeri sono a volte riportati correttamente, altre volte in maniera scorretta, altre volte ancora in modo fuorviante o ingannevole.
 

L’etichetta “nucleare di quarta generazione” è nata nel 2001 negli Stati Uniti e viene dal Generation IV international forum. L’obiettivo di questo programma di ricerca, a cui al momento partecipano 13 Paesi e la Comunità europea dell’energia atomica (Euratom), è quello di studiare e progettare sistemi innovativi per la generazione di energia nucleare. Ad oggi la maggior parte dei reattori operativi a livello mondiale appartiene ancora alla “seconda generazione”, che si basa su tecnologie sviluppate verso la fine degli anni Settanta. Le tecnologie più avanzate sono invece quelle di “terza generazione” (o di generazione “III+”): sono impianti più sicuri di quelli precedenti, ma non ancora dotati di tutte le caratteristiche necessarie per rientrare a pieno titolo nella “quarta generazione”.

Per fissare qualche punto fermo nel dibattito, abbiamo verificato alcune delle dichiarazioni più ripetute negli ultimi mesi, da politici e non solo. Dalla sostenibilità al nodo delle tempistiche, passando per la sicurezza e i costi, ecco che cosa c’è di vero e che cosa no sul nucleare di “quarta generazione”.
 

Meno scorie, ma non “zero”

Uno dei vantaggi del nucleare di “quarta generazione” più citato nel dibattito italiano è quello sulla sua elevata sostenibilità ambientale. Lo scorso settembre, intervenendo alla Scuola di formazione politica di Italia viva, il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha per esempio dichiarato (1:51:40) che sarebbe “da folli” non prendere in considerazione il nucleare di “quarta generazione” se davvero producesse “pochissimi” rifiuti radioattivi rispetto alle centrali attuali. Sul fronte della maggiore sostenibilità punta da tempo il leader della Lega Matteo Salvini, che in più occasioni ha sostenuto come il nucleare di “quarta generazione” non produca scorie e sia completamente “pulito”. Ma è davvero così?

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“Per essere considerati di “quarta generazione”, i nuovi reattori devono avere alcuni requisiti specifici che riguardano la sostenibilità”, ha spiegato a Green&Blue Nicola Forgione, docente di Impianti nucleari presso l’Università di Pisa. I rifiuti radioattivi, da conservare in appositi depositi, saranno ridotti e meno tossici, ma comunque “non saranno nulli”, ha sottolineato Forgione.
 

Più nello specifico, i reattori di “quarta generazione” saranno in grado di ottimizzare l’utilizzo del combustibile e di minimizzare i rifiuti che escono dal nocciolo del reattore, riducendone sia la quantità che i livelli di radiotossicità. In particolare, tre dei sei sistemi attualmente in fase di studio per la “quarta generazione” sono definiti “reattori veloci autofertilizzanti”, ha spiegato Forgione. In parole semplici, sono stati pensati per fare in modo che il materiale fissile consumato (il combustibile, per intenderci) sia minore di quello prodotto. Questa è una novità: nemmeno gli impianti più avanzati attualmente operativi, quelli di generazione III+, sono autofertilizzanti.

Al di là di questa miglioria, non è comunque corretto sostenere che i nuovi impianti saranno “senza scorie”.

Serviranno almeno dieci anni

Un altro punto cruciale del dibattito, sottolineato da politici e imprenditori, è quello delle tempistiche necessarie per la realizzazione degli impianti di “quarta generazione”. Di recente, Salvini ha per esempio affermato (min. 2:55) che il nucleare di “quarta generazione” è una soluzione “a medio termine”, potenzialmente disponibile “tra dieci anni”. Al margine del Forum Ambrosetti dello scorso settembre, il ministro Cingolani ha invece ricordato che al momento la “quarta generazione” “non è una tecnologia matura” e che “probabilmente tra una decina d’anni si vedrà se potrà essere impiegata”.

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Queste affermazioni sono sostanzialmente corrette. I Paesi occidentali dovranno aspettare almeno altri dieci anni – dunque oltre il 2030 – prima di poter effettivamente attivare un impianto nucleare di “quarta generazione”.
 

“La ricerca procede per step: prima si fanno gli studi, poi si costruiscono i prototipi, successivamente i reattori dimostrativi e infine si passa alla produzione commerciale”, ha spiegato a Green&Blue Gianfranco Caruso, docente nel dipartimento di Ingegneria astronautica, elettrica ed energetica all’Università Sapienza di Roma. “Di fatto, per la “quarta generazione” non esistono ancora reattori commerciali. La previsione è che entro il 2030 i reattori dimostrativi ci avranno dato le risposte necessarie e potremo quindi partire con i reattori commerciali”. 

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Sul fronte dello sviluppo, la Cina è tra i Paesi in fase di maggiore avanzamento. Il 20 dicembre 2021, dopo dieci anni di lavori, qui è stato collegato alla rete elettrica il primo reattore dimostrativo di “quarta generazione”. E la stessa Cina “ha già pronto il progetto per un reattore più grande”, non dimostrativo, ha spiegato Caruso. Anche la Russia ha avviato la costruzione di un reattore dimostrativo di “quarta generazione”, che dovrebbe essere pronto entro il 2035. 

