Crisi di governo, Berlusconi tentato dallo strappo pensa a una coalizione modello Ue

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Al Colle venerdì pomeriggio saliranno tutti uniti e in apparenza compatti. Salvini, Meloni e con molta probabilità, per l’occasione, anche Berlusconi di rientro dalla Provenza. E poi i piccoli: Toti, Lupi, De Poli per i centristi Udc. Ma potrebbe essere l’ultima volta. Dall’indomani, se dovesse tramontare definitivamente l’ipotesi del Conte ter, il centrodestra come lo abbiamo conosciuto finora potrebbe voltare pagina. Anzi, non esistere più.

Forza Italia e il suo fondatore, soprattutto le 143 “anime” tormentate dei gruppi di Camera e Senato riuniti fino a ieri sera, sono a un passo dallo strappo. In tanti sono pronti a dire addio al fronte sovranista di Lega e Fdi che vuole trascinare tutto e tutti al voto, opzione che per i forzisti equivale a un mezzo suicidio politico.

Lo sa bene il Cavaliere, al quale Gianni Letta continua a parlare a lungo in questi giorni raccontando della temperatura che a Roma sale tra i loro parlamentari sempre più preoccupati dall’uscita di scena. Ancora una volta nel vertice di coalizione seguito alle dimissioni di Conte (con l’ex premier in collegamento video) Antonio Tajani ventila l’ipotesi di un sostegno a un governo istituzionale, “a patto che ci sia tutto il centrodestra”.

Ma la rassicurazione viene cestinata platealmente dalla più intransigente degli alleati, Giorgia Meloni: “Noi non siamo disponibili”. Fine. E a poco sono valse le insistenze del governatore Giovanni Toti, a capo di Cambiamo con tre senatori all’attivo: “Con le elezioni rischiamo di rallentare la campagna vaccinale e di compromettere il Recovery plan”.

La presidente di Fdi non sente ragioni: “Non cadiamo nella narrazione della sinistra, il Paese va avanti e noi scriveremo nella nota che siamo pronti a votare quel che serve alla Nazione”. Ma da quella trincea lei e Salvini non si muovono. Nonostante la sfumatura del capo della Lega: “Intanto, venerdì andiamo tutti insieme e diciamo no a un Conte ter, ripetendo a Mattarella che in questa legislatura non ci sono le condizioni per formare un altro governo”. Poi si vedrà. Berlusconi si dice d’accordo alla passerella tutti insieme al Quirinale. Ma non si sbilancia sul futuro.

Già, perché il leader forzista sa bene che qualora tenesse anche lui la barra dritta sulle elezioni, un pezzo del partito lo abbandonerebbe per costruire una gamba moderata e entrare a far parte di una maggioranza allargata con un nuovo premier. Gli stessi Carfagna (ancora in Fi) e Toti lavorano da mesi a un progetto politico che conterebbe su una trentina tra deputati e senatori e che proprio sulla scia della crisi potrebbe subire un’accelerazione.

Ecco, l’opzione scisma o emorragia è proprio quella che Berlusconi intende scongiurare. Anche perché la vicepresidente della Camera, ieri lo ha detto chiaro: dopo le dimissioni, “adesso una maggioranza che vuole presentarsi come responsabile metterebbe fine al toto ministri e alla caccia a pochi transfughi per aprirsi al confronto con le migliori energie del Paese e con tutte le forze politiche presenti in Parlamento, senza preclusioni nè riserve”. Siamo già allo scenario post-Conte. E anche Toti, tra i primi a evocare le larghe intese, chiarisce che Cambiamo “non è disponibile a Conte ter con maggioranze raccogliticce”. Ma al resto sì.

Berlusconi è di fronte al bivio più delicato della sua vita politica. Chi gli sta vicino racconta di un leader molto tentato dal passaggio a una maggioranza “Ursula”, per replicare lo schema a lui caro di Bruxelles, quello che ha portato popolari e socialisti (e nel loro piccolo i 5S) a sostenere l’elezione e la commissione Von der Leyen. Segnerebbe la fine dell’alleanza storica con la Lega, ormai trasformata da Salvini, e con la destra sempre più destra di “Giorgia”.

Comporterebbe anche questo la fuga dei più filoleghisti in Fi, nonché l’addio al sogno del Quirinale ventilato proprio dal capo leghista. Un bluff, del resto, come sussurrano i più intimi al Cavaliere. Pochi giorni ancora per consegnarsi definitivamente a Salvini o indossare i panni del moderato, popolare, europeista.

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