Covid, pranzo con politici in Sardegna, per primo si dimette il direttore dell’assessorato regionale Enti locali: “Ho sbagliato, chiedo scusa”

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Nessuna nuova dichiarazione, solo silenzio. Ma resta valida la posizione di una settimana fa: sconcerto, condanna e provvedimenti fatti trapelare dal presidente della Regione, Christian Solinas. Non si sa però quando e come. Al centro chi – pur ricoprendo incarichi pubblici, anche di controllo sull’emergenza Covid – il 7 aprile ha partecipato al pranzo nel ristorante di una struttura termale di Sardara, quasi quattromila abitanti nel sud Sardegna, a quaranta minuti da Cagliari. Un incontro proibito perché in zona arancione, interrotto da un bliz della Guardia di Finanza, con tanto di fuggi fuggi. A dieci giorni dai fatti si registrano le prime dimissioni ‘spontanee’: a fare il passo indietro è Umberto Oppus, già sindaco di Mandas e direttore generale dell’assessorato regionale agli Enti locali: “Rimetto il mandato perché voglio evitare che un mio errore possa essere utilizzato per una strumentalizzazione politica verso il presidente Solinas”, così ha dichiarato all’Ansa. Poi le scuse: “Sono stato invitato e non pensavo ci fossero così tante persone. Ho detto al pubblico ministero tutta la verità, senza nascondere nulla. Ho sbagliato e chiedo scusa”.

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La notizia del ritrovo, scoperta da L’Unione sarda, è finita in un fascicolo della Procura di Cagliari (senza ipotesi di reato e contro ignoti) e si arricchisce di dettagli, e nomi, col passare dei giorni. Tra tutti il portavoce di Solinas, ruolo di fiducia assegnato all’indomani delle elezioni regionali: Mauro Esu. Il giornalista ha prima smentito, per poi capitolare e derubricare l’incontro (e assembramento) come il risultato di un passaparola partito da un invito del titolare, già sanzionato. Anche se altri hanno indicato lo stesso Esu come organizzatore.

Un tam tam comunque ben riuscito considerati numeri e posizioni di primo piano: quaranta circa i commensali, diciannove quelli intercettati dalle Fiamme gialle. Gli altri, pur nella sorpresa, sono riusciti a scappare. C’erano dirigenti degli assessorati, comandanti della Brigata Sassari, manager dell’Azienda ospedaliera di Cagliari, il comandande del Corpo forestale (impegnato nei controlli anti-Covid per chi arriva nell’Isola), un ex assessore regionale e imprenditori arrivati pure da lontano. Ancora ignoto il motivo dell’appuntamento, anche se nelle autocertificazioni compilate di getto sono state specificate “esigenze di lavoro”, potenzialmente confermate dall’uso delle auto di servizio. Impossibile parlare con i diretti interessati, i telefoni squillano a vuoto.

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Grazie agli interrogatori in Procura – che vanno avanti anche di sabato – si stanno ricostruendo i movimenti di quel mercoledì. Nel frattempo liste di partecipanti non verificate sono rimbalzate nelle chat, i creativi si sono divertiti con meme sulla prestanza dei fuggiaschi e sull’amarezza degli esclusi, la Sardegna è finita in zona rossa.

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“Fa male, ed è una situazione difficile da gestire – spiega il sindaco di Sardara, Roberto Montisci – la disapprovazione è totale. Anche perché le persone comuni non possono uscire, alcuni nemmeno lavorare… E poi si scopre che le regole non valgono per tutti, c’è chi può fare riunioni in una struttura, oltrettutto comunale e data in gestione, per motivi sconosciuti”. Nessun progetto concreto di ampliamento del centro termale, solo idee, aveva già ribadito Montisci smentendo la versione del comandante Casula: “Chi doveva dare il buon esempio non l’ha fatto. E resta a noi sindaci in prima linea, ancora, spiegare le restrizioni e le regole, anche davanti a certi paradossi”.

In Consiglio regionale l’opposizione di centrosinistra e il Movimento 5 stelle nei giorni scorsi hanno bloccato i lavori chiedendo la presenza in Aula del presidente della Regione e la conferma della linea dura sugli incarichi da far saltare. Al posto di Solinas ha parlato la vicepresidente Alessandra Zedda: “Il fatto è grave e inopportuno, tuttavia il presidente non deve, né può riferire alcunché”. Il motivo sarebbero le indagini in corso, di cui si attenderebbe l’esito. In calendario c’è il disegno di legge 107: un riordino dello staff tra uffici di presidenza e assessorati regionali che vale sei milioni di euro l’anno. Una riforma definita “smart” dalla maggioranza ma duramente contestata dall’opposizione con quasi mille emendamenti. Sessanta gli incarichi divisi in tre dipartimenti, previsto pure un nuovo ufficio del cerimoniale. Nonché un segretario della Presidenza, altro incarico fiduciario, con stipendio annuale – già rivisto al ribasso – da 240 mila euro.

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