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L’Italia sta invece collaborando insieme ad altri partner europei alla costruzione del reattore dimostrativo “ALFRED”, in Romania, che dovrebbe essere operativo entro il 2028.
 

Sui costi c’è incertezza

Spesso i politici e gli industriali promotori del nucleare di “quarta generazione” sostengono che questo abbia costi ridotti rispetto ad altre fonti di energia. I contrari criticano questa posizione, affermando che in realtà il nucleare – al di là delle generazione presa in considerazione – costi invece molto. Per esempio, a settembre scorso il leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte ha dichiarato (min. 1:45) che “è inutile mettersi a discutere di nucleare di quarta generazione, ma anche di quinta o di sesta”, visto che il nucleare “costa molto di più” delle altre opzioni sul mercato.

Quando si parla di costi e nucleare, le stime cambiano molto a seconda dei parametri e dei periodi di tempo presi in considerazione. 
 

Secondo Forgione, ad oggi il principale ostacolo alla costruzione di centrali nucleari sono gli ingenti investimenti richiesti nelle fasi iniziali, più nello specifico “per la costruzione e la messa in esercizio degli impianti”. Una volta passata questa fase iniziale, “le spese potranno essere recuperate dopo 10-15 anni di esercizio, quando i costi principali saranno quelli per il combustibile e la manutenzione. Per citare un esempio, il costo di una centrale a gas funziona più o meno al contrario. Per quest’ultime l’investimento iniziale è ridotto, ma sul lungo periodo il prezzo del gas è l’elemento che rischia di pesare di più sui bilanci.
 

Il problema dell’incertezza sui costi rimane uno dei punti chiave anche per la progettazione dei reattori di “quarta generazione”. “I nuovi impianti saranno progettati in maniera tale che chi investe abbia lo stesso rischio finanziario che avrebbe, per esempio, con un impianto a gas o a carbone”, ha spiegato a Green&Blue Forgione.
 

Le ultime centrali costruite non hanno inoltre avuto costi contenuti. Secondo fonti stampa, il reattore russo BN-800, attivato nel 2016 e considerato tra i più avanzati al mondo, è costato come investimento iniziale oltre gli 1,6 miliardi di euro, mentre la società cinese che ha curato la costruzione del primo reattore dimostrativo di “quarta generazione” nel Paese non ha fornito per ora informazioni sui costi.
 

È vero però che “i reattori dimostrativi hanno generalmente un costo più alto rispetto ai reattori commerciali finali, per i quali alcuni elementi verranno semplificati e ottimizzati, anche in un’ottica economica”, ha aggiunto Caruso a Green&Blue.

I depositi delle scorie

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Un discorso a parte va fatto invece per i cosiddetti “small modular reactors“, piccoli reattori più semplici ed economici da costruire rispetto alle centrali tradizionali, perché possono essere assemblati direttamente sul luogo di utilizzo. “Abbiamo già reattori simili di generazioni precedenti”, ha spiegato Caruso a Green&Blue, e in futuro potranno esserne costruiti di nuovi applicando le tecnologie attualmente in fase di studio e testaggio per la “quarta generazione”.

Il nodo della sicurezza

Prima di concludere, cerchiamo di capire quanto si pensa sia sicuro il nucleare di “quarta generazione”, una delle caratteristiche difese dai suoi promotori. Di recente il vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani ha per esempio scritto sul suo sito ufficiale che bisogna “riprendere la ricerca sul nucleare di ultima generazione, sicuro e pulito”.
 

Su quel “sicuro” la certezza matematica ancora non c’è, visto che di concreto sul nucleare di “quarta generazione” c’è ancora poco di concreto. È vero però che per essere considerati tali, i reattori di “quarta generazione” dovranno ulteriormente migliorare gli standard fissati per quelli di “terza generazione” o “III+”.
 

I nuovi reattori dovranno per esempio ridurre ulteriormente il rischio dei cosiddetti ‘incidenti severi’, cioè quelli che portano a una parziale o totale degradazione del nocciolo”, ha spiegato Forgione a Green&Blue. “Dovranno inoltre avere la capacità di tollerare possibili errori umani ed eventuali catastrofi naturali”.
 

I nuovi impianti dovranno poi essere in grado di resistere a possibili eventi terroristici, come un attentato simile a quello dell’11 settembre. Questo standard di sicurezza è comunque già presente anche nei reattori di “terza generazione” più avanzati.
 

Un’attenzione particolare va infine dedicata al problema della proliferazione, quindi il pericolo che le tecnologie o i materiali utilizzati per la produzione di energia possano in qualche modo contribuire allo sviluppo di armi nucleari. “Con questi reattori dobbiamo scoraggiare ancora di più la possibilità di un uso illecito del nucleare – ha concluso Forgione – impiegando materiali con una composizione tale da essere praticamente inutilizzabili per scopi non pacifici”.

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