Criptovalute, cosa cambia con il nuovo registro degli operatori

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Passo dopo passo il settore delle criptovalute abbandona le praterie del far west per sottoporsi a regole e controlli più stringenti. Il 15 luglio era un giorno molto atteso: entro questa data, infatti, 46 soggetti si sono iscritti al registro Oam delle criptovalute. Era una scadenza fondamentale: dal 15, infatti, i siti o le persone fisiche che non si sono iscritte e continuano a prestare servizi legati alle criptovalute rischiano la sanzione per esercizio abusivo dell’attività. La sanzione, ricorda lo stesso Oam, ammonta tra i 2065 e i 10.329 euro.

L’iscrizione al registro è infatti un obbligo di legge, essendo prevista dal decreto ministeriale del Mef. Tra i 46 soggetti autorizzati ci sono anche nomi molto noti come Binance, Coinbase e Bitpanda, ma anche società made in Italy come Tinaba, Young, TheRockTrading e Conio. 

Le società iscritte si occupano di:

  • Emettere e offrire valute digitali (sono in 20 a farlo);
  • Offrire il servizio di portafoglio digitale (35);
  • Trasferimento di valute virtuali (32);
  • Utilizzo, scambio e conversione delle valute (41);
  • Acquisizione, negoziazione e intermediazione nello scambio di valute virtuali (32).

Cosa cambia? Per chi investe in modo onesto in realtà non cambia nulla. L’iscrizione al registro è pensata soprattutto per scongiurare il riciclaggio di denaro. Come noto, infatti, le cripto-attività sono state finora un paradiso per la criminalità organizzata, che attraverso il Bitcoin e altre valute virtuali può far sparire ernomi somme di denaro ottenuto in modo illegale: nel 2021 le operazioni illecite di questo tipo sono state stimate in 14 miliardi di dollari ma l’impressione generale è che si tratti di una cifra molto più bassa di quella reale. Il nuovo regime impone regole di trasparenza: ogni tre mesi gli operatori dovranno comunicare al registro i dati dei clienti e la loro operatività sia in termini di valute digitali, sia nell’ambito del portafoglio digitale.

Il registro dell’Oam, come prevede lo stesso decreto, è a disposizione non solo della Guardia di Finanza, ma anche della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, che può chiedere informazioni in qualsiasi momento.

Più controlli ma anche qualche garanzia in più per gli investitori. Infatti le società che si sono iscritte hanno dovuto comunicare al registro denominazione sociale, sede (in Italia), partita Iva, tipologia di servizio prestato e punti fisici di operatività, se ce ne sono. Una serie di informazioni che dà, perlomeno, la garanzia che si tratti di società rintracciabili. Non cambia nulla, invece, in termini di rischio finanziario: chi investe in criptovalute è esposto a fluttuazioni molto ampie che possono portare a gravi perdite. Un’eventualità che si è verificata di recente, con il Bitcoin che dai quasi 70mila dollari di novembre, a inizio estate è arrivato anche sotto i 20mila di valore. 

“Per gli investitori il registro è uno strumento in più contro tutti quei siti-truffa che chiedono soldi in cambio di criptovalute, per poi sparire quando hanno ottenuto una cifra sufficiente: in teoria questo non sarà più possibile” spiega Valeria Portale, direttrice dell’osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano. Quando ci imbattiamo in siti sospetti, quindi, il consiglio è quello di verificare la loro presenza sul registro Oam.

Resta il fatto che, online, non si può controllare tutto. Come sanzionare, ad esempio, un sito cipriota in lingua inglese che offre trading di criptovalute pur non essendo iscritto? “Per chi vigila non è facile monitorare tutto ma è anche vero che, in caso di esborsi significativi, la banca dell’investitore può comunque bloccare la transazione, verificare se il soggetto beneficiario è iscritto all’Oam e, nel caso sia necessario, annullarla” continua Portale. “Quel che non si può fare è eliminare il rischio di questi investimenti”.  

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