Covid, individuato a Trieste il primo caso italiano della variante scozzese

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INDIVIDUATO all’ospedale pediatrico “Burlo Garofalo” di Trieste il primo caso pediatrico italiano della mutazione N439K di sars-CoV2. Una mutazione scoperta per la prima volta nel marzo 2020 in Scozia e poi arrivata in Europa. Colpita una bambina di Trieste che era stata ricoverata con una elevata carica virale. Per cercare di superare l risposta degli anticorpi il virus continua dunque a modificare la sua caapcità di infettare e adesso si teme una diffusione anche in Italia delle varianti genetiche del virus sui più piccoli: quelle inglese (British B.1.1.7 variant), sudafricana (South African variant B.1.351) e brasiliana (Brazilian B.1.1.28.1 variant) con un “ruolo chiave” nel resistere agli anticorpi sierici e verso alcuni anticorpi monoclonali, utilizzati nei cocktail a scopo terapeutico.

Covid: cosa succederà con le mutazioni del virus

L’Irccs “Burlo Garofolo” è un osservatorio privilegiato nel monitoraggio del Covid-19 nei pazienti pediatrici. Durante la seconda ondata sono stati osservati in alcuni bambini elevate carica virali, con livelli mai riscontrati. Secondo Manola Comar, professoressa di microbiologia dell’Università degli di Trieste:“Si sospetta una maggiore capacità del virus di infettare questa fascia di popolazione: i più piccoli”, considerando comunque che “i bambini sembrano possedere una parziale protezione al Covid -19 dovuta a una maggiore esposizione rispetto agli adulti, ad altri coronavirus umani”.

L’efficacia dei diversi vaccini sulle varianti del virus

Nello specifico, l’analisi di un frammento virale “Receptor Binding Domani”, svolta dall’equipe dai professori Pasquale Ferrante e Serena Delbue, virologi dell’Universita’ di Milano, ha identificato mutazioni in due bambini che avevano cariche virali molto elevate e in uno di questi casi con mutazioni nucleotidiche, di cui una “N439K”. Questo dato dimostra – secondo il professor Egidio Barbi, direttore della Clinica pediatrica del Burlo – che il virus mutato “e’ penetrato anche in una fetta della popolazione, finora, poco esplorata”. E anche che il Covid-19 per i bambini e’ una malattia benigna nella stragrande maggioranza dei casi di gran lunga meno grave di molte altre malattie con cui si ha dimestichezza storica, come ad esempio il morbillo. “I bambini – conclude Barbi – hanno avuto finora un ruolo decisamente minore nella catena epidemiologica, contagiati per lo piu’ da adulti in casa nelle prime fasi della pandemia. Con la ripresa dei contatti e della vita di comunita’, tuttavia, sembra inevitabile che una quota di positivi si distribuisca di piu’ nella fascia pediatrica, anche se non ci aspetta che questo cambi l’impatto della malattia nei piccoli”.

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