Crisi Ucraina-Russia, Da Vicenza al Baltico il Pentagono schiera i parà delle missioni impossibili

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«Saigon, merda. Sono ancora soltanto a Saigon». Anche il protagonista di “Apocalypse Now” era uno di loro: gli Skysoldiers della 173ma brigata, il reparto più decorato della storia americana. Sempre i primi, sempre nelle situazioni più drammatiche. In Vietnam hanno contato 1.606 caduti e oltre 8mila feriti; poi nel 2003 sono stati paracadutati nel cuore dell’Iraq, con un volo diretto dal Veneto al Kurdistan. E in quattro turni di combattimento nei monti dell’Afghanistan hanno lasciato 82 morti. Quando c’è una crisi improvvisa, al Pentagono scatta un riflesso automatico: “Mandate la 173ma”.

Crisi Ucraina -Russia. Ora la Nato teme l’escalation: “Minaccia diretta sul Baltico”

E’ accaduto anche martedì sera. Dopo il discorso del presidente Biden nella caserma vicentina di Camp Ederle è iniziata la mobilitazione: ottocento uomini si sposteranno nel Baltico, per proteggere il nuovo fronte orientale della Nato. Il ponte aereo dallo scalo militare di Vicenza comincerà nelle prossime ore, imbarcando sui quadrimotori Boeing C-17 personale e mezzi leggeri. Entro il weekend saranno tutti sulla linea del nuovo confronto tra Stati Uniti e Russia.

La 173ma ha il vantaggio della mobilità: può essere trasferita in elicottero dovunque la situazione lo richieda. E i suoi soldati hanno dimostrato di tenere testa a qualsiasi situazione. Il documentario “Restepo”, tanto duro quanto commovente, ha narrato la vita di un loro plotone assediato in una valle afghana: 15 mesi sotto il tiro dei talebani; cercando di darsi la carica con la musica dance registrata nelle discoteche venete; spesso correndo dal letto alla trincea per sparare con il giubbotto antiproiettile indossato sopra i boxer. Dopo la ritirata da Kabul, i “soldati del cielo” hanno capito che bisognava prepararsi a nuovi scenari. Niente più deserti, ma boschi e distese di ghiaccio. Per questo hanno chiesto aiuto a chi di neve se ne intende: gli alpini.

Crisi Ucraina-Russia, “peacekeeper” per la soluzione militare: con la guerra lampo divideranno il Paese

Da giorni in Piemonte, nei pressi di Usseaux, italiani e americani si addestrano agli scontri in temperature estreme: un’esercitazione chiamata “bufera di acciaio”, proprio guardando a quello che sta avvenendo nel Nord Europa. Gli Stati Uniti stanno cambiando postura alle loro forze, rischierandole intorno alla Bielorussia, dove l’armata russa non minaccia solo l’Ucraina ma anche i Paesi della Nato. Fanno partire tutti i mezzi disponibili in Europa. Dalla Grecia e dalla Germania 32 elicotteri Apache stanno andando verso Polonia e Lettonia. Nell’ultimo ventennio gli AH-64, con fusoliera e cabina la prova di pallottole, sono stati impiegati nelle campagne contro il terrorismo jihadista tra le case di Bagdad o nelle terre dei talebani.

Ora tornano alla missione per cui vennero progettati ai tempi della Guerra Fredda: bloccare con i loro missili Hellfire le colonne corazzate russe che avanzano nelle pianure europee. Un’eventualità che da decenni era stata cancellata dai piani d’azione, perché sepolta dalla storia. Oggi invece torna paurosamente attuale. E coglie di sprovvista il Pentagono. Dopo la fine dell’impegno in Medio Oriente, tutta l’attenzione di Washington era concentrata sulla Cina. La Russia non faceva più paura e il dispositivo militare nel Vecchio Continente è stato ridotto al minimo. Il presidente Trump aveva persino ordinato di chiudere molte delle basi tedesche; la VI Flotta dell’Us Navy di Napoli non ha più una portaerei; artiglieria semovente e carri armati sono stati sigillati nei depositi. Adesso si corre rapidamente ai ripari.

Il Pentagono però ha quasi esaurito le riserve di intervento rapido. Ben 4.700 uomini dell’82ma divisione, i parà del D-Day in Normandia, hanno preso posizione in Polonia, accompagnando un contingente molto più discreto di squadre delle forze speciali e convertiplani Osprey. Mille soldati e una cinquantina di blindati Stryker sono arrivati in Romania, unendosi alla Cavalleria dell’Aria nella base di Costanza, l’avamposto della Nato sul Mar Nero: lì i mezzi mostrano ancora la colorazione sabbia delle spedizioni irachene. Pure gli intercettori si stanno muovendo dalla Germania e dall’Inghilterra: otto F-16 in Romania, altrettanti F-15 nel Baltico e adesso pure otto F-35 “invisibili ai radar” che andranno a fronteggiare i nuovi Sukhoi 35 di Mosca nei cieli bielorussi.

La portaerei “Truman”, salpata per pattugliare il Golfo Persico, rimarrà nel Mediterraneo: continuerà a navigare tra Ionio e Adriatico, pronta a far decollare i suoi sessanta cacciabombardieri F-18 Hornet. Altre sei navi da guerra hanno attraversato l’Atlantico a tutta velocità per rispondere al dinamismo della flotta russa nei mari europei. In cielo per rassicurare gli alleati ogni giorno si aggira una coppia di bombardieri B-52, le ultime “fortezze volanti” che da 65 anni simboleggiano la capacità americana di colpire ovunque nel mondo. L’altra notte erano sopra la Polonia e si sono spinti ai margini dello spazio aereo di Kaliningrad, l’enclave russa del Baltico dove si sta concentrando la tensione di questo terrificante ritorno alla sfida tra potenze.

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