Così il Covid ha cambiato le nostre personalità: due anni di pandemia pesano come dieci

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La pandemia ha cambiato le nostre personalità? Secondo uno studio su migliaia di americani è stato proprio così: due anni di pandemia sono “pesati” sulla nostra psiche come dieci e ci sono stati cambiamenti nell’estroversione e coscienziosità, soprattutto fra chi ha meno di 30 anni.

Nonostante l’ipotesi di vecchia data che i tratti della personalità siano relativamente influenzabili dalle pressioni ambientali, tutti gli studi condotti prima del Covid non avevano trovato alcuna associazione tra eventi stressanti come terremoti e uragani e un cambiamento reale nell’indole dei superstiti. Tuttavia, il coronavirus ha colpito l’intero globo in quasi ogni aspetto della vita e le conseguenze hanno superato ogni aspettativa.

Lo studio: le differenze tra 2014 e 2020

Lo studio condotto dalla dottoressa Angelina Sutin della Florida State University College of Medicine e colleghi è stato appena pubblicato su Plos One e ha preso in esame i cambiamenti di personalità di 7109 persone iscritte all’Understanding America Study. L’analisi si è basata sul modello dei “Big Five”, una valutazione della personalità secondo i livelli percepiti di estroversione ed introversione, gradevolezza e sgradevolezza, coscienziosità e negligenza, nevroticismo e stabilità emotiva, apertura e chiusura mentale, e ha messo a confronto le risposte registrate fra maggio 2014 e febbraio 2020 e poi successivamente la pandemia.

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Le conseguenze più pesanti sugli under 30

“I cambiamenti dovuti al Covid erano circa un decimo di una deviazione standard, il che equivale a un decennio di evoluzione della propria personalità”, spiega Sutin, sottolineando il peso che la pandemia ha avuto sui nostri caratteri, in particolar modo fra gli under 30. “Mentre fra gli over 65 non sono stati trovati cambiamenti statisticamente significativi, i giovani adulti hanno registrato una sorta di maturità interrotta, abbinata all’aumento del nevroticismo e alla parallela diminuzione della gradevolezza e della coscienziosità”.

I cambiamenti nella routine quotidiana

Le misure introdotte in tutto il mondo per limitare il diffondersi del Covid hanno apportato enormi cambiamenti alle nostre routine quotidiane. Pensiamo allo smartworking, sconosciuto ai più, così come alla didattica a distanza e alla mancanza di contatto fisico con famiglia, amici e colleghi. Il tutto sommato alla paura di contrarre il virus e alla preoccupazione per le persone particolarmente vulnerabili.

Meno estroversi

C’è voluto un po’ di tempo per abituarsi e per alcuni quella sfida è stata più impattante, con conseguenze a lungo termine. Nel confronto fra i risultati pre e post pandemia, infatti, è evidente soprattutto un calo dell’estroversione e dell’apertura mentale. “Non sappiamo se questi cambiamenti saranno permanenti, ma la nostra ricerca suggerisce che eventi stressanti di grande entità che interferiscono con la libertà personale e la salute possono cambiare leggermente la traiettoria delle personalità delle persone colpite”, prosegue la ricercatrice.

Peggioramenti più evidenti dal 2021

A stupire è che “all’inizio i cambiamenti sono stati molto limitati e sorprendentemente si è anche registrato un aumento della stabilità emotiva. Tuttavia, i peggioramenti si sono mostrati più evidenti a partire dal 2021, quando i giovani – probabilmente a causa del protrarsi delle restrizioni – sono diventati più lunatici e inclini allo stress, meno collaborativi e fiduciosi, meno equilibrati e responsabili”.

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La pandemia è stata un’opportunità senza precedenti per esaminare se la personalità poteva essere influenzata da un evento stressante a livello globale. E “questo declino è particolarmente sorprendente sullo sfondo di altre ricerche sulla salute mentale che hanno riscontrato durante il primo anno della pandemia un aumento dei sintomi di depressione, ansia e disagio psicologico – prosegue la ricercatrice – . La paura e l’incertezza causate dalla pandemia potrebbero fornire una ragione per tali sentimenti. Il calo del nevroticismo da noi registrato potrebbe sembrare un controsenso, ma invece è giustificabile in azioni come il rispetto delle norme anticontagio: lavarsi le mani, mantenere il distanziamento e utilizzare le mascherine ha rassicurato un ampio range di persone, facendole sentire più protette.

Il senso di appartenenza? Momentaneo

L’isolamento, poi, ha portato a una maggiore attenzione sulla propria salute fisica e mentale. È anche possibile che la maggiore coesione sociale all’inizio della pandemia – il fatto di sentirsi tutti sulla stessa barca, anche se a distanza – abbia portato un maggior senso di appartenenza che ha diminuito una predisposizione verso l’angoscia, oltre a far rivalutare i propri livelli precedenti di paura e ansia”. Ma con il passare del tempo e il prolungarsi della pandemia, “l’effetto benefico sulla stabilità emotiva si è dissipato, sfociando nel calo significativo degli altri quattro pilastri”.

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Differenze fra introversi ed estroversi

A conferma di questa tendenza c’è anche un altro studio condotto dall’University of Vermont Larner College of Medicine, pubblicato sempre su Plos One. In questo caso il campione era di soli 500 studenti, ma ha rilevato un comportamento simile nei primi sei mesi di pandemia. Per gli introversi l’umore è addirittura migliorato, portando a minore livello di stress e a una maggiore consapevolezza, qualità del sonno e cura verso il proprio corpo. Per gli estroversi, invece, è stato più difficile sottostare alle nuove regole, e ciò ha portato a un inesorabile calo dell’umore e delle prospettive verso il futuro.

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