Covid, focolai nelle carceri sovraffollate: 1521 i positivi. Ma arriva lo stop ai vaccini

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Luoghi chiusi per definizione, affollati per (drammatica) condizione. Bolle destinate dall’origine a diventare focolai in caso di contagi. Nelle carceri italiane ci sono, a oggi, circa 850 detenuti e detenute e 671 operatori penitenziari positivi al coronavirus. Migliaia da inizio pandemia. Negli ultimi giorni sono morti altri due reclusi, a Catanzaro, che si aggiungono alle 18 vittime contate dall’associazione Antigone nel rapporto sulla detenzione con e oltre il Covid, pubblicato a marzo. E undici sono i decessi tra le guardie carcerarie.

Ci sono cluster ancora estesi e attivi tra i ristretti di Reggio Emilia (115), del Due Palazzi di Padova (90), di Catanzaro (74), del braccio femminile di Rebibbia a Roma (70), a Pesaro (64), Melfi (57), Asti (33), Parma (32), Saluzzo (30). Mentre tra i poliziotti penitenziari preoccupano i focolai di Parma (37), Napoli Secondigliano (31), Lecce (27), Reggio Emilia (26), Catanzaro (19), Torino (18), Napoli Poggioreale (17), Foggia (16).

Eppure l’ordinanza del generale Francesco Paolo Figliuolo sui vaccini parla chiaro: la priorità va data agli ottuagenari e alle persone fragili, da immunizzare nel più breve tempo possibile, e a medici e infermieri in prima linea. Fino a nuovo ordine stop quindi pure alle somministrazioni in carcere. Tranne che per gli 851 detenuti ultrasettantenni che, nonostante la possibilità di detenzione domiciliare, sono in carcere.

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Ribelle solo il Lazio che segue la sua strada restando fedele alle raccomandazioni del Piano firmato il 10 marzo dalla presidenza del Consiglio, dal ministero della Salute, dall’Istituto superiore di sanità e dall’Agenas: “Il 19 aprile inizieremo a vaccinare detenuti e polizia penitenziaria con le prime diecimila dosi di Johnson&Johnson. Vogliamo evitare rivolte, faremo tutto nel giro di tre giorni” spiega l’assessore regionale Alessio D’Amato.

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Possibile, guardando i numeri. “In tutta Italia – ragiona il Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma – i detenuti sono circa 53 mila e il personale in tutto, tra guardie e amministrativi, altre 40 mila persone. Circa un quinto dell’obiettivo giornaliero di vaccinati a cui vogliono arrivare Draghi e Figliuolo”. Escludendo poi chi il Covid lo ha già avuto e deve aspettare quindi qualche mese per la prima dose, in poco tempo anche le carceri potrebbero diventare luoghi “immuni”, se si avessero vaccini a sufficienza. Il solito “se” che fa singhiozzare ogni mese la campagna vaccinale. “Ma proprio perché sono bolle chiuse, al loro interno vanno messe in sicurezza tutte insieme”, sottolinea Palma.

Le somministrazioni invece in qualche regione sono già partite (in Campania, in Abruzzo, in Friuli Venezia Giulia o in Sicilia). In tutto i detenuti già vaccinati sono 7939 (il 14% del totale), mentre tra i personale di polizia penitenziaria, gli amministrativi e gli operatori le iniezioni sono state 17566 (il 44%). Ora la macchina si dovrà fermare per dare la priorità a chi fuori dalle dalle sbarre è così anziano e fragile da rischiare di aggiungersi alla penosa conta quotidiana dei morti.

Dentro le mura però resta l’allarme, “non rispetto alla malattia in quanto tale perché tra gli 850 detenuti positivi la maggior parte sono fortunatamente asintomatici, mentre gli ospedalizzati sono 22. Il grave problema è la densità – spiega ancora Palma -. Mettere in quarantena 850 persone in strutture che sono già sovraffollate aggrava pesantemente la condizione carceraria dei detenuti”, già provati dall’impossibilità di ricevere visite dopo l’approvazione degli ultimi decreti anti-Covid. “Il rischio – conclude il garante – è che si creino condizioni che ledono la dignità delle persone private della libertà”. Così ha raccontato, ad esempio, la figlia di una donna reclusa a Rebibbia, “isolata in cella perché positiva, con caraffe d’acqua da scaldare e una bacinella per lavarsi già da due settimane”.

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È sempre Antigone a dare la misura dell’affollamento delle prigioni: il 106,2 per cento secondo i dati ufficiali; il 115 per cento quello stimato come effettivo. E questo nonostante il fatto che in dodici mesi, dal 29 febbraio 2020 a pochi giorni dalla scoperta del paziente zero di Codogno, al 28 febbraio 2021, ci sia stato un calo di 7533 detenuti, il 12,3% in meno. Ma, dice Antigone, per stare nei numeri della legalità, dovremmo avere 4 mila detenuti in meno, che diventano 8 mila se si tiene conto dei reparti chiusi temporaneamente. Tra i luoghi più affollati: Taranto, Brescia, Lodi, Lucca, Grosseto, Udiene, Bergamo, Latina, Busto Arsizio, Genova Pontedecimo. È qui che un focolaio diventa non solo un grave problema sanitario e logistico, come in abitazioni e ospedali, ma un tema di diritti.  

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