Covid e lockdown, tra le bambine pubertà precoce in crescita del 30%

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Pubertà precoce tra le bambine in aumento del 30% a causa dei cambiamenti degli stili di vita durante il lockdown. È ciò che emerge da uno studio dell’istituto Gaslini di Genova pubblicato sul Journal of the Endocrine Society. La ricerca prende in esame i dati di 133 ragazze sospettate di essere in pubertà precoce, da gennaio 2016 a giugno 2021.

La pubertà arriva un anno prima, sotto accusa obesità e inquinamento

I cambiamenti nello stile di vita

“L’analisi si è concentrata in particolare sui cambiamenti nello stile di vita durante i periodi di lockdown, rivelando un’estrema ‘impennata’, proprio negli ultimi 2 anni tra le bambine” – spiega Mohamad Maghnie, direttore della Clinica pediatrica ed endocrinologia del Gaslini.

“Durante la pandemia di Covid il numero delle bambine che abbiamo valutato per sospetta pubertà precoce (PP) è aumentato di quasi l’80% rispetto ai 4 anni precedenti, e la percentuale di bambine a cui è stata diagnosticata la pubertà precoce rapidamente progressiva è stato del 30% più alto durante il periodo pandemico – sottolinea la pediatra del Gaslini Daniela Fava -. A differenza di altri studi italiani, abbiamo analizzato i dati prendendo in considerazione il periodo tra marzo 2020 e giugno 2021 (lockdown totale e parziale) e una riduzione delle attività (chiusura scuole, interruzione attività fisiche, attività di routine) rispetto ai dati di coorte annuali dei 4 anni precedenti”.

I fattori scatenanti

Quanto ai possibili fattori scatenanti, è stato riscontrato l’aumento di peso. “E non è l’unico – rileva Maghnie -. Abbiamo osservato anche un uso prolungato di dispositivi elettronici, che potrebbe aver influenzato i tempi di sviluppo puberale. Le bambine con diagnosi di pubertà precoce durante il periodo pandemico hanno mostrato una media di 2 ore giornaliere in più”.

Lo stress da pandemia ha invecchiato il cervello degli adolescenti

Ma c’è anche altro. Possono aver influito pure lo stress psicologico e le tensioni familiari. Il maggior tempo trascorso dai genitori con i figli nel lockdown può aver favorito il riconoscimento di segnali precoci di avvio puberale, ciò potrebbe aver contribuito al maggior numero di bambine visitate per sospetta pubertà precoce durante il periodo pandemico. Durante la pandemia le bambine a cui è stata diagnosticata la pubertà precoce erano circa quattro mesi più giovani delle altre (7 anni e otto mesi, anziché 8).

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